Il decreto Lavoro – vale a dire il DL n. 48/2023 poi convertito dalla legge n. 85/2023 – è intervenuto su più aspetti legati agli accordi stipulati tra azienda e dipendenti e, con particolare riferimento alla disciplina dei contratti a tempo determinato. Recentemente il Ministero del Lavoro ha pubblicato alcuni utili chiarimenti in tema di causali, proroghe e rinnovi nella Circolare n. 9 del 9 ottobre 2023 che segue alle crescenti richieste di delucidazioni, pervenute allo stesso Ministero.
Come è noto, il contratto a tempo determinato o a termine è un contratto di lavoro subordinato nel quale è prevista una durata predeterminata, attraverso l’apposizione di un termine.
In apertura, la circolare n. 9 del 9 ottobre ricorda che il decreto Lavoro è intervenuto a modificare la disciplina del contratto di lavoro a termine. Il documento ministeriale, allo scopo di garantire l’uniforme applicazione delle nuove disposizioni, fornisce i primi orientamenti sulle maggiori novità in materia di contratto di lavoro a tempo determinato. Ecco i dettagli.
Contratto a tempo determinato 2023: i chiarimenti del Ministero del Lavoro
Il citato DL n. 48/2023 ha introdotto regole in tema di disciplina dei contratti a termine, che intendono rafforzare la flessibilità del mercato del lavoro. Ecco perché tra gli aggiornamenti abbiamo:
- l’introduzione di nuove causali per il superamento del limite di 12 mesi;
- nuove regole per la proroga e per il rinnovo del contratto a tempo determinato, libere nei primi 12 mesi e poi legate alle causali. L’art. 24 del decreto Lavoro infatti dispone altresì sul regime delle proroghe e dei rinnovi e, se per i primi 12 mesi, i contratti possono essere prorogati o rinnovati in libertà o senza particolari vincoli, oltre il termine ciò è possibile soltanto in presenza delle causali indicate.
Di ciò si trova dettaglio nella circolare ministeriale del 9 ottobre 2023, un testo che offre ampie delucidazioni per applicare correttamente le previsioni del decreto Lavoro. In particolare vi si trova scritto che in sede di conversione del testo, è stata introdotta una previsione che ha l’effetto di permettere ulteriori contratti di lavoro a termine senza causale per la durata massima di dodici mesi, al di là di eventuali rapporti già sussistenti tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore prima dell’entrata in vigore del decreto Lavoro.
Inoltre, l’assetto normativo dispone che, ai fini del raggiungimento del limite massimo di dodici mesi, si deve tener conto soltanto dei contratti di lavoro sottoscritti a partire dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del decreto legge in oggetto (in Gazzetta Ufficiale il 4 maggio scorso). In altre parole, il calcolo del limite di un anno decorre dal 5 maggio scorso.
Ne consegue che eventuali i rapporti di lavoro a tempo determinato, sottoscritti prima di detta data, non concorrono al raggiungimento del limite di 12 mesi, entro cui è permesso liberamente di servirsi di questa tipologia di rapporto. Tuttavia sono calcolati ai fini del limite massimo di durata del biennio.
Contratti a tempo determinato: novità per durata e causali
I chiarimenti ministeriali rimarcano altresì che il decreto Lavoro non ha cambiato:
- la durata massima dei rapporti di lavoro a tempo determinato con lo stesso datore di lavoro, che permane pari a 2 anni (fatte salve le diverse previsioni dei Ccnl e la possibilità di un’ulteriore sottoscrizione di un contratto a tempo determinato presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro);
- il numero massimo di proroghe, che restano 4 in un biennio;
- il regime delle interruzioni tra un contratto di lavoro e l’altro (c.d. stop and go).
Inoltre questi contratti potranno avere una durata maggiore di 12 mesi, ma non al di sopra del biennio:
- in sostituzione di altri dipendenti;
- nelle ipotesi previste dai Ccnl di cui all’art. 51 del DL n. 81/2015;
- in mancanza delle previsioni di cui al punto anteriore, nei Ccnl utilizzati in azienda, e in ogni caso entro il 30 aprile del prossimo anno, per ragioni di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti.
Quali sono i contratti a tempo determinato esclusi dalle nuove causali
Vi sono poi casi particolari su cui la circolare ministeriale si sofferma. Infatti dette causali aggiornate non si applicano ai contratti:
- sottoscritti dalle PA;
- di lavoro a tempo determinato firmati dalle università private, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che favoriscono la ricerca e l’innovazione;
- sottoscritti da enti privati di ricerca e lavoratori tenuti a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione.
La circolare sottolinea che ai contratti a tempo determinato, stipulati dai soggetti sopra indicati, non si applicano né il termine massimo complessivo di 2 anni, né le nuove causali indicate dal decreto Lavoro – restando ferme quelle di cui all’art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che permette l’utilizzo di tale tipologia contrattuale esclusivamente in presenza di “comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale”. Questa indicazione è dunque sempre obbligatoria, al di là della durata del contratto di lavoro.
Conclusioni
In argomento, il Ministero precisa altresì che la durata massima dei contratti a termine firmati dai soggetti su menzionati continua ad essere pari a trentasei mesi (art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2015, nella formulazione anteriore alla riforma e all’entrata in vigore del decreto Dignità).
Concludendo, la disciplina in oggetto è mirata al ragionevole contenimento dell’uso del contratto a tempo determinato nel 2023, agevolando il controllo della sua applicazione e diffusione, ma anche assecondando la preoccupazione di impedirne una diffusione senza freni.
Per ulteriori dettagli rinviamo comunque al testo completo della circolare del Ministero del lavoro, pubblicata in questa pagina.