Preavviso licenziamento: cos’è, come si calcola, quanto dura, come avviene la comunicazione e quali sono le conseguenze del mancato preavviso? Quanti giorni prima l’azienda può comunicare al dipendente la sua intenzione di licenziarlo e come deve farlo? Chi stabilisce il periodo di preavviso e quali conseguenze ci sono se l’azienda non lo rispetta?
Per rispondere a queste domande è bene precisare che è la legge stessa (articolo 2118 Codice Civile) a imporre al datore di lavoro di comunicare al lavoratore la propria decisione di interrompere il rapporto di lavoro con un congruo anticipo. Partiamo quindi dalla definizione per poi passare a vedere come funziona questo istituto.
Preavviso licenziamento: cos’è
Il preavviso di licenziamento è il lasso di tempo che intercorre tra la comunicazione del licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro in azienda. Questo periodo va comunicato dal datore di lavoro direttamente nella lettera di licenziamento.
Durante il preavviso il rapporto di lavoro prosegue normalmente e permette al dipendente da un lato di percepire comunque la retribuzione e dall’altro attivarsi per cercare un’altra occupazione.
Il preavviso si applica solo ai rapporti a tempo indeterminato. Escluso il lavoro a termine, perché contratto pensato per sopravvivere fino alla data di scadenza e in cui il recesso anticipato è possibile esclusivamente in presenza di giusta causa (quindi licenziamento in tronco o senza preavviso) o per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
L’azienda può anche decidere, con il consenso o meno del lavoratore, di non concedere alcun periodo di preavviso. In questo caso è tenuta a corrispondere un’indennità sostitutiva pari all’ammontare della retribuzione cui il dipendente avrebbe avuto diritto se il preavviso fosse stato lavorato.
Vediamo nel dettaglio tutto quello che c’è da sapere sul preavviso di licenziamento.
Leggi anche: Licenziamento senza preavviso: cause e conseguenze
Preavviso licenziamento, quanto dura: come fare il calcolo
Come anticipato, la durata del preavviso è pari al lasso di tempo intercorrente tra la comunicazione di licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro.
La durata minima del preavviso è stabilita dai contratti collettivi e generalmente varia a seconda del livello e dell’anzianità aziendale del licenziato (sul presupposto che all’aumentare dell’inquadramento e degli anni di servizio si dilata anche il preavviso). Ad esempio, il CCNL Alimentari – Industria stabilisce:
- Per un impiegato livello 1 fino a 4 anni di anzianità aziendale un preavviso pari a 2 mesi di calendario;
- Per un impiegato sempre livello 1 ma con anzianità compresa tra i 4 e i 10 anni preavviso di 3 mesi.
- Sempre un impiegato ma di livello 2 (inferiore nella scala retributiva rispetto al livello 1) con anzianità aziendale fino a 4 anni ha diritto ad un preavviso di 1 mese;
- Lo stesso impiegato di livello 2 ma con anzianità tra i 4 e i 10 anni ha diritto a 45 giorni di calendario.
Come anticipato, i CCNL stabiliscono solo la durata minima del preavviso, nulla vieta ai contratti aziendali o individuali di intervenire in materia con condizioni di miglior favore. Nello specifico possono unicamente ampliare i periodi di preavviso.
Preavviso di licenziamento, da quando decorre
Il preavviso decorre dal momento in cui la comunicazione di licenziamento giunge a conoscenza del lavoratore, da individuarsi con la data in cui questi riceve materialmente la lettera. Per avere tempi certi è bene optare per una raccomandata a mano datata e firmata per ricevuta dal lavoratore.
In caso di invio a mezzo posta la forma utilizzata dev’essere la raccomandata con ricevuta di ritorno, usufruendo peraltro dei servizi online di tracciabilità della missiva.
Leggi anche: Malattia durante il preavviso: quali conseguenze
Una volta fissata la decorrenza, l’azienda deve calcolare sulla base del CCNL o del contratto aziendale / individuale i giorni di preavviso che mancano all’ultimo lavorato. La cessazione dev’essere peraltro comunicata al Centro per l’impiego mediante invio del modello Unilav entro cinque giorni decorrenti dall’ultimo lavorato.
Ai fini della risoluzione del rapporto fa fede il modello Unilav, pertanto l’azienda che intende concedere un periodo di preavviso più ampio rispetto a quello indicato nel CCNL deve solamente indicare l’ultimo giorno di lavoro effettivo nella comunicazione al Centro per l’impiego, oltre a farne menzione nella lettera di licenziamento.
Cos’è l’indennità sostitutiva del preavviso
Il datore può decidere, con il consenso del dipendente, di interrompere il rapporto senza concedere alcun giorno di preavviso. In questo caso l’azienda è tenuta ad erogare in busta paga un’apposita indennità sostitutiva, pari alla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente se avesse lavorato durante il periodo di preavviso.
L’indennità dev’essere corrisposta con il cedolino relativo all’ultimo mese di lavoro insieme alle altre competenze di fine rapporto (escluso il TFR):
- Ferie e permessi maturati e non goduti;
- Mensilità aggiuntive.
La volontà dell’azienda di non concedere alcun giorno di preavviso dev’essere espressa nella lettera di licenziamento e comporta la cessazione immediata del rapporto alla data di ricevimento della missiva, con firma del lavoratore per accettazione.
Tuttavia la giurisprudenza (sentenza Cassazione n. 13580/2001) ha affermato che il consenso del dipendente alla cessazione immediata può essere espresso anche per fatti concludenti, ad esempio accettando senza riserve l’indennità sostitutiva del preavviso.
Discorso diverso se, pur in mancanza del consenso del dipendente al recesso immediato, l’azienda non concede alcun preavviso. Qui la giurisprudenza di Cassazione è divisa:
- Secondo l’orientamento più recente e condivisibile (sentenza n. 13988/2017) anche in assenza del consenso del dipendente il rapporto si risolve immediatamente con annessa erogazione dell’indennità sostitutiva del preavviso;
- Un diverso pensiero della Cassazione risalente nel tempo (sentenza n. 17334/2004) sostiene che quando il datore non permette lo svolgimento dell’attività lavorativa ed eroga l’indennità sostitutiva, il rapporto prosegue comunque fino alla scadenza del preavviso.
L’indennità sostitutiva è peraltro dovuta anche laddove l’azienda concede solo in parte il preavviso fissato dal CCNL; ad esempio 10 giorni a fronte di un minimo di 30.
Indennità sostitutiva, a quanto ammonta
L’indennità sostitutiva del preavviso è pari alla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente per i periodi di lavoro tra la data di ricevimento della comunicazione di licenziamento e l’ultimo giorno in azienda, compresi i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità se prevista.
La retribuzione da prendere a riferimento è quella in atto al momento in cui l’azienda comunica il licenziamento.
Leggi anche: Indennità sostitutiva del preavviso: cos’è, natura e calcolo
Preavviso di licenziamento, quando non è dovuto
L’azienda non è tenuta a concedere alcun periodo di preavviso nei casi di:
- Licenziamento per giusta causa;
- Licenziamento durante o al termine del periodo di prova;
- Recesso per giusta causa nei contratti a tempo determinato;
- Risoluzione consensuale del rapporto;
- Mancata ripresa del servizio a seguito di sentenza che dispone la reintegrazione nel posto di lavoro.
Il contratto individuale non può escludere preventivamente il periodo di preavviso.
Segui gli aggiornamenti su Google News!
Segui Lavoro e Diritti su WhatsApp, Facebook, YouTube o via email