La normativa riconosce al dipendente in malattia il diritto di conservare il posto di lavoro per un periodo definito “di comporto” durante il quale l’azienda può licenziarlo solo per motivi di una certa rilevanza, ma quali sono le conseguenze per il superamento del periodo di comporto?
Lo schermo protettivo del comporto prevede che si possa licenziare il lavoratore durante questo periodo di malattia solo per giusta causa o giustificato motivo dovuto a sopravvenuta impossibilità nel rendere la prestazione ovvero per cessazione totale dell’impresa. Vediamo nel dettaglio cosa dice la normativa a riguardo, ma prima vediamo in breve quanto dura il comporto per operai e impiegati.
Periodo di comporto malattia per operai e impiegati
Questo periodo protetto ha una durata prefissata:
- dalla legge per quanto riguarda gli impiegati (eccezion fatta condizioni di miglior favore da parte dei contratti collettivi);
- dal contratto collettivo applicato se si tratta di operai.
Il periodo di comporto impiegati ha una durata pari a 3 mesi quando l’anzianità di servizio non supera i dieci anni, elevati a 6 per chi è in azienda da più di dieci anni.
Per gli operai, come detto, il calcolo e la durata del comporto sono fissati dal contratto collettivo, che può estendere la sua efficacia anche nei confronti degli impiegati se contiene previsioni di maggior favore. Il CCNL Commercio e Terziario – Confcommercio prevede ad esempio la conservazione del posto per 180 giorni in un anno solare.
Comporto secco o frazionato
I CCNL possono calcolare il periodo di comporto in due modi:
- Comporto “secco” se il periodo di conservazione del posto è riferito ad un unico e ininterrotto evento di malattia;
- Comporto “frazionato” se si considerano i periodi di malattia verificatisi in un determinato arco di tempo.
Leggi anche: Periodo di comporto per malattia: significato e regole
Superamento del periodo di comporto: cosa succede
Una volta giunti al termine del comporto l’azienda ha due opzioni:
- Proseguire nel rapporto di lavoro;
- Interromperlo.
Vediamo nello specifico cosa accade.
Licenziamento per superamento del comporto
Raggiunto il periodo di comporto l’azienda può decidere di licenziare il dipendente per giustificato motivo oggettivo. Gli adempimenti sono gli stessi previsti per i normali licenziamenti. Questo significa che il recesso dev’essere comunicato al dipendente nel rispetto del periodo di preavviso disciplinato dal CCNL applicato.
Il preavviso è il lasso di tempo che intercorre tra la comunicazione di licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro. Il preavviso pertanto decorre dalla data in cui il dipendente riceve materialmente la lettera di licenziamento, per le cui modalità di consegna è bene ricorrere alla raccomandata a mano firmata per ricevuta e datata dal lavoratore.
La cessazione del rapporto dev’essere altresì comunicata al Centro per l’impiego con invio del modello Unilav entro cinque giorni che decorrono dall’ultimo lavorato.
Lettera di licenziamento per superamento del comporto
La lettera di licenziamento è probabilmente l’adempimento più importante. In primis per l’obbligo di comunicare il recesso in forma scritta Inoltre, per stabilire con certezza i tempi del preavviso e per qualificare correttamente il licenziamento come superamento del periodo di comporto.
Nella lettera dev’essere infatti specificato che trattasi di licenziamento per superamento del periodo di comporto, fissato dal contratto collettivo applicato (è bene indicare quale articolo se ne occupa).
Con riguardo all’indicazione dei motivi del recesso, la giurisprudenza di Cassazione è divisa:
- Secondo un primo pensiero, è necessario riportare i singoli giorni di assenza per malattia;
- Secondo un diverso orientamento è sufficiente riportare i giorni totali di assenza posto che il dipendente ha già perfetta conoscenza dei periodi in cui non è stato presente perché malato.
In via prudenziale si consiglia di specificare i singoli giorni di assenza e verificare che gli stessi siano comprovati da certificati medici cartacei ovvero da quelli telematici presenti sul sito INPS o pervenuti all’azienda via PEC.
Quando intimare il licenziamento
L’azienda non è tenuta a comunicare il licenziamento prima ancora che il dipendente sia rientrato in servizio e la malattia sia terminata. Il datore può anche attendere il ritorno dall’assenza e sperimentare in concreto se il dipendente può essere riutilizzato all’interno del ciclo produttivo; o, al contrario, se non esiste altra soluzione al di fuori del licenziamento.
Tuttavia, la decisione di interrompere il rapporto dev’essere tempestiva, pur ammettendo che l’azienda si prenda il tempo necessario per valutare attentamente:
- Il numero delle assenze così da accertare se risultato superato il periodo di comporto fissato dal CCNL;
- L’interesse a proseguire il rapporto di lavoro.
L’inerzia prolungata del datore di lavoro unita a comportamenti incompatibili con la volontà di cessare il rapporto di lavoro è equiparata, secondo la Cassazione, ad una rinuncia ad intraprendere la strada del licenziamento.
Sempre a parere della Cassazione spetta al dipendente provare che l’intervallo di tempo tra il superamento del comporto e la comunicazione del licenziamento è stato di durata tale da ritenersi una tacita rinuncia dell’azienda ad interrompere il rapporto.
E’ illegittimo per la Cassazione il licenziamento per superamento del comporto se in un primo momento l’azienda ha riammesso in servizio il dipendente e solo successivamente l’abbia licenziato.
Superamento del comporto malattia: cosa non deve fare l’azienda
Nei casi di licenziamento per superamento del comporto, l’azienda, a differenza degli altri casi di interruzione del rapporto, non deve intraprendere un’azione disciplinare né indicare nella lettera i motivi che giustificano il recesso.
Il datore non ha nemmeno l’obbligo di avvertire il dipendente dell’imminente scadenza del comporto.
Al di fuori dei casi di superamento del comporto, il licenziamento intimato per il solo perdurare della malattia o dell’infortunio è nullo.
Adempimenti successivi al licenziamento: ticket licenziamento
Nei casi di licenziamento di un dipendente a tempo indeterminato per superamento del comporto l’azienda è tenuta a versare all’INPS con modello F24 euro 500,79 per ogni di lavoro svolto fino ad un massimo di 3 anni, equivalenti a 1.502,37 euro.
Il contributo prende il nome di “ticket licenziamento” ed ha la funzione di finanziare l’INPS per l’erogazione dell’indennità di disoccupazione NASPI. A prescindere dal fatto che il licenziato usufruisca o meno la prestazione di disoccupazione.
La scadenza per il versamento è il secondo mese successivo quello del licenziamento e in caso di periodi di lavoro inferiori all’anno. Il contributo può essere riproporzionato in dodici quote mensili pari ad euro 41,73 / mese (500,79/12); con le frazioni di mese superiori ai 15 giorni che si considerano come mese intero. L’importo non subisce alcuna riduzione se il rapporto di lavoro è part-time.
La scelta di non licenziare
Al termine del periodo di comporto l’azienda può anche optare per proseguire il rapporto di lavoro. Pertanto il lavoratore non subisce alcuna conseguenza a seguito della prolungata malattia.