Il Ministero del Turismo ha approvato il decreto che fissa le modalità di realizzazione e gestione della banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi.
In tal modo, si completa il quadro delle iniziative previste dal D.L. Crescita, volte a contrastare il fenomeno degli affitti irregolari e di conseguenza il rispetto degli adempimenti fiscali previsti dalla legge.
Il decreto disciplina le modalità di costituzione, gestione e accesso alla banca dati, nonché di acquisizione dei codici identificativi regionali, ove adottati.
Ecco i dettagli.
Locazioni brevi: cosa sono e come funzionano
Le locazioni brevi sono disciplinate dall’art.4 del D.L. 50/2017. Nello specifico, sono considerate brevi le locazioni di durata non superiore a 30 giorni. Rientrano nel regime delle locazioni brevi anche i contratti che prevedono la pulizia dei locali o la fornitura della biancheria. Sono ammessi anche altri servizi quali, l’utenza wi-fi, aria condizionata, ecc. Si veda a tal proposito la circolare n° 24/E 2017.
Per le locazioni brevi, ossia per i canoni di locazione lordi ad esse riconducibili, è possibile applicare la cedolare secca al 21%; anche se l’affitto è stato concordato tramite un intermediario immobiliare e anche da quelli che operano on line come ad esempio AIRBNB.
Soprattutto per le locazioni concluse direttamente dal locatore, è molto diffuso il fenomeno degli affitti in nero. Difatti, si tratta di somme spesso sottratte a tassazione.
Tassazione strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi: novità decreto Crescita
Proprio per contrastare il fenomeno degli affitti irregolari per le c.d. locazioni brevi o locazioni turistiche, il D.L.34/2019, decreto Crescita, ha previsto alcune misure ad hoc.
In primis, all’art.13-quater, comma 1, del decreto citato, è disposto che i dati dei soggetti alloggiati, comunicati alla Questura dalle strutture ricettive e dai proprietari (o coloro che hanno altro diritto reale) degli immobili destinati a locazione breve, sono forniti dal Ministero dell’interno in forma anonima e aggregata per struttura ricettiva, all’Agenzia delle entrate.
L’Agenzia delle entrate li rende disponibili, anche a fini di monitoraggio, ai comuni che hanno istituito l’imposta di soggiorno, o il contributo di soggiorno.
Attenzione, tali dati sono utilizzati dall’Agenzia delle entrate, unitamente a quelli trasmessi dai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare ai fini dell’analisi del rischio.
Con il decreto M.E.F. dell’11 novembre 2020, sono state individuate le disposizioni attuative del suddetto passaggio di dati.
Banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi: cos’è e come funziona
Lo stesso decreto Crescita ha disposto la creazione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, di una banca di dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi. Le Strutture ricettive e gli immobili sono identificati mediante un codice identificativo da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza. Fermo restando quanto stabilito in materia dalle leggi regionali.
Il decreto Crescita, sempre all’art.13-quater, al comma 4 in questo caso, in previsione della banca dati, demandava ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, l’individuazione delle modalità di realizzazione e di gestione della banca dati. Lo stesso decreto doveva definire le modalità di acquisizione dei codici identificativi regionali nonché le modalità di accesso alle informazioni che vi sono contenute.
Il regolamento attuativo
Il decreto del ministero del Turismo è stato adottato solo in data 29 settembre. Con un ritardo di circa due anni.
Nei fatti, il decreto ministeriale prot. 1782 del 29 settembre 2021, reca le “Modalità di realizzazione e gestione della banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi di cui all’articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n.34 convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n.58″.
Il decreto regolamenta le modalità di costituzione, gestione e accesso alla banca dati, nonché di acquisizione dei codici identificativi regionali, ove adottati.
Le informazioni contenute nella banca dati riguardano:
- tipologia di alloggio;
- ubicazione;
- capacità ricettiva;
- estremi dei titoli abilitativi;
- soggetto che esercita l’attività ricettiva;
- codice identificativo regionale, ove adottato, o codice alfanumerico.
Nel decreto è specificato che per le strutture ricettive e gli immobili destinati a locazioni brevi ubicati in una Regione o in una Provincia autonoma che non ha adottato un proprio codice identificativo, sulla base dei dati di cui al comma 2, la banca dati genera un codice alfanumerico, recante l’indicazione della tipologia di alloggio, della Regione o della Provincia autonoma e del Comune di ubicazione.
L’obiettivo è quello di identificare le strutture ricettive e gli immobili destinati a locazione breve.
Alcune Regioni già prevedono delle disposizioni che impongono l’identificazione delle varie strutture. Compresi gli immobili destinati a locazione breve.
La banca dati sarà operativa grazie ad un’apposita piattaforma elettronica affidata ad un soggetto gestore. Ai fini dell’alimentazione della piattaforma sarà definito un protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero del turismo, le Regioni e le province autonome.
Promozione e pubblicità delle locazioni brevi
I titolari delle strutture ricettive, i soggetti che concedono in locazione breve immobili ad uso abitativo ai sensi della normativa vigente in materia, i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e quelli che gestiscono portali telematici per l’offerta di alloggi a fini turistici sono tenuti a indicare il codice identificativo regionale o, in mancanza, il codice alfanumerico di cui all’articolo 1, comma 3, del presente decreto in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza. Il codice deve essere indicato ed esposto in modo tale da garantirne la visibilità e un facile accesso da parte dell’utenza.
Pena l’applicazione di sanzione pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro e in caso di reiterazione della violazione, la sanzione è maggiorata del doppio.