Non c’è alcuna possibilità di ravvedimento operoso per i lavoratori in regime impatriati che intendono allungare di 5 anni la possibilità di pagare le imposte sui redditi prodotti in Italia, ma che hanno effettuato un versamento insufficiente per rinnovare l’agevolazione fiscale.
Dunque il lavoratore, non potrà fruire dell’estensione del regime di favore per ulteriori 5 anni, ma potrà solo recuperare quanto già versato.
In sintesi, sono queste le indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate con la risposta n°383 di ieri.
Le agevolazioni fiscali per gli impatriati
L’art.16 del D.Lgs 147/2015, prevede delle agevolazioni fiscali per i lavoratori rimpatriati ossia lavoratori anche stranieri che trasferiscono la residenza in Italia. Le agevolazioni consistono in un abbattimento, ai fini delle imposte, del reddito prodotto in Italia.
In pratica, il reddito conseguito dal lavoratore che decide di lavorare in Italia, è tassato solo per una parte. Sulla parte restante non si pagano imposte alcune.
Tali agevolazioni possono essere applicate al ricorrere di due specifici presupposti:
- il lavoratore non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni;
- l’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.
Nel rispetto di tali condizioni, il reddito prodotto in Italia che sia di lavoro dipendente o autonomo, è tassato limitatamente al 30% dell’ammontare. E’ tassato solo il 10% del reddito prodotto se la residenza è trasferita in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia. L’agevolazione opera nel periodo d’imposta in cui la residenza viene trasferita e nei 4 successivi.
Al ricorrere di ulteriori condizioni (ad esempio la presenza di almeno un figlio minorenne o a carico) seppur con percentuali ridotte, le agevolazioni si applicano per ulteriori 5 periodi d’imposta. Con un abbattimento sul reddito del 50%. L’abbattimento è del 90% se il lavoratore ha almeno tre figli minori o a carico.
Le agevolazioni operano anche per chi rientra in Italia per lavorare in smart working
La risposta n°383 del 18 luglio
La risposta n° 383 del 18 luglio, riguarda proprio la possibilità di estendere l’applicazione delle agevolazioni per un ulteriore quinquennio. Nel caso specifico, il lavoratore vorrebbe sfruttare la possibilità di un ulteriore quinquennio in agevolazione fiscale, offerta dalla Legge n°178/2020, Legge di bilancio 2021, anche ai soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia prima dell’anno 2020 e che, alla data del 31 dicembre 2019, risultano beneficiari del regime agevolativo ordinario previsto sempre per gli “impatriati”.
Infatti, tali soggetti, possono allungare di 5 anni il periodo di applicazione delle agevolazioni fiscali:
- previo versamento di un importo pari al 10% o al 5% del reddito,
- a seconda dei requisiti posseduti.
La percentuale del 10% o del 5%, si applica sui redditi agevolati relativi all’annualità precedente a quella di esercizio dell’opzione di rinnovo.
Tuttavia, il lavoratore di cui all’istanza di interpello, ha effettuato un versamento inferiore rispetto a quanto effettivamente dovuto. A suo dire, ha letto erroneamente i dati riportati nella certificazione unica 2021.
Da qui, ha chiesto al Fisco, se grazie al ravvedimento operoso può correggere il versamento per allinearsi a quanto disposto dalla norma.
Il parere dell’Agenzia delle entrate
L’Agenzia delle entrate ritiene che in caso di omesso o parziale versamento di quanto dovuto, il diritto all’opzione si perde essendo precluso il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso. L’istante quindi potrà solo recuperare quanto versato con apposita domanda da inviare entro due anni dal pagamento delle somme o, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.