In caso di accesso ispettivo in azienda, e qualora l’ispettore rileva crediti di lavoro immediatamente esigibili dal lavoratore mediante l’istituto della diffida accertativa, l’organo ispettivo può tenere conto solamente degli emolumenti per i quali non sia stato raggiunto il termine prescrizionale di 5 anni. Quanto affermato vale anche durante la vigenza del rapporto di lavoro, poiché non spetta all’organo ispettivo valutare l’eventuale condizione di “sudditanza psicologica” del lavoratore”. Tale situazione, infatti, è rimessa unicamente all’Autorità giudiziaria.
A specificarlo è l’INL con la Nota n. 595 del 23 gennaio 2020. Nel documento di prassi, inoltre, l’Istituto afferma che in presenza di atti interruttivi della prescrizione, documentati, il personale ispettivo potrà adottare la diffida accertativa anche per crediti risalenti nel tempo. Tale condizione vale sempreché non siano comunque decorsi cinque anni dall’ultimo atto interruttivo della prescrizione.
Termini di prescrizione della diffida accertativa dei crediti di lavoro
In materia di prescrizione di somme corrisposte dal datore di lavoro al prestatore, quali ad esempio la retribuzione o il TFR, trova applicazione l’art. 2948 cod. civ. Tale norma dispone che tali emolumenti si prescrivono nel termine di 5 anni. Il termine decennale, invece, come sancito dall’art. 2946 cod. civ., assume rilevanza soltanto residuale nell’ambito lavoristico.
Al riguardo sorge il dubbio, però, da quando decorrono i termini prescrizionale. In via generale, la legge prevede che decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. In prima battuta, la Corte di Cassazione, con diversi interventi ha stabilito che la decorrenza del termine non opera in costanza di rapporto di lavoro. Ciò in relazione al fatto che il lavoratore si possa trovare in una condizione di “timore”, tale da indurlo a rinunciare alla pretesa dei propri diritti, almeno fino alla cessazione del rapporto stesso.
Successivamente, però, gli orientamenti giurisprudenziali più recenti hanno optato per una valutazione caso per caso in ordine alla sussistenza del timore del licenziamento.
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Il concetto di “sudditanza psicologica”
Ma a chi spetta la valutazione della condizione di “sudditanza psicologica” del lavoratore durante lo svolgimento del rapporto di lavoro?
Sul punto, l’INL afferma che tale condizione può essere valutata solamente dall’Autorità giudiziaria e non all’organo di vigilanza nel corso dell’attività ispettiva.
I compiti degli ispettori
Considerati i poteri limitati degli ispettori, questi ultimi possono considerare soltanto i crediti da lavoro il cui termine quinquennale di prescrizione, decorrente dal primo giorno utile per far valere il diritto di credito anche se in costanza di rapporto di lavoro, non sia ancora maturato.
Gli atti interruttivi della prescrizione
Un fattore al quale gli ispettori dovranno fare attenzione in caso di accesso ispettivo, sono senz’altro gli atti interruttivi della prescrizione esperiti dal lavoratore ai sensi dell’art. 1219 cod. civ. Tali eventi devono essere documentati all’organo di vigilanza.
Non è richiesto che l’atto rispetti particolari formule, in quanto risulta sufficiente che contenga la chiara indicazione del soggetto obbligato a interrompere il termine prescrizionale.
Dunque, risulta sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, mediante atto scritto diretto al debitore e a lui trasmesso con i mezzi idonei a garantirne la conoscenza legale, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.
Al riguardo, conclude l’INL, gli ispettori hanno il compito di suggerire al lavoratore, all’atto di acquisizione della richiesta d’intervento, di attivarsi e inviare con raccomandata A/R un atto di formale messa in mora del datore di lavoro, al fine di salvaguardare l’integrità del proprio diritto.
INL, Nota n. 595 del 23 gennaio 2020
Ecco il testo della nota INL in oggetto.
INL Nota n. 595 del 23 gennaio 2020 (81,1 KiB, 525 hits)
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