Il datore di lavoro può richiedere il rientro anticipato dalle ferie del lavoratore? Cos’è il richiamo in servizio? Partiamo dal presupposto che le ferie sono diritto (irrinunciabile) del lavoratore in forza delle previsioni normative, in primis la Costituzione Italiana. La fruizione delle ferie e l’ammontare delle stesse è disciplinato in concreto da legge (Dlgs. n. 66/2003) e contratti collettivi nazionali di lavoro. Eventuali misure migliorative possono essere previste da accordi aziendali.
Nonostante le ferie siano un diritto del dipendente la decisione su concederle o meno (e quando) spetta al datore di lavoro tenuto conto delle esigenze organizzative e del recupero psico-fisico del lavoratore.
La stessa azienda può decidere di richiamare in servizio i lavoratori quando lo richiedano ragioni esclusivamente relative all’attività produttiva. Se previsto dal contratto collettivo o per decisione unilaterale del datore, è dovuto il rimborso delle spese sostenute dal dipendente per il rientro anticipato.
Analizziamo la questione nel dettaglio.
Cos’è e come funziona il richiamo in servizio
I datori di lavoro pubblici e privati possono richiamare in servizio i lavoratori in ferie a patto che la richiesta sia motivata da effettive e prevalenti esigenze organizzative e produttive.
In questi frangenti l’azienda è tenuta a rimborsare ai dipendenti le spese di viaggio, vitto e alloggio che gli stessi sono chiamati a sostenere causa l’interruzione anticipata delle ferie, se questo obbligo è previsto dal contratto collettivo applicato.
Nulla vieta al datore di lavoro o all’amministrazione di appartenenza di riconoscere, anche in assenza di un obbligo contrattuale, il rimborso delle spese sostenute per il rientro dalle ferie.
Quando può essere richiesto il rientro anticipato dalle ferie?
Il richiamo in servizio può essere chiesto dal datore di lavoro a fronte, ad esempio, di:
- un aumento degli ordinativi o delle commesse che l’azienda non avrebbe potuto oggettivamente prevedere;
- fabbisogno di manodopera per evitare danni alle persone o agli impianti;
- fabbisogno di manodopera per sostituire dipendenti in malattia, infortunio sul lavoro o altri eventi imprevisti.
La decisione di interrompere le ferie dei dipendenti non può essere in alcun modo collegata a cause diverse dalle esigenze produttive, organizzative o economiche dell’azienda.
E’ contrario alla legge e al contratto collettivo il comportamento del datore che richiama in servizio il dipendente per ragioni personali o di ritorsione nei suoi confronti. Eventuali condotte di questo genere, se provate, espongono l’azienda a possibili azioni giudiziarie di mobbing e/o risarcimento danni.
Natura delle somme erogate a titolo di rimborso
Le somme corrisposte dall’azienda a titolo di rimborso delle spese sostenute per il rientro anticipato, sono esenti da contributi e tassazione.
Discorso diverso per eventuali indennità o premi corrisposti una tantum al dipendente a fronte del disagio arrecatogli. Tali somme sono soggette a trattenute INPS e IRPEF.
Sia i rimborsi spese che le indennità dovranno essere erogati insieme alle competenze mensili ed esposti nel cedolino paga.
Quante ferie si maturano in un anno
La legge (Dlgs. n. 66/2003) prevede il diritto di tutti i dipendenti a maturare un periodo minimo di ferie, non inferiore a quattro settimane, per ogni anno in forza presso la medesima azienda. I contratti collettivi possono introdurre condizioni di maggior favore ad esempio concedendo giorni / ore aggiuntivi di ferie.
A fronte di periodi in forza all’azienda inferiori all’anno, le quattro settimane di legge e il periodo integrativo da CCNL devono essere riproporzionati, dividendo il monte ore / giorni annuo per 12 e moltiplicando il risultato per i mesi in forza.
Leggi anche: Guida alle ferie del lavoratore: calcolo, maturazione e richiesta
Supponiamo che il dipendente Tizio sia stato assunto in data 1° febbraio 2020. Il monte ore annuo di ferie ammonta a 168 ore.
Il primo passo è dividere 168 per 12 e successivamente moltiplicare il risultato per i mesi in forza (11):
- (168 / 12) * 11 = 154 ore di ferie che Tizio maturerà dal 1° febbraio al 31 dicembre 2020.
I mesi parzialmente lavorati si contano come interi se superiori a 15 giorni.
Chi decide le ferie?
L’ultima parola sulle ferie spetta al datore di lavoro, tenuto conto da, un lato, delle esigenze produttive dell’azienda e, dall’altro, delle eventuali istanze o richieste dei dipendenti.
Di conseguenza, la fissazione delle ferie non può essere arbitraria, posto che l’azienda deve mediare tra le esigenze proprie e gli interessi del lavoratore.
In generale, il datore individua un periodo in cui i dipendenti possono godere delle ferie. La comunicazione avviene attraverso la predisposizione di un apposito documento, cosiddetto “piano ferie”, in formato cartaceo o elettronico, in cui i lavoratori possono indicare i periodi di assenza.
Per le giornate non interessate dal piano ferie, il dipendente può chiedere di assentarsi a mezzo comunicazione scritta al datore di lavoro, il quale dovrà autorizzare o meno la richiesta, sempre per iscritto.
Leggi anche: Chi decide le ferie al lavoro? Ecco cosa dice la legge
Come funziona la fruizione delle ferie annuali
Il Ministero del lavoro ha distinto tre periodi di ferie:
- Un primo periodo di due settimane da fruire nell’anno di maturazione, eventualmente in maniera ininterrotta se richiesto dal dipendente;
- secondo periodo di due settimane da godere in maniera anche frazionata entro i 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione;
- terzo periodo eccedente le quattro settimane minime di legge da fruire anche in modo frazionato.
Quanto afferma il Ministero del lavoro risponde anche ad un preciso obbligo di legge. Delle quattro settimane:
- Due devono essere godute nell’anno di maturazione (ipotizzando si tratti del 2020, il termine è fissato al 31 dicembre prossimo);
- Le restanti due devono essere fruite nei 18 mesi successivi il termine dell’anno di maturazione.
Con riferimento all’ultimo punto, quanto anticipato si interpreta nel senso che le due restanti settimane di ferie maturate nel 2020 dovranno essere godute entro il 30 giugno 2021. Se alla predetta data residuano ore non fruite, sulle stesse l’azienda dovrà pagare in anticipo i contributi previdenziali all’INPS.
Quanto detto non si applica alle ferie aggiuntive previste dai contratti collettivi. Le stesse soggiacciono all’eventuale scadenza prevista dal CCNL.