Quali sono i riposi lavorativi e quante ore di riposo ti spettano al lavoratore subordinato? Se sei già esperto in materia dovresti sapere che ognuno ha diritto di astenersi dal lavoro per recuperare le energie psico-fisiche e dedicarsi alla propria vita familiare e sociale.
Questa funzione è garantita:
- Dalle ore di ferie, disciplinate innanzitutto dalla legge con possibilità per la contrattazione di collettiva di intervenire con condizioni di maggior favore;
- Dai permessi retribuiti previsti esclusivamente dalla contrattazione collettiva e finalizzati a ridurre l’orario di lavoro (cosiddetti ROL) o in sostituzione delle festività soppresse (cosiddetti “permessi ex festività”);
- Dai periodi di riposo giornaliero e settimanale.
Riposi lavorativi: giornalieri e settimanali
I riposi lavorativi giornalieri e settimanali sono disciplinati dalla normativa di cui al Decreto legislativo n. 66/2003 che definisce “orario di lavoro” qualsiasi periodo in cui il dipendente è al lavoro, a disposizione del datore e intento ad eseguire le funzioni proprie della mansione assegnatagli. Di conseguenza, durante l’orario di lavoro il dipendente si trova soggetto al potere direttivo ed organizzativo dell’azienda.
Il diritto del dipendente ai riposi giornalieri e settimanali è inderogabile, il ché pone le aziende nella posizione di dover organizzare l’orario di lavoro tenendo conto di queste prescrizioni di legge.
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E’ ammessa tuttavia una certa flessibilità, rappresenta dall’adozione di forme di orario cosiddetto multi-periodale.
Vediamo nello specifico quante ore di riposo spettano al dipendente e come si calcolano.
Riposo giornaliero
La normativa (Decreto legislativo n. 66 del 2003) fissa in 11 ore consecutive ogni 24 il periodo minimo di riposo giornaliero cui ha comunque diritto il dipendente. Tale limite non può essere derogato a seguito di accordi collettivi o individuali.
Le 11 ore si calcolano a ritroso a partire dall’ora di inizio dell’attività. Si cita come esempio il caso di un operaio che per contratto ha un orario dalle 6,00 alle 14,00. Il rispetto delle 11 ore di riposo dev’essere calcolato a ritroso dalle ore 6,00. Ipotizziamo che il turno precedente sia terminato alle ore 18,00. In questo caso risulta rispettato il periodo di riposo giornaliero pari ad 11 ore consecutive.
Il principio della consecutività delle ore di riposo può essere derogato a fronte di attività lavorative frazionate durante la giornata, come possono essere ad esempio gli impiegati che hanno un orario di lavoro dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 14,00 alle 18,00, ovvero per coloro che sono tenuti a rispettare determinate fasce di reperibilità a fronte delle quali peraltro vengono erogate apposite indennità economiche.
Il diritto al riposo giornaliero spetta anche a coloro che sono titolari di più rapporti di lavoro. In questi casi il soggetto deve fornire ai diversi datori ogni informazione utile affinché possa comunque godere delle 11 ore consecutive di astensione.
Riposo settimanale
La legge (sempre Dlgs. n. 66/2003) prevede il diritto del lavoratore ad un riposo settimanale ogni 7 giorni e di durata almeno pari a 24 ore consecutive (che si sommano alle 11 di riposo giornaliero), di regola coincidente con la domenica.
In deroga alla regola principale è possibile, sulla base delle previsioni contenute nel contratto individuale o di successive variazioni di orario, fissare il giorno di riposo in un giorno diverso dalla domenica e non necessariamente ogni 7 giorni. A patto, afferma la legge, che al dipendente vengano riconosciuti 2 giorni di riposo in un arco temporale di 14 giorni.
Il calcolo avviene a ritroso rispetto all’ultimo giorno di riposo goduto. Il diritto ai 2 riposi risulta rispettato se nell’arco temporale di 13 giorni il dipendente ha goduto di un’altra giornata di astensione dal lavoro.
Analizziamo il caso di un lavoratore che abbia fruito del riposo il 15 di aprile. Si dovrà verificare se nell’arco temporale dal 2 al 14 aprile lo stesso soggetto ha goduto di un altro giorno di astensione dal lavoro. In caso positivo risulterà rispettata la normativa.
Come accade per il riposo giornaliero, anche quello settimanale non può essere escluso dalla contrattazione collettiva o individuale.
Se viene adottata la settimana corta, con orario di lavoro dal lunedì al venerdì, il sabato pur non essendo lavorato viene comunque considerata come giornata lavorativa e non può pertanto essere qualificato come giorno di riposo.
Eccezioni al riposo settimanale
La legge ammette una serie di deroghe al principio della periodicità del riposo ogni 7 giorni, della sua coincidenza con la domenica e delle 24 ore consecutive:
- Lavoro distribuito in turni ogni qual volta il dipendente cambia turno e non può usufruire tra la fine di un turno e l’inizio di quello nuovo di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
- Mansioni con periodi lavorativi frazionati durante la giornata;
- Ipotesi previste dai contratti collettivi a patto che non si sovrappongano il riposo giornaliero con quello settimanale.
Orario settimanale
L’azienda nel determinare l’orario di lavoro del dipendente deve tener conto del diritto di quest’ultimo al riposo giornaliero e settimanale.
In particolare, la legge fissa in 40 ore settimanali l’orario normale di lavoro a tempo pieno, concedendo tuttavia alla contrattazione collettiva di stabilire una durata inferiore o superiore ovvero calcolare l’orario normale con riferimento alla media delle prestazioni rese in un periodo non superiore all’anno.
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Orario multi-periodale
L’azienda può ricorrere al cosiddetto orario multi-periodale per far fronte ad esigenze produttive che richiedono in determinati periodi dell’anno un numero di ore superiore o inferiore a quello contrattuale; a patto che la media delle ore di lavoro prestate in un periodo non superiore all’anno corrisponda al suddetto valore. Tempo pieno 40 ore settimanali o quello diverso previsto dal contratto collettivo ovvero inferiore in caso di part-time.
In questo caso, le ore prestate in più non vengono considerate straordinario ma compensate con i periodi di minor lavoro.
La gestione dell’orario multi-periodale è lasciata ai contratti collettivi che disciplinano:
- Il tetto massimo di orario annuo entro cui può realizzarsi la flessibilità;
- La retribuzione riconosciuta (di regola si prevede l’erogazione della normale retribuzione sia per i periodi di maggiore che di minore prestazione);
- La procedura da seguire per l’applicazione dell’orario multi-periodale, dove di norma si richiede un’informativa alle rappresentanze sindacali aziendali sulle ragioni che ne giustificano il ricorso oltre ad un accordo collettivo aziendale sull’organizzazione concreta degli orari.
Nel caso in cui vi siano ore in più non recuperate con periodi di minor lavoro, queste devono essere considerate straordinario con conseguente valorizzazione in busta paga con le maggiorazioni previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.