Le regole in tema di concorsi pubblici – si sa – sono assai dettagliate, e a parte un corpus per così dire generale, nel dettaglio variano a seconda della tipologia di posti di lavoro assegnati ai vincitori della selezione.
Tutti coloro che intendono cimentarsi con i concorsi pubblici, debbono sapere in anticipo che si tratta di un ambiente assai competitivo e nient’affatto semplice. Come ben noto, infatti, la maggior parte dei concorsi pubblici statali o delle amministrazioni locali – come ad es. i Comuni – vedono in lizza moltissimi iscritti, per pochissimi posti. Per avere chance di superare uno dei concorsi pubblici banditi delle Pubbliche Amministrazioni, è scontata l’essenzialità di essere ben preparati e ferrati anche sulle ultime novità normative.
Non solo: è importante aver ben chiare le regole di funzionamento del concorso, come ad es. quelle relative ai cosiddetti titoli di preferenza. Che cosa sono in concreto? Perchè sono così rilevanti nella selezione? Scopriamolo di seguito.
Titoli di preferenza nei concorsi pubblici: il D.P.R. n. 487 del 1994 come fonte di riferimento
Prima di soffermarci sui titoli di preferenza per vederli da vicino, non possiamo non rimarcare che oggigiorno la normativa principale di riferimento per i concorsi pubblici è il D.P.R. n.487 del 1994. Si tratta di una vera e propria fonte-guida, nella quale sia ‘gli addetti ai lavori’ che i candidati ai concorsi stessi, possono trovare tutte le norme rilevanti sull’accesso all’impiego nelle PA e sulle modalità di svolgimento dei concorsi pubblici.
Le tipologie di concorso previste dal legislatore
- Concorsi pubblici per titoli: in queste ipotesi, le graduatorie dei partecipanti saranno stilate sulla base dei titoli posseduti alla data di effettuazione della domanda;
- Concorsi pubblici per esami: comportano varie prove scritte, tra cui una eventualmente di carattere teorico-pratico, e una prova orale che include altresì l’accertamento della lingua straniera di cui dal bando di selezione. Il punteggio finale sarà rappresentato dalla somma della media dei voti ottenuti nelle prove scritte o pratiche o teorico-pratiche e dalla votazione che si ottiene poi nel colloquio orale.
- Concorsi pubblici per titoli ed esami: si tratta di una selezione ‘mista’, che somma i criteri appena visti. Infatti, per mettere nero su bianco la graduatoria, gli organizzatori considereranno non soltanto le votazioni ottenute nelle prove d’esame, ma anche i titoli ottenuti alla data della domanda: ad es. titolo di laurea triennale o magistrale, master, eventuali dottorati, e così via;
- Corso-concorso: questa è una ipotesi forse non conosciuta ai più. Fondamentalmente consiste in due distinte fasi di selezione: un corso di formazione in prima battuta, e poi una prova d’esame. La prassi in queste circostanze ci indica che l’organizzazione è assegnata ad enti esterni;
- Concorsi unici: predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, che si occupa previamente anche della ricognizione dei fabbisogni.
Proprio negli ultimi giorni, il neo ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, ha annunciato quella che definisce una ‘piccola rivoluzione‘ negli uffici delle Amministrazioni: in vista un possibile pensionamento anticipato dei dipendenti pubblici e un maxi-piano assunzioni di forze fresche, con tanti posti a concorso nei prossimi mesi.
Titoli di preferenza: che cosa sono?
Il citato DPR n.487 del 1994 regola – lo abbiamo rimarcato – l’accesso agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni. In particolare, all’art. 5, comma 4, si occupa dei titoli che “danno diritto alla preferenza a parità di merito“.
In buona sostanza, parafrasando quanto nel testo del suddetto regolamento, a parità di merito, entrano in gioco i cd. titoli di preferenza, ossia alcune particolari condizioni nelle quali se i cittadini candidati rientrano, possono di seguito contare su una preferenza nell’assegnazione del posto.
In sintesi, se due o più candidati ad un certo punto della selezione, hanno lo stesso punteggio numerico in graduatoria, il candidato che può vantare titoli di preferenza, potrà avere la precedenza nell’assegnazione del posto di lavoro, rispetto ai candidati senza detti titoli. I titoli di preferenza subentrano dunque laddove vi sia una situazione di parità di merito e parità di titoli (ad es. laurea triennale).
La differenza tra riserva di posti e titoli di preferenza
Attenzione però a non confondere il concetto di titoli di preferenza con quello di riserva dei posti nella PA, anch’esso rilevante nell’ambito dei concorsi pubblici. La riserva consiste in un certo numero di posti assegnati soltanto a specifiche categorie di cittadini, come ad es. personale interno, volontari delle Forze Armate o categorie protette. Le percentuali di riferimento, in tema di quote di riserva, sono fissate dalla legislazione vigente.
La PA è dunque tenuta ad assumere persone disabili nella quota d’obbligo di legge. Anzi, per le assunzioni nel pubblico impiego, per cui è obbligatoria svolgere la prova selettiva – ossia il concorso pubblico – i soggetti con disabilità iscritte nelle liste speciali, hanno diritto alla riserva dei posti, ma nei limiti della complessiva quota d’obbligo e fino al 50% dei posti in concorso. Così dispone l’art. 7, comma 2 della legge n. 68 del 1999, che reca norme sul diritto al lavoro dei disabili.
Quali sono i titoli di preferenza nei concorsi pubblici: ecco la lista
Poco sopra, abbiamo ricordato che a parità di titoli (ad es. diploma di maturità) e a parità di merito (stesso esito delle prove selettive) la priorità tra candidati è definita dai cd. titoli di preferenza. Ma quali sono in concreto? Vediamoli nella sintetica lista che segue:
- gli insigniti di medaglia al valor militare;
- i mutilati ed invalidi di guerra ex combattenti; per fatto di guerra; o per servizio nel settore pubblico e privato;
- gli orfani di guerra; dei caduti per fatto di guerra; dei caduti per servizio nel settore pubblico e privato;
- i feriti in combattimento;
- gli insigniti di croce di guerra o di altra attestazione speciale di merito di guerra, nonché i capi di famiglia numerosa;
- figli dei mutilati e degli invalidi di guerra ex combattenti; dei mutilati e degli invalidi per fatto di guerra; dei mutilati e degli invalidi per servizio nel settore pubblico e privato;
- genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti in guerra;
- genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti per fatto di guerra;
- vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti per servizio nel settore pubblico e privato;
- coloro che abbiano prestato servizio militare come combattenti;
- coloro che abbiano prestato lodevole servizio a qualunque titolo, per non meno di un anno nell’amministrazione che ha indetto il concorso;
- i coniugati e i non coniugati con riguardo al numero dei figli a carico;
- gli invalidi ed i mutilati civili;
- militari volontari delle Forze armate congedati senza demerito al termine della ferma o rafferma.
Gli ulteriori sotto-criteri di riferimento
Come si può notare, la lista di coloro che possono far valere detti titoli di preferenza è assai ampia. Ma non è finita qui: infatti, in ipotesi di ulteriore parità, la preferenza per l’assegnazione di un certo posto di lavoro è definita da uno di questi tre criteri supplementari:
- numero dei figli a carico, essendo irrilevante il fatto che il candidato sia sposato o no;
- aver prestato lodevole servizio nelle PA;
- maggior età.
Concludendo, ricordiamo altresì che i candidati interessati, possono sfruttare i titoli di preferenza, senza dover contestualmente essere in stato di disoccupazione o essere iscritti al centro per l’impiego del proprio territorio.
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