Le criptovalute (o criptomonete) rappresentano una modalità alternativa di possesso di valore rispetto alla classifica valuta tradizionale e la loro detenzione potrebbe far sorgere specifici obblighi nei confronti del Fisco.
Il semplice possesso di monete virtuali (le più famose sono i Bitcoin), deve essere pertanto oggetto di dichiarazione dei redditi? Quando è necessario assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale? Come va verificata la giacenza media annua? C’è differenza tra cessioni a termine e cessione a pronti?
A queste e ad altre domande risponderemo nella presente guida.
Le criptovalute nel contesto nazionale: è valuta estera
L’Agenzia delle entrate ha avuto modo di affrontare il corretto trattamento fiscale delle criptovalute o valute virtuali in pochi documenti di prassi. I più recenti sono la risoluzione n° 72/e 2016 e la 788/2021.
In tali documenti di prassi, l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di chiarire che:
la moneta “virtuale” è utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale ed emessa dall’Autorità monetaria, la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori che decidono di utilizzarla.
A livello tecnico, le criptovalute si identificano attraverso codici digitali criptati. Lo scambio tra gli utenti avviene attraverso applicazioni software specifiche. La loro conservazione avviene generalmente, in “portafogli elettronici” (c.d. wallet).
Come avviene il trattamento fiscale delle criptovalute
Lo spunto sul corretto trattamento fiscale delle criptovalute è la sentenza della Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, causa C-264/14.
In base ai principi espressi con tale sentenza:
tali operazioni rientrano tra le operazioni “relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio” di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE.
In considerazione di ciò, la tassazione soggiace alle regole generali che disciplinano le operazioni di scambio delle valute tradizionali. Scambi che avvengono al di fuori dell’attività d’impresa.
Da qui, sulla base delle previsioni di cui all’art. 67 del DPR 917/86, TUIR, comma 1, lettera c-ter) e comma 1-ter), è corretto affermare che:
- le cessioni a termine di valute virtuali rilevano sempre fiscalmente,
- mentre le cessioni a pronti generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa.
Attenzione, sulle cessioni a pronti (scambio contestuale valuta su valuta), se la valuta ceduta deriva da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso.
Qualora non risulti integrata la suddetta condizione, non si rendono deducibili neppure le minusvalenze eventualmente realizzate.
Cos’è la giacenza media e come si verifica
Come va verificata la giacenza media ossia il valore di 51.645,69?
Ebbene, qui le indicazioni operative sono state messe nero su bianco sempre nei sopra citati documenti di prassi.
Nello specifico, il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione (cfr. circolare 24 giugno 1998, n. 165).
Da qui:
- tenuto conto che manca un prezzo ufficiale giornaliero cui fare riferimento per il rapporto di cambio tra la valuta virtuale e l’euro all’inizio del periodo di imposta,
- il contribuente può utilizzare il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la valuta virtuale o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove effettua la maggior parte delle operazioni.
Attenzione, la giacenza media si riferisce all’insieme dei portafogli detenuti dal contribuente. Siano essi wallet paper, hardware, desktop, mobile, web).
Criptovalute in dichiarazione dei redditi 2022
Individuato il corretto trattamento fiscale, per determinate la plusvalenza per i prelievi dai wallet che hanno superato la predetta giacenza si utilizza il metodo Lifo. Dunque, si deve utilizzare il costo di acquisto considerando cedute per prime le valute acquisite in data più recente.
Il reddito ossia la plusvalenza, se percepito da una persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, è soggetto ad imposta sostitutiva del 26%. ( articolo 5 del d.lgs. n. 461 del 1997). Le valute virtuali non scontano Ivafe. Il riferimento è all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE).
La plusvalenza va indicata nel quadro RT del modello Redditi.
Gli obblighi di monitoraggio fiscale
La detenzione di criptovalute è anche oggetto di obbligo di monitoraggio fiscale (ex D.L. 167/1990).
Infatti, l’art.4 del decreto citato prevede che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi.
L’obbligo sussiste anche per le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti. Si veda a tal fine la circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E (paragrafo 1.3.1.)
Anche per le criptovalute sussiste tale obbligo; in considerazione del fatto che le stesse costituiscono attività
estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
L’obbligo di monitoraggio fiscale è assolto tramite la compilazione del quadro RW. Nello specifico:
- nella colonna 3 del quadro RW va indicato come codice di “individuazione del bene” il codice 14 (Altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali),
- senza compilare la colonna 4 “Codice Paese estero”.
L’omessa compilazione può essere oggetto di ravvedimento operoso.
Ulteriori precisazioni
Per compilare correttamente il quadro RW, il controvalore in euro della valuta virtuale, detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento, deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale.
Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno.
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