Un recente provvedimento della Cassazione fa il punto su delicati temi come l’evasione fiscale e il diritto allo strumento del gratuito patrocinio o patrocinio a spese dello Stato. Ci riferiamo alla sentenza n. 40477 del 5 ottobre scorso, emessa dalla sezione/collegio 4 della Corte di Cassazione che – di fatto – stabilisce un principio molto importante: la condanna per evasione fiscale, inflitta ad un contribuente, impedisce di ricorrere ad istituto che dà anche ai meno abbienti la possibilità di difendersi di fronte all’autorità giudiziaria, in quanto il compenso del legale che lo supporta in tribunale, rimane a carico dello Stato.
Vediamo allora più da vicino i contenuti dell’appena accennata sentenza, in modo da evidenziare quali limiti individua nei confronti del contribuente evasore. I dettagli.
No al gratuito patrocinio per l’evasore fiscale: la vicenda giudiziaria in breve
La citata sentenza della Cassazione è frutto di un iter, che ha avuto un momento chiave nell’emissione di un’ordinanza del 21 agosto 2019 da parte del Tribunale di Lecco. Con quest’ultima, infatti, il giudice ha rigettato il ricorso proposto da un cittadino contro il provvedimento con cui, circa un anno prima, il giudice unico dello stesso Tribunale aveva risposto negativamente ad una sua domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sul presupposto della presenza di due anteriori condanne definitive per omesso versamento dell’Iva (art. 10-ter, Dlgs n. 74/2000).
Ebbene alla seconda decisione di rigetto, il contribuente condannato per evasione ha fatto ricorso in Cassazione, affermando la violazione degli artt. 76 e 91 del Dpr n. 115/2002, ovvero il noto Testo unico in materia di spese di giustizia.
Il contribuente ha, in particolare, sottolineato che il divieto di ricorso al gratuito patrocinio, che scaturisce dalla condanna per il reato di violazione delle norme in tema di imposte sul reddito e IVA, potrebbe valere:
- soltanto nelle ipotesi nelle quali il procedimento giudiziario, in cui è domandata l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, abbia ad oggetto proprio l’accennata categoria di reati,
- e non già nei distinti casi in cui l’istante sia, invece, indagato o imputato per illeciti penali di diversa natura.
Nel caso concreto finito all’attenzione della Cassazione, il ricorrente era indagato per lesioni personali.
La sentenza della Cassazione
La Suprema Corte ha deciso di dichiarare non fondato il ricorso, di fatto rigettandolo. Ma al di là della vicenda personale del ricorrente, spicca il principio che emerge dalla sentenza e che costituisce orientamento per casi analoghi.
In buona sostanza, afferma la Cassazione, chi si trova di fronte a una condanna definitiva per evasione fiscale viene presunto come abbiente – salvo prova contraria. Di conseguenza non ha diritto ad accedere al gratuito patrocinio, chi sia stato condannato per reati legati alla violazione delle norme sulle imposte sui redditi e sull’Iva. La presunzione, infatti, indica il superamento del limite di reddito per accedere al patrocinio a spese dello Stato.
Nella sentenza citata, questo giudice ha anche rimarcato che, dopo le modifiche intervenute con il decreto Crescita del 2019 al Dpr 115/2002, la presunzione di superamento del reddito, legata a reati fiscali si applica soltanto a chi è stato condannato in via definitiva, e non per semplici indagati o imputati. Ed è proprio il caso del ricorrente.
Il rilievo della prova contraria
Inoltre, la Cassazione ha chiarito che il condannato per reati fiscali è gravato da una presunzione di superamento del limite di reddito, che può essere vinta esclusivamente con prova contraria. Ed attenzione: in ipotesi di procedimenti, aventi ad oggetto reati commessi in violazione delle norme sulla repressione dell’evasione delle imposte sui redditi e sull’Iva, si verifica la preclusione assoluta all’ammissione al beneficio. Pertanto in quest’ultimo caso il gratuito patrocinio è sempre escluso.
Conclusioni
Alla luce della sentenza vista finora, per la Corte di Cassazione è da ritenersi legittimo il provvedimento di rigetto dell’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio, domandato da chi sia già stato condannato ad una sanzione irrevocabile per un reato fiscale. Nel caso specifico analizzato dalla Corte, l’individuo aveva già subìto una condanna definitiva per reato fiscale, con annessa presunzione di superamento del limite di reddito.
Ebbene, in giudizio non è stato in grado di dare la prova contraria – mediante l’allegazione di concreti elementi idonei a superarla – e, conseguentemente, la sua domanda è stata respinta.