La lotta contro l’elusione della normativa sulla NASpI entra nel vivo con l’introduzione di una nuova misura nella Legge di Bilancio 2025. Il Governo ha deciso di porre un freno a comportamenti opportunistici che permettono a lavoratori dimissionari di accedere indebitamente all’indennità di disoccupazione, grazie a scappatoie legislative. Un fenomeno diffuso e ben noto, che ha richiesto un intervento mirato per ristabilire equità e correttezza nel sistema degli ammortizzatori sociali.
Come spiegato dal Ministro del Lavoro, Marina Calderone, la modifica prevista in Manovra punta a colpire specificamente coloro che, dopo essersi dimessi volontariamente, trovano un nuovo impiego anche di brevissima durata, concluso poi con un licenziamento per fine contratto. In questo modo, sfruttano la normativa attuale che considera esclusivamente l’ultimo rapporto di lavoro in ordine cronologico per stabilire il diritto di accesso alla NASpI. L’intervento si inserisce in un contesto più ampio, che già con il “Collegato lavoro” ha introdotto le “dimissioni di fatto”. Vediamo dunque quali sono i requisiti attuali per accedere alla NASpI e come funzionano le due nuove norme anti-elusive.
Quali sono i requisiti per accedere alla NASpI
La NASpI, o Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, è l’indennità di disoccupazione riconosciuta ai lavoratori subordinati che perdono involontariamente il proprio impiego. Attualmente, per accedere alla NASpI è necessario soddisfare i seguenti requisiti:
- Stato di disoccupazione involontario: La cessazione del rapporto di lavoro deve avvenire per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, come licenziamento individuale o collettivo, scadenza di un contratto a tempo determinato, o risoluzione consensuale in specifici casi.
- Requisito contributivo: fino al 31 dicembre 2024 bisognava aver accumulato almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Questo requisito cambia dal 2025: nei casi di dimissioni intervenute nei 12 mesi precedenti alla richiesta di NASpI, il requisito delle 13 settimane di contributi deve verificarsi dalla data delle dimissioni e NON negli ultimi 4 anni.
Si conferma che chi si dimette volontariamente non ha diritto alla NASpI, salvo casi eccezionali, come le dimissioni per giusta causa oppure le dimissioni date nel periodo protetto per le lavoratrici madri.
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NASpI e Dimissioni, altra novità sui requisiti nella Legge di Bilancio 2025
Con la Legge di Bilancio 2025, il Governo introduce un ulteriore vincolo anti-elusivo. La norma si propone di colmare una scappatoia che attualmente permette ai lavoratori dimissionari di ottenere comunque la NASpI. Il sistema infatti considerava esclusivamente l’ultimo rapporto di lavoro per determinare l’accesso all’indennità.
Il meccanismo elusivo funzionava così:
- Un lavoratore si dimetteva volontariamente da un contratto a tempo indeterminato.
- Successivamente, trovava un nuovo impiego a termine (spesso presso datori di lavoro compiacenti), anche di breve durata (ad esempio, una settimana).
- Il nuovo contratto, essendo a termine, si concludeva con la perdita involontaria del lavoro, consentendo al lavoratore di richiedere la NASpI sulla base dell’ultimo rapporto di lavoro.
La nuova norma invece stabilisce che, a partire dal 1° gennaio 2025, chi si è dimesso volontariamente dovrà lavorare almeno 13 settimane presso altri datori di lavoro, anche con contratti a termine, prima di poter accedere all’indennità di disoccupazione. Questo nuovo requisito contributivo si applica a condizione che le dimissioni volontarie siano avvenute nei 12 mesi precedenti l’evento di disoccupazione.
N.B. anche durante le nuove 13 settimane di contribuzione non devono essere presenti fine contratto per dimissioni, altrimenti si ricominciano a contare i termini sempre dalle ultime dimissioni.
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Norme anti furbetti della NASpI, le dimissioni di fatto
Prima della nuova norma prevista nella Manovra 2025, il Collegato lavoro aveva già introdotto un’altra importante misura anti-elusiva per contrastare un diverso fenomeno: i lavoratori che, pur di non dimettersi volontariamente, non si presentavano più al lavoro, obbligando il datore di lavoro a licenziarli.
In questo caso:
- Il lavoratore si assentava dal lavoro senza giustificazione.
- Trascorso un periodo di assenza ingiustificata, scattava il licenziamento disciplinare.
- Il lavoratore, pur non presentando dimissioni formali, accedeva alla NASpI in quanto licenziato.
La misura introdotta con il Collegato lavoro ha posto un freno a questa pratica, impedendo l’accesso all’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento conseguente ad assenze ingiustificate.
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Differenze tra le due misure
Pur avendo obiettivi simili, ossia contrastare l’elusione della normativa sulla NASpI, le due misure intervengono su aspetti differenti:
- Norma della Legge di Bilancio 2025:
- Si applica ai lavoratori che si dimettono volontariamente e successivamente ottengono un nuovo impiego concluso con un licenziamento.
- Introduce l’obbligo di 13 settimane di contribuzione nei 12 mesi successivi alle dimissioni.
- Misura del Collegato lavoro (già in vigore):
- Colpisce i lavoratori che si fanno licenziare per assenze ingiustificate al fine di accedere alla NASpI.
- Impedisce il riconoscimento dell’indennità in caso di dimissioni di fatto ovvero per licenziamento per “abbandono del lavoro”.
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Conclusioni
Le nuove misure contro i cosiddetti “furbetti della NASpI” segnano un cambio di passo nella lotta all’elusione delle norme sugli ammortizzatori sociali. Con l’introduzione di paletti più stringenti, il Governo punta a garantire che l’indennità di disoccupazione sia riservata esclusivamente a chi si trova realmente in uno stato di disoccupazione involontaria. Da un lato, il Collegato lavoro ha già eliminato la possibilità di accedere alla NASpI tramite assenze ingiustificate; dall’altro, la Legge di Bilancio 2025 introduce un vincolo ulteriore per i lavoratori dimissionari, imponendo almeno 13 settimane di lavoro per accedere all’indennità.
Queste novità rappresentano un importante passo avanti per garantire l’equità e la sostenibilità del sistema previdenziale, tutelando i lavoratori in reale difficoltà e contrastando comportamenti opportunistici.