Come è noto, l’Agenzia delle Entrate ha l’essenziale ruolo di esercitare le funzioni connesse alla gestione, all’accertamento, al contenzioso e alla riscossione dei tributi, ma non soltanto. L’Amministrazione finanziaria spesso pubblica risposte contenute in documenti ad hoc, che chiariscono alcune questioni pratiche di rilievo per i contribuenti in una vera e propria attività di consulenza giuridica. Si tratta delle cosiddette risposte ad interpello e, con una di esse, ovvero la n. 274 del 4 aprile 2023, l’Agenzia ha dato utili delucidazioni in campo di Buoni mobilità erogati ai lavoratori dipendenti che utilizzano la bicicletta per il percorso casa– lavoro (da non confondere con il bonus biciclette).
Più nel dettaglio, con detta risposta le Entrate fanno luce in tema di riconoscimento ed effetti dei cosiddetti voucher mobilità a favore dei lavoratori, aventi la sede del luogo di lavoro nel territorio del proprio Comune e che usino la bicicletta per il tragitto casa-ufficio su adesione – da parte dei rispettivi datori di lavoro – di un accordo di mobility management. Vediamo allora da vicino che cosa ha indicato l’Agenzia e qual è il rilievo della risposta ad interpello citata.
Buoni mobilità per chi va a lavoro in bicicletta: il contesto di riferimento
Lo spunto per la risposta delle Entrate è stato dato dall’istante, un ente che vuole assegnare ai suoi lavoratori un rimborso per il pagamento delle utenze domestiche nel limite di 600 euro, come indicato dal decreto Aiuti bis. Non dimentichiamo infatti che l’art. 12 del DL numero 115/2022 ha infatti aumentato da 258,23 euro a 600 euro il tetto dei fringe benefit, inserendo anche gli importi connessi al pagamento delle utenze domestiche. Rimarchiamo che i fringe-benefit non fanno parte della formazione di reddito da lavoro subordinato, entro il limite d’importo di 600 euro nel periodo d’imposta di riferimento (soglia defiscalizzata)
Ebbene, l’istante domanda se l’ammontare dei buoni mobilità, riconosciuti dal Comune, faccia o meno parte nel calcolo dei fringe benefit.
La risposta ad interpello è di evidente rilievo sul piano fiscale. Non dimentichiamo infatti che ai sensi del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), è presupposto di tassazione il ‘possesso di redditi’, in denaro o in natura, facenti parte delle categorie tassativamente indicate nell’art. 6 del Testo, ovvero redditi:
- fondiari;
- di capitale;
- di lavoro subordinato;
- di lavoro autonomo;
- d’impresa;
- diversi.
Ne consegue che laddove vi sia un arricchimento patrimoniale del contribuente non rientrante in una delle appena citate categorie reddituali, questo arricchimento non è assoggettabile a imposizione diretta e dunque, di fatto, a tassazione.
Cosa sono i buoni mobilità
Ribadiamo che i buoni mobilità, riconosciuti dal Comune, sono rivolti ai lavoratori dipendenti di aziende ed enti pubblici e privati con sede di lavoro nel territorio del Comune, i quali si servono di una bicicletta per il tragitto casa-lavoro e lavoro-casa, evitando dunque l’utilizzo di un mezzo a motore a due o quattro ruote.
Nel caso in oggetto i buoni mobilità fanno parte di un bando comunale che segue una delibera della Giunta regionale. Ebbene, come chiarito dall’Agenzia, i buoni mobilità non trovano la propria origine e giustificazione nel rapporto di lavoro subordinato in essere tra il beneficiario e il datore di lavoro, e non costituiscono reddito di lavoro dipendente o assimilati.
I buoni mobilità rientrano tra i fringe benefit? La risposta delle Entrate
Ebbene, i buoni mobilità a favore dei lavoratori subordinati che usano la bicicletta per il percorso casa- lavoro e lavoro-casa:
- non si fondano nel rapporto di lavoro dipendente in essere tra il dipendente beneficiario e il datore di lavoro,
- ma specificamente nella promozione da parte del Comune di comportamenti virtuosi da parte dei cittadini, negli spostamenti giornalieri casa-lavoro, compatibili con obiettivi di sostenibilità ambientale.
Questo è in sintesi quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 274 del 4 aprile 2023. Non essendo considerabile dunque un emolumento in denaro dato al dipendente a causa del rapporto di lavoro, il contributo non potrà essere ricondotto tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati.
In altre parole, il buono mobilità è un incentivo chilometrico a favore di cittadini lavoratori non considerabile un fringe benefit aziendale, ma piuttosto versato nell’ambito delle politiche regionali e comunali per la promozione di spostamenti rispettosi dell’ambiente.
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Conclusioni
Il contributo in oggetto, non configurandosi emolumento in denaro dato al dipendente per il rapporto di lavoro in essere, non è riconducibile né tra i redditi di lavoro subordinato o assimilati di cui agli articoli 49 e 50 TUIR, né in nessuna delle differenti categorie reddituali di cui all’art. 6 dello stesso Testo Unico. Di conseguenza l’ammontare del bonus mobilità non rientra nel calcolo del limite previsto dal comma 3 dell’art. 51 del TUIR, sulla scorta del quale è calcolato il tetto massimo dei fringe benefit. Pertanto le relative norme non possono ad esso applicarsi.
Ribadiamo che, con la risposta ad interpello n. 274 del 4 aprile scorso, le Entrate hanno dunque chiarito che i buoni mobilità – riconosciuti dal Comune ai cittadini dipendenti di imprese ed enti pubblici e privati – non rientrano tra i citati fringe benefit, ovvero non debbono essere conteggiati nel relativo limite e non concorrono a formare reddito imponibile.