Arrivato all’esame del Consiglio dei Ministri nel pomeriggio del 23 aprile 2024, il nuovo decreto legislativo attuativo della delega sulla riforma fiscale è stato rinviato a data da destinarsi. Il nuovo documento ribattezzato anche decreto Irpef dipendenti, interviene direttamente sull’IRPEF e, nel dettaglio va a impattare direttamente sui redditi da lavoro maturati delle persone fisiche, indipendentemente che siano degli autonomi o dei dipendenti.
Nel corso del Consiglio dei Ministri la decisione sulle questioni appena elencate è stata sostanzialmente rimandata a data da destinarsi. Di particolare importanza per noi il Capo II che si occupa dei redditi da lavoro dipendente. La novità più importante avrebbe riguardato i fringe benefit che dovrebbero tornare alla soglia ordinaria. Ma non solo: si è ipotizzato un raddoppio del trattamento integrativo sulle tredicesime per i redditi più bassi e l’esenzione fiscale per i contributi che vengono versati agli enti bilaterali. Oltre a un nuovo limite per la Rendita integrativa anticipata per gli iscritti alla previdenza complementare (da tutti conosciuta come RITA).
Le intenzioni del Governo
Cosa si possono aspettare i contribuenti dal punto di vista dell’IRPEF e delle altre tasse che devono versare? Le intenzioni del governo, in un certo senso, si possono evincere da quanto affermato da Giancarlo Giorgetti, Ministro all’Economia, nel corso dell’ultima audizione in Parlamento.
In questa occasione ha spiegato che i margini di manovra per una riduzione delle tasse nel 2025 risultano essere ancora stretti. A limitare le possibilità di azione è il recente rialzo del deficit e del debito pubblico che sono stati determinati principalmente dagli incentivi fiscali che sono stati erogati in maniera eccessiva nel corso degli ultimi anni.
Ma cerchiamo di entrare nel dettaglio e verificare cosa è previsto, almeno sulla carta.
Decreto IRPEF dipendenti, come cambiano le tasse sul lavoro
Il decreto contiene alcune novità positive, ma solo per i lavoratori con i redditi più bassi. Sono state introdotte, inoltre, alcune modifiche non favorevoli ai contribuenti.
Premi di risultato, imposta sostitutiva al 10%
È prevista una stretta sulle agevolazioni relative ai premi di produttività. Ai fini pratici dovrebbe tornare l’imposta sostitutiva del 10% – fino al 2024 al 5% – per i premi che vengono erogati in forma di partecipazione agli utili d’impresa. Perché le azienda possano procedere con la detassazione è necessario che rispettino i principi ESG, che sono connessi alla sostenibilità ambientale, e alla responsabilità sociale delle imprese.
Trattamento integrativo
Il trattamento integrativo potrebbe essere aumentato grazie alla tredicesima. La misura andrebbe a toccare unicamente quanti hanno un reddito fino a 15.000 euro o 28.000 euro se hanno moglie e un figlio a carico. Il maggior gettito nelle tasche dei lavoratori arriverebbe attraverso la detassazione della tredicesima.
Fringe benefit
È atteso un intervento sull’articolo 51 del TUIR, che regolamenta i fringe benefit. Verrebbe confermata la soglia dei 258,26 euro (così come aumentata nel 2024) sotto la quale non è prevista alcuna tassazione.
Dovrebbe, però, essere introdotta una diversa modalità attraverso la quale calcolare il valore dei beni e dei servizi che vengono erogati ai dipendenti, per i quali:
il valore dei beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e ceduti ai dipendenti è determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi a favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro.
Contributi ai fondi bilaterali e RITA
L’articolo 3 della bozza del decreto prevede, sostanzialmente, che i contributi versati dal dipendente o dal datore di lavoro a degli enti bilaterali siano tassati completamente. Entro un importo massimo di 3.615,20 euro.
Capitolo importante riguarda la Rendita integrativa temporanea anticipata riservata agli iscritti a fondi di previdenza integrativa (ossia la RITA), che dal 1° gennaio 2025 viene riconosciuta unicamente quando cessa il rapporto di lavoro per un motivo diverso dal raggiungimento dei requisiti che permettono di andare in pensione.