Con circolare nr. 168 dello scorso 30 dicembre 2011, l’Inps fornisce le prime indicazioni in merito all’accertamento tecnico preventivo obbligatorio in materia di contenzioso previdenziale e assistenziale.
L’articolo 38 del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, prevede tra l’altro, l’accertamento tecnico preventivo obbligatorio con l’introduzione dell’art. 445 bis del codice di procedura civile. La nuova disciplina è entrata in vigore il 1° gennaio 2012
Il nuovo articolo n.445 bis c.p.c., sancisce per le controversie in materia di invalidità civile – cecità civile – sordità civile – handicap e disabilità e per quelle relative alle prestazioni di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 222/84, l’obbligatorietà dell’accertamento tecnico preventivo ai fini della verifica delle condizioni sanitarie addotte a sostegno delle pretese che si intendono far valere in giudizio. Quindi, l’espletamento dell’accertamento diventa quindi condizione di procedibilità della domanda ai fini del riconoscimento in giudizio dei diritti in materia di invalidità.
Richiesta accertamento tecnico preventivo e atto di introduzione in giudizio
L’art. 445-bis c.p.c. prevede che l’interessato, per il riconoscimento dei propri diritti in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della legge 222/84, deve depositare, presso la Cancelleria del Tribunale nel cui circondario risiede, un’istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa che intende far valere davanti al giudice; tale istanza rappresenta atto interruttivo della prescrizione e vale anche ai fini del rispetto dei termini decadenziali previsti dalle disposizioni vigenti.
Qualora l’interessato proponga giudizio ordinario per il riconoscimento della provvidenza senza aver preventivamente promosso l’accertamento o senza averne atteso la conclusione, il Giudice rileva d’ufficio il vizio e assegna alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione dell’istanza di accertamento tecnico o per il completamento dello stesso.
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Sarà, comunque, cura dell’Avvocato dell’Istituto eccepirne l’eventuale difetto, formulando, nella memoria di costituzione e – comunque – non oltre la prima udienza, l’eccezione di improcedibilità del ricorso, al fine di non incorrere nell’eventuale decadenza.
Il Giudice, a seguito della presentazione dell’istanza di accertamento tecnico obbligatorio preventivo, seguendo le forme e le modalità previste dall’art. 696-bis c.p.c. (“consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite”) ne dispone la notifica all’Istituto insieme al decreto di fissazione dell’udienza di comparizione.
Perizia CTU e contestazione
Il Giudice, all’udienza di comparizione, nomina il consulente tecnico d’ufficio, conferendogli l’incarico di espletare la visita medica.
Per effetto dell’art. 38 comma 8 della Legge n.111/2011, alle operazioni peritali partecipa di diritto il medico legale dell’Istituto, in deroga al comma primo dell’art. 201 c.p.c..
Il consulente tecnico d’ufficio, quindi, ai sensi dell’art. 195, 3° comma c.p.c. (modificato dall’art. 46 della Legge n. 69 del 19/06/2009) deve trasmettere la bozza di relazione alle parti costituite, nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di cui all’articolo 193 c.p.c..
Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla bozza di relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.
Il Giudice, terminate le operazioni peritali, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a 30 giorni, entro il quale le stesse devono dichiarare, con atto scritto depositato in Cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.
Cosa fare in caso di contestazione
In caso di contestazione, la parte che ha depositato dichiarazione di dissenso rispetto all’accertamento del CTU, deve depositare, presso la Cancelleria del Tribunale, entro il termine perentorio di 30 giorni dal deposito della citata dichiarazione, il ricorso introduttivo del giudizio di merito, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
In assenza di contestazioni il Giudice, salvo che non ritenga di procedere alla rinnovazione della perizia ai sensi dell’art. 196 c.p.c., con decreto pronunciato fuori udienza entro 30 giorni dalla scadenza del termine previsto per il deposito dell’eventuale dichiarazione di dissenso, omologa l’accertamento sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del CTU e provvede sulle spese.
Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti che, in caso di accertamento sanitario favorevole all’interessato, e subordinatamente alla verifica della sussistenza degli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente per il riconoscimento della prestazione o della provvidenza, devono provvedere al pagamento delle stesse entro 120 giorni dalla notifica.
Nei casi in cui, pur in presenza di accertamento sanitario favorevole all’interessato, la competente linea di prodotto/servizio accerti che non sussistono gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente per il riconoscimento della prestazione o della provvidenza, è necessario che la stessa comunichi alla controparte i motivi del rigetto della domanda di prestazione o provvidenza.
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