Modalità d’ingresso in ufficio scaglionati, obbligo di indossare mascherine chirurgiche, sanificare gli ambienti di lavoro giornalmente e riunioni in videoconferenza. Sono queste alcune delle precauzioni minime da adottare da parte dei titolari di studi professionali per fronteggiare la fase post emergenza Coronavirus. Le linee guida per la salute e sicurezza di datori di lavoro, dipendenti e clienti negli studi professionali, sono state dettate da Confprofessioni.
Il documento, articolato in dodici punti, fornisce i chiarimenti per l’applicazione del Protocollo sulle misure per il contrasto e il contenimento del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro. Ecco in sintesi i punti principali del documento.
Fase 2 negli studi professionali: informazione e modalità d’ingresso
Innanzitutto il datore di lavoro ha l’obbligo di informare tutti i lavoratori in merito alle disposizioni delle Autorità, come l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in caso di febbre (oltre 37.5°) o di mantenere la distanza di sicurezza nello studio. Inoltre, prima dell’accesso al luogo di lavoro e nel rispetto della privacy, è obbligatorio rilevare la temperatura corporea dei dipendenti. Qualora la temperatura risulti superiore ai 37,5, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro.
Per quanto concerne le modalità di accesso di clienti, fornitori e visitatori esterni, il Protocollo afferma che è preferibile:
- ricevere sempre per appuntamento;
- richiedere l’utilizzo di mascherine chirurgiche e guanti monouso;
- ridurre il tempo di attesa nelle sale di aspetto.
Nello studio va assicurata la pulizia giornaliera degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni. Si invita ad utilizzare detergenti a base di alcool. Occorre garantire la pulizia a fine giornata/turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, e negli uffici.
Inoltre, lo studio deve mettere a disposizione idonei mezzi detergenti a base di alcool per le mani che devono essere accessibili a tutti i lavoratori e ai soggetti esterni anche grazie a specifici dispenser. Il Protocollo, tra l’altro, individua quale strumento di base per la prevenzione del contagio la mascherina chirurgica.
L’accesso agli spazi comuni, deve essere contingentato, con la previsione di una ventilazione continua dei locali, di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di 1 metro tra le persone che li occupano.
Inoltre, l’articolazione del lavoro potrà essere ridefinita con orari differenziati che favoriscano il distanziamento sociale, riducendo il numero di presenze in contemporanea nel luogo di lavoro. È necessario anche favorire orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni.
Gli spostamenti all’interno dello studio professionale devono essere limitati al minimo indispensabile. È preferibile non svolgere riunioni in presenza. Laddove necessarie, nell’impossibilità di collegamento a distanza, dovrà essere ridotta al minimo la partecipazione.
Comunicazione in caso di persona sintomatica
In caso di persona sintomatica in studio che sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria quali la tosse, deve dichiararlo immediatamente al datore di lavoro. Quest’ultimo dovrà procedere al suo isolamento in base alle disposizioni dell’Autorità sanitaria e avverte le autorità sanitarie competenti.
Infine, la sorveglianza sanitaria periodica non deve essere interrotta, perché rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale. Nell’integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legate al COVID-19 il medico competente, ove nominato, collabora con il datore di lavoro e (se presenti) i RLS/RLST.
Segui gli aggiornamenti su Google News!
Segui Lavoro e Diritti su WhatsApp, Facebook, YouTube o via email