Dopo la proposta di Renzi di inserire il TFR in busta paga dal prossimo anno, imperversa su tutti i media il dibattito sulle reali conseguenze di questa operazione, che ovviamente porterebbe ad una lunga serie di vantaggi e svantaggi per i lavoratori, le imprese e l’economia reale.
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Proprio questo acceso dibattito ha indotto la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro a produrre il parere n.3/2014 per chiarire tutti i passaggi tecnici della proposta, illustrando il bacino d’utenza, l’ammontare della somma da percepire e le criticità legate alle coperture finanziare e agli equilibri pensionistici.
L’anticipo del TFR in busta paga riguarderebbe circa 12 milioni di lavoratori
La proposta del Governo di anticipare il Tfr in busta paga dovrebbe riguardare esclusivamente i dipendenti del settore privato, ovvero circa 12 milioni di lavoratori rispetto agli oltre 3 milioni del settore pubblico.
La tassazione separata del TFR
Il Tfr, sia che venga corrisposto al termine del rapporto sia che venga in parte anticipato durante il rapporto, gode di un’agevolazione fiscale e previdenziale. La prima riguarda un regime di tassazione agevolata che va dal 23 al 25% della somma percepita; la seconda è invece la totale esenzione, in quanto la somma del Tfr non alimenta il trattamento pensionistico dei lavoratori.
In busta paga dai 40 agli 82 euro al mese
Secondo i calcoli effettuati dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro questa proposta del Governo metterebbe nelle buste paga dei lavoratori circa 40 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 50%), circa 62 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 75%) e circa 82 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 100%). Se si decidesse di mantenere l’odierna agevolazione fiscale, l’ammontare mensile varierebbe di circa 5 euro in eccesso.
Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro. Parere 3-2014 (117,0 KiB, 1.025 hits)
Fonte | Fondazione Studi Consulenti del Lavoro