Il 28 settembre l’INPS ha rilasciato un comunicato stampa in riferimento alle notizie di stampa diffuse in questi giorni in relazione alla tipologia di redditi da dichiarare ai fini del calcolo della pensione di reversibilità.
L’Istituto ritiene opportuno precisare che la circolare n.195 del 30 novembre 2015 non ha introdotto modifiche nel calcolo relativamente all’importo della pensione di reversibilità, così come disciplinato dalla legge n. 335 dell’8 agosto 1995.
L’INPS rimanda ad un’altra circolare, la numero 185 del 18 novembre 2015, in cui sono state riconfermate le vecchie istruzioni di cui alla circolare n. 38 del 20 febbraio 1996, emanata a seguito di parere ministeriale su detto argomento.
Il paragrafo 2.2 della circolare n. 195/2015, fornisce le disposizioni generali a chiarimento delle modalità di comunicazione all’INPS dei redditi che non sono dichiarati al fisco, tra cui quelli non assoggettabili ad Irpef e il Trattamento di Fine Rapporto (assoggettato a tassazione separata).
Questi redditi da comunicare separatamente servono all’INPS per calcolare l’importo di altre tipologie di prestazioni collegate al reddito come ad esempio le maggiorazioni sociali.
Calcolo della pensione di reversibilità, non rientrano nel computo i redditi non assoggettabili all’IRPEF
La circolare 195/2015 specifica chiaramente che, ai fini del calcolo della pensione di reversibilità, si tiene conto unicamente dei redditi assoggettabili ad IRPEF.
Infine in merito alla circolare n. 195/2015 l’INPS comunica che vi è un refuso contenuto nel testo:
diversamente da quanto scritto nel testo dell’allegato alla circolare n.195/2015, non sono considerati ai fini del calcolo sia gli interessi bancari, postali, dei BOT, dei CCT e dei titoli di Stato, proventi di quote di investimento, soggetti a ritenuta d’acconto alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva dell’IRPEF, sia gli arretrati di lavoro dipendente prestato in Italia e all’estero […]
Fonte: INPS