Niente agevolazioni prima casa per il contribuente che al momento dell’acquisto non dichiara di rispettare i requisiti per beneficiare dello sconto fiscale. Le maggiori imposte versate non possono essere recuperare neanche tramite richiesta di rimborso all’Agenzia delle entrate.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23292 del 26 luglio 2022.
Agevolazioni prima casa: cosa sono in breve
In applicazione delle agevolazioni prima casa, nota 2-bis, articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al DPR 131/1986, se la vendita dell’immobile non è soggetta ad Iva, il contribuente paga:
- imposta di registro al 2% (anziché 9%) con un minimo di 1.000 euro;
- imposta ipotecaria e catastale pari a 50 euro.
Non è dovuta l’imposta di bollo.
In caso di trasferimento soggetto ad Iva (iva al 4% anziché al 10%), il contribuente paga: le imposte di registro, ipotecaria e catastale, ciascuna nella misura fissa di 200 euro. Oltre all’imposta di bollo per 230 euro.
Proprio sulle agevolazioni prima casa, si è pronunciata la Corte di Cassazione con l’ordinanza 23292 del 26 luglio 2022.
Agevolazioni prima casa per gli immobili all’asta
Oggetto di giudizio è il diniego di rimborso da parte dell’Agenzia delle entrate della maggiore imposta di registro versata per un immobile acquistato all’asta come da decreto di trasferimento emesso dal tribunale competente. In particolare, pur possedendo i requisiti per richiedere le agevolazioni «prima casa», l’acquirente ha omesso di dichiararli sia in sede di aggiudicazione, sia alla registrazione del decreto di trasferimento.
Successivamente, il contribuente aveva presentato istanza di rimborso all’Agenzia delle entrate per ottenere la differenza tra l’imposta di registro versata, il 9% e quella effettivamente dovuta, il 2%. Da qui il diniego da parte del Fisco.
In primo e secondo grado, il contribuente ha avuto la meglio, tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha presentato ricorso per Cassazione.
L’ordinanza n. 23292 del 26 luglio 2022
La norma sopra citata che regola le agevolazioni prima casa, prevede espressamente che colui che intende beneficiare dei connessi sconti fiscali, deve dichiarare tra l’altro di non essere titolare esclusivo, o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile che intende acquistare.
Tali dichiarazioni vanno rilasciate al momento dell’acquisto dell’immobile. Il contribuente in questione invece ha omesso di dichiarare il possesso dei requisiti sia in sede di aggiudicazione, sia alla registrazione del decreto di trasferimento.
Secondo la Corte di Cassazione,
le prescritte manifestazioni di volontà vanno dunque rese, attenendo ai presupposti dell’agevolazione, anche quando il contribuente intenda far valere il proprio diritto all’applicazione dei relativi benefici rendendosi acquirente in sede di vendita forzata; in tal caso egli dovrà provvedere a rendere le anzidette dichiarazioni prima della registrazione del decreto di trasferimento del giudice dell’esecuzione, che costituisce l’atto al quale va riconosciuta efficacia traslativa della proprietà del bene» (cfr. Cass. nn. 11907/2018, 635/2017, 2261/2014 e 9569/2013).
In parole più semplici, le suddette dichiarazioni devono essere rilasciate per norma nell’atto di acquisto dell’immobile. In loro mancanza, non è possibile recuperare a posteriori la maggiore imposta versata.
Difatti, la Corte di Cassazione supera le sentenze espresse in primo e secondo grado, dando ragione all’Agenzia delle entrate che aveva negato il rimborso.