La riforma del lavoro targata Fornero, continua il suo iter di approvazione da parte del Parlamento. Nel corso della seduta alla Camera del 26 giugno, la riforma ha incassato i primi due voti di fiducia, dei quattro previsti.
La Camera con 456 voti favorevoli e 77 voti contrari ha votato la fiducia posta dal Governo sull’approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo 1 del disegno di legge, già approvato dal Senato, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato. Nel secondo voto i deputati a favore sono stati 430, 74 i contrari, 11 gli astenuti. Il voto finale sul provvedimento è atteso per oggi pomeriggio.
Al senato erano state apportate le seguenti modifiche al testo del disegno di legge: Flessibilità in entrata – Per quanto riguarda il contratto a tempo determinato, è stata portata da 6 a 12 mesi la durata massima del primo contratto a tempo determinato stipulabile senza causale e inserita una ulteriore ipotesi di acausalità operante nei casi, previsti dalla contrattazione collettiva (a livello interconfederale o di categoria ovvero, in via delegata, ai livelli decentrati), in cui l’assunzione avvenga nell’ambito di particolari processi produttivi.In materia di apprendistato, viene stabilito che il rapporto apprendisti/professionisti non può superare il 100 per cento per aziende che occupano lavoratori inferiori a 10 unità (resta invece fermo il rapporto 3 a 2 per le aziende di dimensioni maggiori).
Per quanto riguarda il lavoro intermittente (lavoro a chiamata), è stata prevista la possibilità di stipulare il contratto con lavoratori over 55 anni e under 24 (ma in questo caso la prestazione lavorativa deve essere svolta entro i 25 anni). Per quanto attiene ai collaboratori a progetto, è stato introdotto il c.d. salario di base, per cui il cui compenso non potrà essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore professionale. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non potrà essere inferiore alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria.
E’ stata rafforzata, inoltre, l’indennità di disoccupazione una tantum (in via sperimentale per un triennio, 6.000 euro per almeno 6 mesi di lavoro in un anno: a tal fine è stata prevista un’ulteriore integrazione di risorse per a 60 milioni). Con riferimento alle norme volte a contenere il fenomeno delle c.d. false partite IVA, è stato precisato l’ambito di operatività della presunzione che porta a ritenere, salvo prova contraria a carico del committente, l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, salvaguardando le situazioni caratterizzate da effettiva professionalità e redditività adeguata.
Per quanto riguarda il lavoro accessorio, è stata ripristinata la possibilità di un suo utilizzo nei settore commerciale; nel settore agricolo, invece, è stato previsto che il ricorso ai voucher potrà essere libero al di sotto di 7 mila euro di fatturato, mentre sopra tale soglia, sarà consentito solo per i pensionati e studenti sotto i 25 anni se regolarmente iscritti a un ciclo di studi di ogni ordine e grado ovvero ad un ciclo di studi universitari. Il valore orario del voucher, infine, è stato rimesso a un decreto del Ministero del lavoro. Infine, per i tirocini formativi e di orientamento è stata esclusa l’ipotesi della delega legislativa, ma il ruolo delle Regioni è stato rafforzato con la previsione di un accordo per la definizione di linee guida condivise tra Stato e Regioni in sede di Conferenza unificata. E’ stato previsto, inoltre, l’obbligo di corrispondere una congrua indennità agli stagisti.
Flessibilità in uscita – In merito ai licenziamenti, si ricorda che la riforma, lascia inalterata la disciplina dei licenziamenti discriminatori (ove si applica sempre la reintegrazione); ciò che si modifica è il regime dei licenziamenti disciplinari (mancanza di giustificato motivo soggettivo) e dei licenziamenti economici (mancanza di giustificato motivo oggettivo): queste ultime due fattispecie presentano un regime sanzionatorio differenziato a seconda della gravità dei casi in cui sia accertata l’illegittimità del licenziamento, il quale si concretizza nella reintegrazione (casi più gravi) o nel pagamento di un’indennità risarcitoria (casi meno gravi). Infine, si introduce uno specifico rito per le controversie giudiziali aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti.
Al fine di contenere la discrezionalità in fase applicativa, è stato previsto che l’eventuale reintegro a seguito di licenziamento disciplinare illegittimo sarà deciso dal giudice verificando se il fatto rientri tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi e dei codici disciplinari (e non anche delle previsioni di legge, come inizialmente previsto).
Ammortizzatori sociali – Per quanto concerne l’”Assicurazione Sociale per l’Impiego”(ASPI), è stato previsto che, in via sperimentale fino al 2015, il lavoratore potrà incassare l’indennità in un’unica soluzione al fine di avviare un’attività di lavoro autonomo o imprenditoriale. E’ stata esclusa, inoltre, la corresponsione di prestazioni di sostegno al reddito e di trattamenti previdenziali in caso di condanna per reati terroristici, per mafia e strage.
Altri interventi – E’ stata introdotta una norma a tutela dei lavoratori atipici che modifica a loro favore la disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa. E’ stata espunta la soppressione della gratuità del ticket per i disoccupati e loro familiari, mentre sono state rafforzate le norme procedurali contro le cosiddette dimissioni in bianco. Sono state modificate le norme sul sostegno alla genitorialità prevedendo l’obbligo di astensione di 1 giorno per il padre e la facoltà di astenersi per altri 2 giorni in accordo con la madre e in sua sostituzione. Per quanto riguarda l’apprendimento permanente e la certificazione degli apprendimenti non formali e informali, è stata ridefinita la platea degli enti autorizzati alla certificazione. Infine, è stata conferita una delega al Governo in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché per la definizione di misure per la democrazia economica.
In pratica, con le due votazioni relative ai primi due articoli della riforma del lavoro, la Camera ha dato il via libera alle norme sulla flessibilità in entrata ed in uscita (compreso le modifiche all’art 18 Statuto dei lavoratori, nello stesso testo approvato al Senato), nonché quelle sugli ammortizzatori sociali.
La CGIL continua il suo no alla riforma e, per la giornata di oggi ha organizzato un presidio davanti a Montecitorio per protestare contro la richiesta di fiducia sul Ddl lavoro; l’appuntamento è per il pomeriggio dalle 14 alle 19, in piazza Montecitorio. Un presidio per ribadire il no ad un provvedimento che, secondo il sindacato, non solo risulta inutile ai fini della battaglia contro la crisi e per il lavoro, ma che rischia di creare ulteriori danni, così come è già successo per la riforma delle pensioni.
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