La fondazione studi dei Consulenti del lavoro con parere nr. 26 dello scorso 23 novembre, fornisce un chiarimento in merito alla corresponsabilità del lavoratore in merito ai pagamenti in nero erogati dal datore di lavoro.
Si richiama la disciplina dettata dall’art 24 del DPR n. 600/1973 (disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), in virtù della quale, è obbligatoria l’effettuazione e il versamento della ritenuta Irpef a titolo d’acconto, da parte del soggetto che effettua il pagamento e che, in linea di principio, si è avvalso della prestazione del lavoratore.
Inoltre, si richiama l’art 64 del DPR n. 600/73 dispone che “chi in forza di disposizione di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso.”.
Nell’ipotesi del lavoro dipendente la rivalsa è espressamente prevista dal comma 1 del citato articolo 24 del predetto DPR n. 600/73. Inoltre, in base all’art. 35 del DPR. n. 602 del 1973, “quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di
imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido.”.
La giurisprudenza della Suprema Corte, “in più occasioni ha stabilito che anche il lavoratore è correo, dovendo provvedere ad assoggettare a tassazione la retribuzione percepita pure in assenza di ritenuta da parte del datore, ovvero in caso di pagamenti in nero”.
Emblematica al proposito è la sentenza della Cassazione nr. 9897/11, con la quale afferma, in merito ad una lavoratrice che aveva percepito somme in nero che:
- è del tutto irrilevante se tra datore e lavoratore vi fosse un accordo per non assoggettare a tassazione le somme percepite;
- è del tutto irrilevante che il lavoro prestato fosse l’unico lavoro svolto dall’interessata nel corso dell’anno;
- è del tutto irrilevante che l’interessata in buona fede ritenesse che le somme non dovessero essere indicate in dichiarazione dei redditi.
In sostanza, conclude lo studio, “l’intervento del sostituto lascia inalterata la posizione del sostituito, il quale è specificamente gravato dell’obbligo di dichiarare i redditi assoggettati a ritenuta, poiché essi concorrono a formare la base imponibile sulla quale, secondo il criterio di progressività, sarà calcolata l’imposta dovuta, detraendosi da essa la ritenuta subita come anticipazione del prelievo”.
Vale a dire che, “in caso di mancato pagamento della ritenuta d’acconto da parte del datore di lavoro,il soggetto obbligato al pagamento del tributo è anche il lavoratore contribuente”.
Fonte: www.consulentidellavoro.it
Segui gli aggiornamenti su Google News!
Segui Lavoro e Diritti su WhatsApp, Facebook, YouTube o via email