Periodicamente si sente parlare della cd. fuga dei cervelli, un fenomeno che attiene all’emigrazione verso paesi stranieri di persone di talento o alta qualificazione professionale formatesi in Italia. Generalmente si tratta di lavoratori dell’ambito tecnico-scientifico e della ricerca, che scelgono di andare a vivere in stati in cui si applicano migliori condizioni di lavoro e più alti stipendi.
Ebbene, le ultime notizie non sembrano incentivare il fenomeno opposto, ovvero quel ‘rientro dei cervelli in Italia’ che comporterebbe per il nostro paese un guadagno in termini di know how ed esperienza in non pochi settori lavorativi.
In sostanza, il rientro dei lavoratori in Italia dal 2024 sarà meno conveniente in quanto l’Esecutivo nell’esercitare la delega fiscale, di fatto frena il ricorso ai bonus fiscali ed agevolazioni per incentivare i connazionali a ritornare in patria. La misura aveva un costo pari a 674 milioni l’anno, per beneficiari pari a circa 15mila: cosa cambia ora per i cosiddetti impatriati? Scopriamolo.
Rientro dei cervelli in Italia: le novità sulla misura contro la fuga dei lavoratori
In un decreto approvato in via preliminare alcuni giorni fa dal Consiglio dei Ministri, introduce novità in tema di regime normativo e fiscale per il rientro dei cervelli in Italia.
Infatti a partire dal prossimo anno lavoratori dipendenti e autonomi, che scelgono di fare rientro in Italia:
- potranno avvalersi di un regime fiscale agevolato per un massimo di 5 anni,
- con un taglio delle tasse del 50%, ma soltanto entro il limite di reddito pari a 600mila euro annui.
La novità sostanziale è che le agevolazioni diminuiscono in quanto a portata: infatti oggi gli sconti o bonus fiscali non hanno limiti di reddito e possono essere pari anche ad un decennio, con tagli Irpef che aumentano dal 70% al 90%, se si opta per fissare la residenza fiscale nel Sud Italia (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna o Sicilia).
Ulteriori condizioni per le agevolazioni
Non solo. Sulla scorta di quanto indicato negli ultimi giorni dal Governo, i bonus fiscali paiono ulteriormente compressi poiché dal 2024, per avere lo sconto fiscale, il ‘cervello in fuga’:
- dovrà essere stato all’estero per almeno tre anni, contro i due di oggi (Decreto Crescita del 2019);
- se cambia idea e – prima di un quinquennio – torna a vivere e lavorare in un paese straniero, dovrà di fatto restituire lo sconto fiscale con gli interessi, indipendentemente dalle ragioni che spingono ad una nuova partenza.
Al momento non è noto se resteranno le agevolazioni aggiuntive per il Sud Italia.
Finora – dicevamo – il regime fiscale è stato più benevolo: dall’anno del rientro con trasferimento in Italia della residenza fiscale – e con un lavoro esercitato in modo prevalente nel nostro paese – e per i successivi quattro anni, il versamento delle tasse è assai agevolato perché per ogni 100 euro incassati, soltanto 30 sono calcolati per fissare l’Irpef da pagare (sconto fiscale del 70%)
Per fare un esempio pratico, un ingegnere che rispetta tutti i requisiti e guadagna 100mila euro ogni anno, versa oggi l’Irpef come se conseguisse un reddito annuo pari a 30mila euro.
A chi si rivolgono le agevolazioni Irpef? Chiarimenti
Inoltre, onde accedere ai bonus fiscali 2024, il trasferimento del beneficiario:
- dovrà aversi in Italia perché c’è un nuovo rapporto di lavoro, con un’azienda differente da quella in cui si lavorava all’estero;
- non dovrà aversi per uno spostamento di sede.
In generale, i lavoratori coinvolti saranno quelli ad alta qualificazione o specializzazione ovvero – ad esempio – i dirigenti, gli imprenditori, le persone che esercitano una professione intellettuale, scientifica o tecnica (avvocati, ingegneri ecc.).
Nessuna novità invece per professori e ricercatori in campo scientifico, che tornano da un paese straniero, come pure per gli sportivi. Per questi ultimi vale infatti già oggi uno sconto fiscale del 50%, e non del 70%, mentre per ricercatori e prof la riduzione continuerà ad esser pari al 90% anche l’anno prossimo.
Alcuni numeri interessanti sugli impatri
A ben vedere, la scelta del Governo sui bonus fiscali non intende porre in secondo piano la questione della fuga dei cervelli, bensì tiene conto della delicata situazione dei conti pubblici in un ottica di sostenibilità delle spese e di giustizia fiscale.
Pertanto, se chi è rientrato nel nostro paese negli anni passati proseguirà ad avvalersi degli sconti fiscali citati, senza dubbio molto convenienti, così non sarà più per i ‘nuovi arrivati’ dall’estero che vedranno ridotti – come dicevamo – bonus ed agevolazioni fiscali, a causa dei costi del ricco incentivo per l’Erario.
I freddi numeri lo indicano bene: nel rapporto sulle spese fiscali relativo allo scorso anno infatti emerge che questo strumento per agevolare il ritorno in Italia dei talenti, è costato 674 milioni di euro e ad avvalersene sono stati – come accennato in apertura – circa 15mila cervelli in fuga. Questi ultimi in concreto hanno goduto di una media di circa 45mila euro di tasse non versate al Fisco.
Sicuramente uno sconto notevolissimo, specialmente se confrontato con il dato dell’imposta netta Irpef, che risulta uguale in media a 5.452 euro (dati del Mef). Ecco allora che in una sorta di riequilibrio dei rapporti costi-benefici, il Governo ha scelto la via dei tagli ai bonus fiscali riservati ai cervelli in fuga.
Le voci contrarie
Il taglio delle agevolazioni al rientro dei cervelli non è stata di certo gradita dalle associazioni di italiani all’estero, che infatti ha stanno tentando di far cambiare idea all’Esecutivo con una petizione su Change.org e una raccolta firme per conservare intatti quei bonus fiscali che, sostengono le associazioni, rappresentano il solo vero appiglio per tornare in Italia dopo lunghi periodi di residenza e lavoro all’estero.