L’importo ricevuto dal professionista a titolo di restituzione delle maggiori somme versate quale canone di locazione per lo studio in cui svolgeva la propria attività, sono da considerarsi reddito da lavoro autonomo.
Questo perché in precedenza, il professionista ha dedotto dal suo reddito anche le spese di locazione sostenute in eccesso e ora allo stesso rimborsate come da procedimento di mediazione obbligatoria conclusosi lo scorso anno.
In sintesi, può essere così riassunta la risposta dell’Agenzia delle entrate n° 482 del 28 settembre 2022.
Rimborso dei canoni di locazione al professionista: la risposta n°482 del 28 settembre
La risposta n° 482 del 28 settembre, prende spunto da apposita istanza di interpello.
In particolare, un professionista ha stipulato tempo fa un contratto di locazione non abitativo, non soggetto ad IVA, relativo a un immobile, adibito in via esclusiva a studio professionale che prevedeva la corresponsione di canoni di locazione “crescenti nel tempo e adeguamento ISTAT nella misura del 100% dell’indice FOI”.
Dopo la disdetta del contratto di locazione, l’istante si è accorto di aver pagato alcuni canoni in eccesso.
Da qui, ha chiesto il rimborso alla locatrice, a fronte del rifiuto della stessa, l’Istante ha attivato la procedura di mediazione (obbligatoria), al termine della quale è stato raggiunto un accordo in base al quale l’Istante ha percepito una certa somma, nel 2021.
Considerato che, nel corso del tempo, l’istante ha dedotto dal suo reddito anche le spese di locazione sostenute in eccesso e allo stesso rimborsate come da procedimento di mediazione obbligatoria, ora chiede chiarimenti in ordine
- alla rilevanza reddituale della predetta somma percepita nel 2021 e
- ai criteri da utilizzare al fine della relativa tassazione.
Cosa dice l’Agenzia delle entrate
L’Agenzia delle entrate fornisce una risposta, ribadendo i concetti già espressi con la risoluzione n. 356/2007, in cui ha chiarito che:
le somme dirette a “risarcire” le spese sostenute dal professionista per la produzione del reddito, rappresentano il “rimborso” di “un costo che, in quanto inerente all’esercizio dell’attività professionale, ai sensi dell’articolo 54 del TUIR, il professionista ha dedotto dal reddito di lavoro autonomo. Anche a questa ulteriore somma, pertanto, deve essere riconosciuta rilevanza reddituale, in quanto riconduce il reddito alla misura che lo stesso avrebbe assunta qualora non fosse stata sostenuta la spesa per i servizi affidati a terzi”.
Ebbene, per “ragioni di simmetria impositiva, pertanto, il rimborso delle predette spese, che hanno concorso alla formazione del reddito sotto forma di costi deducibili, deve ugualmente essere assoggettato ad imposizione e a ritenuta…” (risoluzione n. 106/2010).
Di conseguenza, in base alle indicazioni sopra esposte, il rimborso ricevuto dal professionista:
- deve concorrere, quale componente positivo,
- alla determinazione del reddito di lavoro autonomo nell’anno di percezione.
Difatti, si tratta di rimborso di spese inerenti, in precedenza dedotte dal reddito.
Anche se l’Agenzia delle entrate delle entrate nell’occasione non si è pronunciata in merito, noi di Lavoro e diritti, riteniamo che il contribuente, rispetto agli anni in cui ha portato in deduzione il maggiore costo di locazione, dovrà presentare una o più dichiarazioni integrative a sfavore, sempre se riferite ad anni ancora emendabili ai sensi dell’art.2 del DPR 322/1998.