Con la recente nota n. 1004/17, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito importanti chiarimenti in merito a lavoro domestico e videosorveglianza del luogo di lavoro.
Rispondendo ad un quesito dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Udine ha affrontato la questione relativa all’installazione di un impianto di videosorveglianza in un’abitazione privata che però è anche luogo di lavoro di un lavoratore domestico.
Il rapporto di lavoro domestico, come evidenziato nella nota, non viene svolto in un’impresa organizzata e strutturata, ma in un ambito familiare.
Per queste ragioni questo speciale rapporto di lavoro gode di una regolamentazione a se, diversa dal tipico rapporto di lavoro subordinato. Anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 27 del 1974, ha ritenuto legittima questa differenziazione.
Quindi il lavoratore domestico è escluso dalle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, L. 300/70 e successive modifiche, con particolare riferimento agli articoli 2, 3, 4 e 6 dello Statuto.
Anche le fasi di estinzione del contratto di lavoro domestico rispondono ad una disciplina a se stante, ricordiamo ad esempio che colf, badanti e baby sitter non hanno una tutela specifica rispetto al licenziamento, anzi per loro vale la deroga del tutto speciale del licenziamento ad nutum.
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Lavoro domestico, videosorveglianza senza autorizzazione
Pertanto se il datore di lavoro domestico intende installare un impianto di videosorveglianza nella sua abitazione privata, anche se all’interno vi opera un lavoratore domestico (colf, badante o baby sitter è indifferente) non dovrà richiedere alcuna autorizzazione alla sede competente dell’Ispettorato territoriale, come invece avviene obbligatoriamente per le imprese.
Tuttavia poiché al lavoro domestico si applica la disciplina sul trattamento dei dati personali, sarà necessario chiedere al lavoratore il consenso preventivo e fornirgli l’informativa di legge.
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