Il nostro ordinamento prevede delle cause di nullità del licenziamento che, generalmente rappresentano quelle situazioni in cui il licenziamento è intimato per un motivo illecito determinante. In tutti questi casi, si applicherà la tutela reale del posto di lavoro vale a dire, la reintegra nel posto di lavoro oltre ad un’indennità come risarcimento danno.
Il recesso del datore di lavoro è vietato nelle seguenti ipotesi:
Matrimonio del lavoratore
E’ previsto dall’art. 35, c. 2,D.Lgs. n. 198/2006 (codice delle pari opportunità), secondo il quale «nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio». Il licenziamento, in questo caso, non può essere intimato nel periodo compreso dal giorno della richiesta di pubblicazione fino ad un anno dopo la celebrazione del matrimonio.
Il successivo comma 5 dispone che il datore può provare che il licenziamento della lavoratrice, e’ stato effettuato non a causa di matrimonio, ma per una delle seguenti ipotesi:
- colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
- cessazione dell’attività dell’azienda cui essa e’ addetta;
- ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice e’ stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.
In merito alle conseguenze del licenziamento, il comma 6, stabilisce chiaramente che “Con il provvedimento che dichiara la nullità dei licenziamenti e’ disposta la corresponsione, a favore della lavoratrice allontanata dal lavoro, della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione in servizio.
Stato di gravidanza o puerperio
Il divieto in questione opera dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. L’art. 54, c. 5, D.Lgs. n. 151/2001 sancisce che «il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, è nullo».
Anche in questo caso, il divieto di licenziamento non si applica nei casi di
- colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
- cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;
- ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
- esito negativo della prova.
Ovviamente la stessa tutela è estesa al lavoratore padre nel caso di domanda o frizione del congedo di paternità, o congedo parentale.
La violazione delle disposizioni in materia di divieto di licenziamento «è punita con la sanzione amministrativa da euro 516,00 a euro 2.582,00. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16, legge 24.11.1981, n. 689» (art. 54, c. 8, D.Lgs. n. 151/2001).
Infortunio o malattia professionale
Il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore infortunato o in malattia, per tutto il periodo previsto dalla legge o dai contratti collettivi. E’ quanto stabilito dall’art 2110 c.c.
Malattia del lavoratore
Anche questa ipotesi è disciplinata dall’art 2110 c.c.; il lavoratore in malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo di regola stabilito nei contratti collettivi e può essere unico (comporto secco) o frazionato.
Richiamo alle armi
Il lavoratore richiamato alle armi ha diritto, a mente dell’art 2111 c.c., alla conservazione del posto per il periodo del richiamo e, non può essere licenziato prima che siano trascorsi tre mesi dalla ripresa dell’occupazione.
Dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali e membri di commissione interna
Anche per questi soggetti sussiste un divieto di licenziamento stabilito dall’art 22 L. 300/70; il divieto sussiste per un anno dalla cessazione dell’incarico o per tre mesi dalle elezioni per i non eletti:
Il trasferimento dell’unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente art. 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto, sesto e settimo dell’art. 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell’anno successivo a quello in cui è cessato l’incarico per tutti gli altri.
Lavoratori eletti a svolgere funzioni pubbliche
Anche costoro hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per espressa previsione costituzionale; l’art 51 ultimo comma dispone che: “Chi e’ chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”.
Sciopero
Non può essere licenziato il lavoratore che partecipa ad uno sciopero; è questo quanto previsto dall’art 15 dello statuto dei lavoratori.
L’elenco delle ipotesi di nullità del licenziamento non si conclude qui. Ci sono infatti, le ipotesi di licenziamento discriminatorio che meritano una trattazione a parte.
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