La fine del mese di agosto rappresenta per molti il rientro al lavoro dopo un periodo di ferie trascorso in Italia o fuori dai confini nazionali. Quest’anno coloro che sono andati all’estero in vacanza devono fare i conti con le prescrizioni imposte dallo Stato Italiano a quanti hanno transitato o soggiornato in Paesi UE o extra-comunitari.
Eccezion fatta per la quasi totalità degli stati membri dell’Unione Europea, l’ingresso in Italia è condizionato ad una serie di prescrizioni volte a contenere il rischio di una seconda ondata di contagi da COVID-19.
Nessuna limitazione è invece prevista per coloro che hanno trascorso le ferie in Italia e si apprestano a fare ritorno nella residenza o domicilio.
Grazie alle indicazioni fornite sul sito del Ministero degli esteri e sul portale dell’unità di crisi della Farnesina www.viaggiaresicuri.it forniremo una guida dettagliata in aiuto di quanti (aziende, lavoratori o professionisti) si apprestano a dover gestire il rientro dalle ferie.
Rientro dalle ferie all’estero: libero accesso
I lavoratori che rientrano da un periodo di ferie all’estero trascorso nei paesi che tra poco elencheremo non necessitano di alcuna autocertificazione o quarantena:
- Stati membri dell’UE quali Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ungheria;
- Paesi dell’area Schengen come Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera;
- Gran Bretagna e Irlanda del Nord;
- Andorra e Principato di Monaco;
- San Marino e Città del Vaticano.
Lo stesso vale per coloro che hanno trascorso le loro ferie entro i confini nazionali.
Rientro in Italia con tampone o quarantena obbligatori
Al contrario, è necessario rispettare alcune prescrizioni per rientrare in Italia, nei confronti di coloro che provengono da Romania e Bulgaria. Previsto un periodo di quarantena per i cittadini che abbiano soggiornato nei suddetti paesi nei 14 giorni precedenti l’arrivo in Italia.
Discorso diverso per chi fa ritorno da Malta, Grecia, Croazia e Spagna. In questi casi l’ingresso è consentito solo dietro presentazione di un’autocertificazione in cui si afferma che nelle 72 ore precedenti l’arrivo in Italia l’interessato si è sottoposto al test COVID-19 a mezzo di tampone con esito negativo.
È fatto inoltre obbligo di informare immediatamente del proprio rientro nel paese il Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio oltre naturalmente a segnalare all’USL l’insorgenza di sintomi.
In alternativa, l’esame si può effettuare all’arrivo in Italia (aeroporto, punto di confine o porto) ovvero entro 48 ore dall’ingresso. In quest’ultimo caso prima di sottoporsi al test è obbligatorio restare isolati presso la propria abitazione.
Stati extra UE / Schengen senza obbligo di motivazione
Possono fare ingresso in Italia senza alcuna motivazione i lavoratori che hanno soggiornato in Australia, Canada, Georgia, Giappone, Nuova Zelanda, Ruanda, Repubblica di Corea, Thailandia, Tunisia, Uruguay.
In questi casi è comunque obbligatoria la quarantena. All’arrivo in Italia è vietato utilizzare i mezzi di trasporto pubblici per raggiungere l’abitazione o il luogo diverso in cui si trascorrerà l’isolamento.
Stati extra UE / Schengen con obbligo di motivazione
Chi ha soggiornato in paesi extra UE o non facenti parte dell’accordo Schengen (non ricompresi tra quelli “a rischio”) può rientrare in Italia solo se ciò è giustificato da:
- Rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza;
- Ragioni di assoluta urgenza;
- Comprovate esigenze lavorative o di studio;
- Motivi di salute.
Obbligatoria comunque la quarantena e il divieto di utilizzare, all’arrivo in Italia, i mezzi di trasporto pubblici per raggiungere l’abitazione o il luogo diverso in cui si trascorrerà l’isolamento.
Paesi extra UE “a rischio”
È vietato l’ingresso in Italia a tutti coloro che nei 14 giorni precedenti abbiano transitato o soggiornato in Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Colombia, Kosovo, Kuwait, Macedonia del nord, Moldova, Montenegro, Oman, Panama, Perù, Repubblica dominicana, Serbia.
Lo stop non si applica ai cittadini (e loro familiari) italiani, di uno stato membro dell’UE o aderente all’accordo Schengen che abbiano residenza anagrafica in data antecedente al 9 luglio 2020, data posticipata al:
- 13 luglio 2020 per coloro che abbiano soggiornato / transitato in Colombia;
- 16 luglio 2020 per coloro che abbiano soggiornato / transitato in Kosovo, Montenegro e Serbia).
Al rientro in Italia è comunque obbligatorio sottoporsi a quarantena, sorveglianza sanitaria e compilare un’apposita auto-dichiarazione in cui indicare la motivazione che ammette l’ingresso sul territorio nazionale. È altresì fatto divieto di raggiungere il luogo di isolamento utilizzando i mezzi di trasporto pubblici.
Divieto di ingresso in Italia
Oltre ai casi appena citati è in ogni vietato l’ingresso in Italia per coloro che sono risultati positivi ai test COVID-19 nei 14 giorni precedenti il viaggio.
Stessa sorte per coloro che negli 8 giorni precedenti il viaggio hanno presentato sintomi da contagio:
- Febbre pari o superiore a 37,5 gradi accompagnata da brividi;
- Difficoltà respiratorie, mal di gola, raffreddore o tosse recente;
- Perdita improvvisa dell’olfatto o del gusto;
- Diarrea.
Da ultimo, è precluso l’ingresso a coloro che nei 14 giorni precedenti il viaggio siano entrati in contatto a meno di 2 metri e per più di 15 minuti con casi confermati di COVID-19.
Quarantena e indennità di malattia
Come ha ricordato l’INPS con il messaggio n. 2584 del 24 giugno 2020 i periodi di quarantena sono equiparati alla malattia e danno diritto, ai lavoratori cui spetta, all’apposita indennità a carico dell’Istituto. Per tutti gli altri, la retribuzione dei giorni di quarantena è totalmente in capo all’azienda.
I periodi interessati sono quelli di:
- Quarantena con sorveglianza attiva o permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva;
- Quarantena precauzionale.
Al lavoratore è fatto obbligo di farsi rilasciare un certificato medico (inviato in via telematica all’INPS da parte del medico curante) a copertura dell’intero periodo di quarantena. Il documento dovrà riportare gli estremi del provvedimento dell’operatore di sanità pubblica che ha decretato il periodo di isolamento.
Sempre il messaggio n. 2584 equipara alla malattia comune i casi di positività al COVID-19. Obbligatorio comunque il rilascio del certificato medico e l’invio all’INPS da parte del medico curante.