L’Istituto del Preavviso sembra aver riscoperto nuova attualità nelle aule dei tribunali, tanto che tra la fine del 2016 e l’inizio di quest’anno sono state prodotte numerose sentenze che ne rinnovano l’applicazione.
Prima di addentrarci nello specifico degli atti giudiziari, è opportuno rifrescarne i dettami fondamentali.
Il preavviso nel diritto del lavoro
Il Codice Civile agli Artt. dal 2118 al 2112 recita che, in tema di contratto di lavoro a tempo indeterminato, ciascuno dei contraenti possa recedere dal contratto di lavoro, dandone preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalla Contrattazione Collettiva che può peraltro prevederne l’estensione per interesse delle parti, dagli Usi o in mancanza, secondo equità.
Ed ancora, in mancanza del preavviso, il recedente è tenuto a versare all’altra parte, un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, la cosiddetta “indennità di mancato preavviso”, contemplata a carico del Datore di Lavoro, anche in caso di decesso del lavoratore, a favore dei familiari aventi diritto o, in caso di dimissioni per giusta causa.
Distinguiamo quindi l’indennità sostitutiva del preavviso, corrisposta dal Datore di Lavoro a seguito di dimissioni o licenziamento, con immediata cessazione del rapporto di lavoro, dall’indennità di mancato preavviso, dovuta invece dal lavoratore in caso di recesso anticipato rispetto ai termini stabiliti dall’istituto.
L’art. 2121 c.c. ne identifica gli elementi di computo, nella cui base di calcolo rientrano le provvigioni, i premi di produzione, qualsiasi compenso di carattere continuativo esclusi i rimborsi spese, nonché l’eventuale vitto ed alloggio dovuti al lavoratore.
Ed ancora l’Art. 2118 c.c. stabilisce che, in caso di mancato preavviso, sia dovuta al lavoratore, un’indennità pari all’importo della retribuzione di fatto (art. 195 c.c.) addizionata dai ratei della 13^ e 14^ mensilità, concorrendo poi, dal punto di vista fiscale, alla formazione del reddito da lavoro dipendente soggetto a tassazione separata (Tuir Art. 17), applicando l’aliquota prevista per la tassazione del T.F.R.
L’Istituto del Preavviso viene ad assumere quindi due nature, una di tipo reale, come stabilito dalla Cassazione con la sentenza no. 1118/2002, tale per cui il rapporto di lavoro prosegua automaticamente anche qualora non sia fornita la prestazione, l’altra di natura obbligatoria – Cass. 11740/2007 – che vede l’immediata cessazione del rapporto di lavoro, contestualmente al preavviso non lavorato; a metà si pone invece la sent. Cass. 11089/2005 che considera in essere il rapporto di lavoro, anche durante il periodo di preavviso, con tutte le relative obbligazioni che ne derivano, solo nel caso in cui il lavoratore presti effettivamente la sua opera.
Si ricorda peraltro che, se il preavviso sia obbligatorio nei licenziamenti per GMO, nei casi di libero recesso ad nutum, al termine del periodo di comporto e di apprendistato, non lo sia invece in caso di recesso per giusta causa, risoluzione consensuale o durante il periodo di prova o ancora durante un contratto a tempo determinato.
E’ altresì noto che il termine del Preavviso possa essere interrotto per il godimento delle ferie, per malattia, infortunio, servizio civile e maternità sino ad un anno del nascituro.
Il preavviso alla luce delle nuove sentenze
Dove è stata posta la lente di ingrandimento delle ultime sentenze?
Nel 2016 la Corte di Cassazione si è più volte espressa in tema di Indennità di Preavviso sparigliando le nostre certezze: nel mese di settembre con la Sent. No. 18508/2016, il cui incipit recita che la tutela risarcitoria sancita dall’Art. 18 c, 5 dello Statuto dei Lavoratori, Lg. 300/’70 modificato dalla Lg. 92/2012, non escluda il diritto del lavoratore a percepire l’indennità anche in caso di licenziamento in tronco dichiarato illegittimo, al fine di consentire al lavoratore di affrontare una situazione di improvvisa perdita di lavoro.
Da un precedente orientamento della Cassazione (1404/2000) veniva contemplata, in relazione alla tutela risarcitoria prevista ex Art. 8 Lg. 604/’66, solo il risarcimento del danno, in questo caso invece, gli Ermellini oltre al risarcimento, prevedono anche l’indennità sostitutiva proprio per il fatto che il rapporto di lavoro si sia risolto.
Peraltro il Trib. Di Milano con sentenza del 14 dicembre 2016 si espresso diversamente in merito all’accertamento di nullità del licenziamento, dichiarando sì l’illegittimità dello stesso, ma negando la corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso, senza dar cenno di accoglimento delle indicazioni della Suprema Corte.
Nel gennaio 2017 la Corte di Cassazione ha affrontato nuovamente il tema, dando un’ulteriore svolta alla disciplina del Preavviso, attraverso la sentenza n. 985/2017. Il caso presentato riguardava un lavoratore dirigente che a seguito di dimissioni, durante il periodo di preavviso lavorato, veniva forzatamente posto in ferie dall’azienda, con conseguente reazione di dimissioni per giusta causa del dipendente.
La Corte ha eccepito l’impossibilità di sovrapporre i due periodi, in considerazione che il godimento delle ferie, interrompa i termini del preavviso, considerando in tal modo in prosecuzione il rapporto di lavoro e giustificando pertanto le dimissioni per giusta causa, successivamente presentate.
Gli effetti derivanti dalla sentenza, hanno imposto al datore di lavoro la restituzione delle somme trattenute sulle competenze per TFR a titolo di indennità sostitutiva del preavviso oltre al pagamento della medesima, dovuta al lavoratore per la legittimità della giusta causa.
Nello stesso mese la Cassazione è stata chiamata nuovamente a dirimere il contenzioso tra un datore di lavoro che, nel rispetto della clausola posta nel CCNL di riferimento, aveva inviato con un anno di anticipo, la comunicazione dii collocamento al riposo per il raggiungimento dell’età pensionabile di 65 anni al dipendente.
La sentenza prodotta no. 1743/2017, ha stabilito che nel caso di specie l’indennità sostitutiva del preavviso a favore del lavoratore non sia dovuta, considerando tale comunicazione non un’intimazione di licenziamento, bensì l’attuazione di un meccanismo risolutivo previsto in sede di autonomia negoziale, favorendo con largo anticipo il lavoratore affinché potesse organizzarsi di conseguenza, venendo meno, l’ipotesi prevista dall’Art. 2118 c.c.
Considerando infine i contratti stipulati con la clausola delle cosiddette “tutele crescenti”, operante dal marzo 2015, si ricorda che in caso di accertato licenziamento intimato dal Datore di Lavoro che non sia in possesso dei requisiti dimensionali, non venga contemplata la riassunzione, ma un risarcimento a ristoro del danno subito, a cui si deve aggiungere anche l’indennità di mancato preavviso.
Ci ritroviamo dunque ancora a dibattere tra tutela reale ed obbligatoria, danno emergente ed indennità a ristoro, dove l’unica certezza evidente è l’obbligo del costante aggiornamento per i professionisti del settore.