Il decreto legislativo nr. 92/2012, a tutti conosciuto come la riforma del lavoro, ha, nonostante tutte le polemiche del caso, modificato riformulandolo l’art. 18 L. 300/70 (Statuto dei lavoratori), fino ad oggi vero ed autentico baluardo del diritto del lavoro.
La normativa del licenziamento prima della riforma
Il primo cambiamento è dato dall’intitolazione della rubrica che non si chiama più “Reintegrazione nel posto di lavoro” bensì, “Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo”. Facile spiegare il perchè della diversa intitolazione di questo articolo: con la riforma Fornero, viene ridotta drasticamente l’area di azione della cd. tutela reale del licenziamento (Prevista appunto dall’art. 18 Statuto dei lavoratori)ossia, dell’obbligo esistito fino ad oggi, in capo al datore di lavoro, di reintegrare il lavoratore illegittimamente licenziato, salvo che il lavoratore stesso scelga di optare per una indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto.
L’art 18, trovava applicazione nei confronti dei datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti (ovvero 5 dipendenti per gli imprenditori agricoli) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento. Ma non solo; l’art 18 oltre al caso del licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o giustificato motivo,si applica anche:
- nel caso di licenziamento inefficace per mancanza della forma scritta o della comunicazione, sempre per iscritto, dei motivi del licenziamento stesso (articolo 2 della legge n. 604/1966);
- nel caso di licenziamento discriminatorio in quanto determinato (a prescindere dalla motivazione addotta) da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali, ovvero da ragioni di discriminazione razziale, di lingua o di sesso (articolo 4 della legge n. 604/1966 e articolo 15 della legge n. 300/1970).
Al di fuori del campo di applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, si applicava invece la tutela obbligatoria di cui all’articolo 8 della legge n. 604/1966. Tale articolo dispone che, ove non ricorrano gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, “il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti.
Le nuove disposizioni della Riforma lavoro
Licenziamento discriminatorio
Intanto viene mantenuta l’obbligatorietà della reintegra nel posto di lavoro (quindi la tutela reale del licenziamento) a prescindere anche dal numero di dipendenti dell’azienda, nelle ipotesi di licenziamenti causati da un motivo discriminatorio ovvero fondato su un motivo illecito ai sensi dell’art. 1345 c.c. così come nelle ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace perché intimato in forma orale, in costanza di matrimonio o, in violazione dei divieti di licenziamento di cui all’articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita’ e della paternità.
Prevista inoltre, un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione (e comunque non inferiore a 5 mensilità). Resta fermo, poi, che il lavoratore può optare, in alternativa, per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
La richiesta dell’indennita’ deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Licenziamento disciplinare
Il licenziamento disciplinare è regolato dai commi 4, 5, 7, primo periodo, e 8 del nuovo articolo 18. In questa ipotesi si introduce una distinzione tra:
- mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a insussistenza del fatto contestato ovvero a fatto che rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti o dei codici disciplinari: in questi casi continua a valere la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (prevista dalla normativa previgente nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice riconosce un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (Per quanto concerne l’indennità, rispetto alla normativa previgente viene quindi fissato un tetto massimo e, allo stesso tempo, soppresso il limite minimo di 5 mensilità).
Riguardo all’obbligo, a carico del datore, di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo intercorrente tra il licenziamento e l’effettiva reintegrazione, la norma dispone una novità rispetto alla precedente normativa, ossia che dalle somme dovute si scomputino i contributi accreditati in favore del lavoratore in conseguenza di eventuali altre attività lavorative (comma 4).
“In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennita’ sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma”.
- · mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a tutte le restanti ipotesi: in questi casi non opera più la reintegrazione nel posto di lavoro; il giudice, dichiara risolto il rapporto di lavoro e riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale (in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo) (comma 5).
Altra novità presente nell’art. 18 è la previsione, nell’ipotesi di licenziamento dichiarato inefficace per vizi di natura formale riguardanti il requisito della motivazione (art. 2 c. 2 L. 604/66) o la violazione della procedura ex art. 7 L. 604/66. In queste ipotesi, mentre prima veniva dichiarata la nullità del licenziamento per violazione della procedura di contestazione ex art. 7, oggi, il Giudice dichiarerà il licenziamento inefficace ed obbligatoriamente risolto il rapporto di lavoro dalla data del licenziamento, liquidando al lavoratore una indennità risarcitoria onnicomprensiva tra 6 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore, alle dimensioni dell’attività economica, al comportamento o alle condizioni delle parti.
Licenziamento economico (comma 7, secondo e terzo periodo, del nuovo articolo 18)
Il Giudice, nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ordina la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro. Oltre alla reintegra il giudice riconosce un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. La stessa sanzione appena descritta si applica nell’ipotesi in cui è riconosciuta l’infondatezza delle ragioni poste a fondamento del licenziamento nei casi di inidoneità fisica o psichica del lavoratore (artt. 4, comma 4 e 10, c. 3 L. n. 68/99) nonché nell’ipotesi in cui il licenziamento è stato intimato nel periodo di tutela prevista dall’art. 2110 c.c.
Revoca del licenziamento
Il comma 10 del nuovo articolo 18 prevede una ipotesi di revoca individuale del licenziamento da parte del datore di lavoro: in questo caso, se la revoca è effettuata entro quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo.
il d.lgs. nr. 92/2012 introduce poi un rito speciale per le controversie relative all’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi previste dal nuovo art. 18 della legge n. 300 del 1970, nonché alle questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. Di questo tratteremo in seguito.