Nel diritto del lavoro lo sciopero si identifica con l’astensione dal lavoro volontaria attuata come forma di protesta da parte dei lavoratori. Al contrario, la serrata è un’iniziativa dell’imprenditore e consiste nella sospensione totale o parziale dell’attività produttiva con conseguente rifiuto di ricevere le prestazioni lavorative generalmente al fine di imporre proprie decisioni.
Mentre per le ore di sciopero il dipendente non viene pagato, discorso diverso per la serrata in cui spetta comunque la retribuzione. Ma cosa accade ai lavoratori che scioperano e cosa può fare il datore di lavoro in questi casi? Vediamo cosa prevede la legge andando ad analizzare le fonti del diritto, la definizione ed i limiti imposti dalla normativa.
Il diritto di sciopero dei lavoratori
Il diritto di sciopero è un diritto costituzionalmente garantito, anche se è regolato e limitato dalla Legge; esso infatti trova fondamento nella Costituzione Italiana che all’art. 40 recita:
Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.
Se a una parte quindi si definisce il diritto di sciopero, dall’altra si tutela il datore di lavoro e gli interessi collettivi attraverso una regolamentazione di questo diritto attraverso apposite leggi; si pensi ad esempio alla disciplina del diritto di sciopero nell’ambito dei servizi pubblici essenziali (ospedali, trasporti, sicurezza ecc.).
Generalmente si tratta di una astensione collettiva dal lavoro promossa dai sindacati; tuttavia è plausibile e accettato anche lo sciopero proclamato da piccoli gruppi di lavoratori accomunati dagli stessi interessi e senza intervento del sindacato. Lo scopo dello sciopero dei lavoratori è quello di esercitare una pressione sul datore di lavoro, per ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative anche rispetto a quelle disciplinate dal CCNL.
Cosa accade ai lavoratori che scioperano?
La conseguenza principale per i lavoratori che scioperano è il mancato pagamento delle ore (o giorni) corrispondenti all’intera durata della protesta. Questo ha effetti anche su altri istituti, in quanto considerate al pari delle assenze ingiustificate per via della mancata prestazione senza un motivo valido (ferie, permessi, malattia ecc.). I periodi di sciopero non sono inoltre utili alla maturazione di:
- Ferie;
- Tredicesima e mensilità aggiuntive.
Le ore di astensione sono invece valide per il conteggio dei periodi in cui il dipendente è stato in forza in azienda (elemento chiave per il calcolo di quell’elemento della retribuzione che va sotto il nome di scatto di anzianità).
Eccezion fatta per i servizi pubblici essenziali (di cui si parlerà poi) non esistono adempimenti particolari per la proclamazione dello sciopero. Discorso identico per il preavviso al datore: non è di per sé requisito di legittimità dello sciopero ma per correttezza viene rispettato, soprattutto quando la sua mancanza può determinare situazioni di pericolo per l’azienda o le persone.
Cosa può fare il datore in caso di sciopero?
La reazione del datore allo sciopero non può essere quella di impedirne la realizzazione, posto che in questo caso lo stesso si renderebbe colpevole di condotta antisindacale (che porterebbe a un ordine da parte del giudice di cessazione immediata del comportamento illegittimo).
Allo stesso modo, la partecipazione allo sciopero non è di per sé motivo che legittima il datore dal procedere al licenziamento. E’ nullo infatti l’eventuale licenziamento determinato dal coinvolgimento del lavoratore in attività sindacali o comunque in iniziative dirette a far valere posizioni e rivendicazioni da parte del personale (come può essere lo sciopero). In questo caso l’onere di provare la natura illecita del licenziamento grava sul lavoratore.
La Cassazione (sentenza n. 8401/1987) ha avallato, quale forma di reazione del datore, l’utilizzo temporaneo di personale interno non aderente allo sciopero o il ricorso a straordinari da parte degli stessi. E’ invece vietata dalla legge (Dlgs. n. 81/15) l’attivazione di rapporti a tempo determinato, intermittente, o di somministrazione di lavoro, per la sostituzione di lavoratori in sciopero.
Come funziona lo sciopero nei servizi pubblici essenziali
Il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali è regolato da apposita norma di legge (L. n. 146/90). Si intendono servizi pubblici essenziali:
- Servizi relativi alla tutela della vita, sicurezza, libertà e ambiente, quali ad esempio sanità, igiene pubblica, raccolta rifiuti;
- Libertà di circolazione, che comprende i trasporti pubblici, ferroviari, aerei e marittimi (solo quelli di collegamento con le isole);
- Previdenza e assistenza sociale;
- Istruzione;
- Libertà di comunicazione, come poste e telecomunicazioni.
All’interno dei settori citati, la proclamazione dello sciopero è soggetta a un preciso iter procedurale:
- Preavviso al datore almeno 10 giorni prima dello sciopero;
- Chi promuove lo sciopero deve comunicarne durata, modalità di attuazione e motivazioni al datore, all’autorità competente e alla Commissione di garanzia;
- Devono essere garantite le prestazioni indispensabili;
- Preavviso all’utenza (si pensi allo sciopero dei trasporti pubblici) almeno 5 giorni prima dell’astensione.
I lavoratori che si rendono responsabili di un’astensione dal lavoro senza rispettarne gli adempimenti citati o che si rifiutino di garantire le prestazioni essenziali, incorrono in sanzioni disciplinari (escluso comunque il licenziamento o comunque mutamenti definitivi del rapporto). Eventuali somme trattenute ai lavoratori a titolo di sanzioni pecuniarie devono essere versate all’INPS (Gestione Assicurazione Obbligatoria contro la disoccupazione involontaria).
Cos’è la serrata e quali sono i suoi effetti
La serrata, come anticipato in premessa, indica la chiusura di un’impresa all’utilizzo della manodopera. Con questa forma di protesta l’azienda non accetta la prestazione lavorativa offerta dai suoi dipendenti al fine di esercitare una pressione su di essi.
Gli effetti economici della serrata sono diversi rispetto allo sciopero. Se quest’ultimo è un diritto previsto dalla Costituzione, lo stesso non può dirsi della serrata. Di conseguenza, il rifiuto del datore di ricevere le prestazioni offerte dai dipendenti, costituisce un inadempimento contrattuale tale per cui per il periodo di serrata è dovuta comunque la retribuzione.
Secondo la Cassazione (sentenza n. 5378/85) è legittima la serrata quando la prestazione è offerta dai lavoratori non aderenti allo sciopero, in alternativa:
- E’ inutilizzabile;
- Comporta pericoli o danni alle persone;
- Pregiudica la capacità produttiva dell’impresa.
E’ stata altresì ammessa dalla Cassazione (sentenza n. 61/1986) la serrata dei reparti non interessati dallo sciopero allorché la produzione ne risulti oggettivamente impossibile.
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