Il diritto camerale si prescrive in 5 anni, la Corte di Cassazione è arrivata a questa conclusione con la recente Sentenza n. 34890/2023. Ciò in applicazione dell’art. 2948 comma 1 n. 4 del codice civile inerente a “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.
Dunque, trascorsi 5 anni la Camera di Commercio non può pretendere il versamento del diritto annuale non versato. Vediamo cosa dice la Sentenza.
Diritto camerale: cos’è in breve
Tra i vari costi che bisogna mettere in conto quando si decidere di aprire un’impresa c’è anche quello della Camera di commercio. Dunque facciamo riferimento al c.d. diritto camerale che ogni impresa è tenuta a versare alla camera di commercio (art. 18 della L. n. 580 del 1993).
La scadenza a regime del diritto annuale è fissata al 30 giugno. Tale data coincide con il termine di versamento del saldo e del 1°acconto delle imposte. Infatti, molte volte i commercialisti nel preparare gli F24, oltre ai codici tributo delle imposte inseriscono anche quello del diritto camerale.
E’ possibile versare entro il 31 luglio 2023 con lo 0,40% (anche in caso di compensazione con altri tributi, c.d. “F24 a saldo zero”, il diritto annuale deve essere maggiorato dello 0,40%).
Il versamento omesso o carente può essere sistemato in ravvedimento operoso.
Entro quanto si prescrive il diritto annuale?
Se il contribuente non versa il diritto camerale entro i suddetti termini e non lo fa neanche in ravvedimento operoso, la Camera di commercio può muoversi per la riscossone coattiva tramite cartella dell’Agenzia delle entrate-riscossione, ADER.
La Camera di commercio provvede all’iscrizione a ruolo senza preventiva contestazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e successive modifiche e integrazioni.
Detto ciò quanto tempo ha la Camera di Commercio per richiedere il pagamento del diritto camerale? Ebbene, la Corte di Cassazione si è espressa in merito con la Sentenza n 34890/2023.
Secondo la Corte di Cassazione anche al diritto camerale è da riconoscere la natura di tributo.
Da qui, entrano in gioco le disposizioni di cui all’art. 13 della legge Finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002). L’art. 13, comma 3, prevede che «ai fini delle disposizioni del presente articolo, si intendono tributi propri delle regioni, delle province e dei comuni i tributi la cui titolarità giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti ai predetti enti, con esclusione delle compartecipazioni ed addizionali a tributi erariali, nonché delle mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali».
Tale disposizione è stata estesa anche rispetto al diritto annuale in esame (vedi art. 5 quater, comma 1, DL n. 282 del 2002 (introdotto dalla legge n. 27 del 2003).
Quali sono i motivi della prescrizione quinquennale
Nei fatti si tratta di un versamento periodico , che si ripete anno per anno in pendenza di iscrizione al Registro delle imprese.
Cosicché, come da precedenti sentenze della Cassazione (vedi ad esempio Corte di Cassazione a Sezioni unite con la sentenza 23397/2016)
il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. «conversione» del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via».
In sintesi, posta la natura di tributo periodico, il diritto annuale va in prescrizione dopo 5 anni.
Ciò in applicazione dell’l’art. 2948 comma 1 n 4 del codice civile inerente a “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.
La legittima applicazione del termine quinquennale inoltre, trova fondamento nell’art.10 del D.M. 54/2005 che fissa in 5 anni i termini di irrogazione e dell’esercizio della riscossione delle sanzioni amministrative in caso di tardivo o omesso pagamento del diritto annuale