Cos’è il TFR? Come si calcola il trattamento di fine rapporto? La cosiddetta liquidazione o buona uscita è un argomento molto importante per lavoratori e datori ed è quindi conoscere bene come funziona questo aspetto fondamentale della retribuzione.
Partiamo dal presupposto che quando un rapporto di lavoro termina, sia per licenziamento che per dimissioni o anche per fine contratto a termine, il datore di lavoro è tenuto a versare al lavoratore le cosiddette spettanze di fine rapporto; tra queste troviamo: le ferie e i permessi residui, i ratei di tredicesima e eventuale quattordicesima maturati e, ancora più importante, il trattamento di fine rapporto.
In questa guida andiamo quindi ad approfondire tutti i punti salienti di questa spettanza di fine rapporto; partiremo dalla definizione, per passare poi per la maturazione e il calcolo e per finire alla tassazione e al pagamento.
Trattamento di Fine Rapporto (TFR): cos’è
Il TFR è quindi una somma che spetta ai lavoratori subordinati, siano essi a tempo indeterminato o determinato, part-time o full-time e anche con altri contratti atipici (tipo a chiamata) in tutti i casi di cessazione del rapporto.
A stabilirlo è il Codice Civile (art. 2120); questo recita testualmente:
“in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto”.
Lo stesso art. 2120 ne fissa anche le regole base per il calcolo.
Per definire il TFR dobbiamo per prima cosa distinguere tra retribuzione “corrente” e “differita”. La prima categoria comprende tutti quegli importi (paga base, straordinari, indennità varie) che maturano in ogni mese di paga e il datore di lavoro paga tutti i mesi (ovviamente dopo aver sottratto contributi e tasse). Ad esempio: retribuzione di Settembre 2018 corrisposta nello stesso mese o al termine dello stesso cioè ad Ottobre.
Leggi anche: Anticipo TFR: richiesta, calcolo e disciplina
La retribuzione “differita” matura comunque ogni mese (o ogni anno), come quella corrente, ma a differenza di quest’ultima viene corrisposta in un secondo momento, anziché nel mese stesso di maturazione o in quello successivo.
L’esempio classico della retribuzione differita è la liquidazione che viene riconosciuta solo alla cessazione del rapporto, ma matura mensilmente. Di conseguenza, possono trascorrere mesi se non o addirittura anni, tra la maturazione della liquidazione e la sua erogazione. Riprendendo l’esempio precedente: il TFR maturato nel 2018 non viene erogato a Dicembre 2018 o a Gennaio 2019, ma solo alla cessazione del rapporto, che può avvenire anche a distanza di anni.
Tutto ciò premesso il Trattamento di Fine Rapporto ( TFR) è una somma di denaro corrisposta al lavoratore nel momento in cui termina il rapporto di lavoro, ma il cui diritto matura mensilmente durante tutto l’arco della vita lavorativa presso lo stesso datore di lavoro.
Come si calcola il TFR
La maturazione del TFR, come detto, avviene ogni anno. Per calcolare l’importo giunge in soccorso l’articolo 2120 del Codice Civile. La quota di TFR che il dipendente matura annualmente si ottiene dividendo la somma delle retribuzioni mensili per un parametro che il Codice fissa a 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni.
Esempio: nel 2018 la somma delle retribuzione mensili prese a riferimento per la liquidazione è pari ad euro 18.000,00. La quota TFR che il dipendente maturerà nel 2018 sarà pari a 18.000,00 / 13,5 = 1.333,33 euro.
Leggi anche: Calcolo TFR: rivalutazione e tassazione, cosa c’è da sapere
Qual è la retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR
A determinare la retribuzione annua di riferimento per il calcolo del TFR (che dovrà poi essere divisa per 13,5) è sempre l’articolo 2120 del Codice Civile. Sono comprese tutte le somme con le seguenti caratteristiche:
- Corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro;
- A titolo non occasionale;
- Escluso quanto riconosciuto a titolo di rimborso spese.
Possono essere considerati anche i fringe benefits, come il valore dell’autovettura o dell’alloggio assegnati al dipendente.
Se, tuttavia, il contratto collettivo specifica quali elementi rilevano ai fini della retribuzione di riferimento per il TFR, il datore deve attenersi a questi criteri, anziché a quanto prescritto dall’articolo 2120.
Il CCNL Commercio ad esempio esclude dal computo, tra gli altri:
- Rimborsi spese;
- Somme concesse occasionalmente a titolo di una tantum;
- Indennità di trasferta e diarie non aventi carattere continuativo.
Cos’è il contributo addizionale
Il contributo addizionale al trattamento di fine rapporto è pari allo 0,50% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, ed è destinato al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti. Una volta stabilito l’importo del contributo questo viene trattenuto dalla quota TFR accantonata nell’anno.
Riprendendo l’esempio precedente al TFR maturato nel 2018 pari ad euro 1.333,33 dovrà essere trattenuto lo 0,50% dell’imponibile previdenziale dell’anno (ipotizziamo pari ad euro 20.000).
Di conseguenza quanto il dipendente ha accantonato nel 2018 sarà pari a:
- euro 1.333,33 – (20.000 * 0,50%) = 1.233,33.
Leggi anche: Tassazione TFR: come si calcola
Trattamento di Fine Rapporto: come si applica la rivalutazione
Quanto accantonato dal dipendente ogni anno è soggetto a rivalutazione. Essa consiste nell’applicare uno specifico tasso (costituito da una quota fissa per legge all’1,5% e un’altra variabile stabilita dall’Istat) al TFR maturato al 31 dicembre dell’anno precedente quello in cui la rivalutazione è calcolata.
Esempio: nel mese di dicembre 2019 (o prima se il rapporto cessa anzitempo) si dovrà calcolare la rivalutazione sul TFR maturato al 31/12/2018. Nel 2020 quella relativa alla liquidazione maturata al 31/12/2019 e così via.