Nessuno ostacolo alla tassazione sostituiva ridotta al 5% per il 2023 sui premi di risultato corrisposti ai dipendenti, da una società a partecipazione pubblica al raggiungimento di uno degli obiettivi previsti dalla contrattazione aziendale. Ciò nel presupposto che la società non rientri tra le amministrazioni pubbliche indicate nel Dlgs n. 165/2001. Può essere così riassunta la risposta dell’Agenzia delle entrate, n. 296/2023.
Nel caso specifico si trattava di una società a controllo pubblico che ha per oggetto la costruzione, la compravendita, la manutenzione e/o la gestione di impianti e servizi ambientali, la gestione di risorse energetiche e distribuzione di calore, compreso la produzione e vendita di energia elettrica. Come natura giuridica deve essere considerata una società a controllo pubblico. Tale società, per il triennio 2023-2025 ha stipulato un accordo sindacale che prevede la corresponsione di un premio di risultato.
Ecco i dettagli.
Come funziona la tassazione sostitutiva sui premi di risultato
La questione oggetto di analisi da parte dell’Agenzia delle entrate riguarda la possibile applicazione dell’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali pari al 10% (articolo 1, commi da 182 a 189, della legge n° 208/2015, Legge di Stabilità 2016) sui:
- premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di specifici criteri nonché
- sulle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
Per i premi e le somme erogati nell’anno 2023, l’aliquota dell’imposta sostitutiva, di cui al comma 182 è ridotta al 5 per cento, come disposto dall’articolo 1, comma 63, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023).
I criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione sono stati poi definiti con il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato in data 25 marzo 2016.
In realtà, riguardo ai criteri incrementali ai quali devono essere legati i premi di risultato, il comma 2 dell’articolo 2 del citato decreto ne rinvia la definizione alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale.
Da qui, l’erogazione dei premi di produttività, deve avvenire (vedi comma 187 Legge n°208/2015):
in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81»,
il quale, in particolare, stabilisce che, salvo diversa previsione, «per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Con le circolari 15 giugno 2016, n. 28/E e 29 marzo 2018, n. 5/E, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito alla tassazione sostitutiva.
Qual è il parere dell’Agenzia delle Entrate
Come accennato in premessa, con la risposta n°293/2023, l’Agenzia delle entrate ha analizzato l’eventuale applicabilità della tassazione sostituiva del 10% sui premi di risultato corrisposti ai dipendenti, da una società a partecipazione pubblica al raggiungimento di uno degli obiettivi previsti dalla contrattazione aziendale.
La tassazione sostituiva può essere applicata anche da una società a partecipazione pubblica?
Nella circolare n. 28/E del 2016 l’Agenzia delle entrate aveva evidenziato come l’agevolazione risulta riservata ai lavoratori del settore privato.
Sono escluse dalla applicazione della norma agevolativa le Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ossia «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».
Detto ciò, nel presupposto che la società non rientri tra le amministrazioni pubbliche di cui al richiamato articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, qualora sia raggiunto uno degli obiettivi previsti dalla contrattazione aziendale, sentito anche il competente Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Agenzia delle entrate non rileva ostacoli ai fini della tassazione sostituiva.
Posto che la tassazione sostitutiva può essere applicata anche dai datori di lavoro non imprenditori.