L’origine più vicina a noi del problema la troviamo nelle rivendicazioni del sindacato per tempi minori di lavoro, già nel 1800, con gli slogan “8 – 8 – 8” per la divisione della giornata in 3 fasce : 1° per per l’attività lavorativa, 2° per la vita sociale , 3° per il meritato riposo.
R. Decr.Legge n.692 del 15/03/1923
regolamenti di att.: R.D. 10/09/1923 n.1955; R.D. 10/09/1923 n.1956
R.D.L. n.1096/1926; L.16/03/1933 n.527;
R.D.L. n.1768/1937 ; L.16/07/1940 n.1109
Art.2107 Cod.Civ. ; Art. 36 com.2 Costituzione
L.30/10/1955 n.1079
Trattato della Comunità Europea art.118 A
Direttiva CE 23/11/1993 n.104 :
“concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”
Recepimento in Italia con D.Lgs.n.66/2003
La Direttiva del Consiglio Europeo n.104 del 1993
Direttiva n.34/2000 ; Direttiva n.88/2003
Corte di Giustizia CE sent.n.84 del 12/11/1996 : la disciplina del lavoro, delle ferie, e dei riposi settimanali è direttamente connessa con con la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori .
La disciplina della Direttiva n.104 del 1993 contiene prescrizioni minime e autorizza gli stati membri ad applicare disposizioni più favorevoli per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, non giustificando un regresso del livello generale di protezione dei lavoratori.
Già, prima della sua emanazione, erano stati predisposti testi contenenti raccomandazioni sulla riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali.
Il legislatore della comunità europea si è preoccupato di regolare solo i limiti temporali dell’orario di lavoro perseguendo la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ; la direttiva in oggetto stabilisce la durata massima della prestazione lavorativa , fissata in ore 48, nonché una durata minima dei riposi giornalieri pari a 11 ore , riposi settimanali pari a 24 ore e riposi annuali pari a 4 settimane.
Numerose le deroghe che permettono agli Stati di sottrarsi alle disposizioni , ma con una disciplina che non potrà essere peggiorativa. Nel 1995 un altro intervento definisce come lavoro straordinario quello che supera le 40 ore settimanali o la media delle 40 ore in caso di orario pluri-settimanale .
Il Patto per il lavoro del 24/09/1996 sottoscritto tra le parti sociali e il Governo
Il Patto stabilisce il recepimento della Direttiva comunitaria n.104/1993 previa intesa con le parti sociali:
- la determinazione dell’orario di lavoro in ore 40 settimanali;
- incentivazioni per le contrazioni dell’orario di lavoro e il sostegno agli orari multi-periodali;
- incentivazione alle imprese per orari ridotti e disincentivazioni al ricorso sistematico del lavoro straordinario.
Ma nel novembre del 1996 scade il termine per recepire la Direttiva europea. Con il Pacchetto Treu (Legge 24/06/1997 n.196, art.13) si recepisce parzialmente la Direttiva. Prevale a questo punto nella legislazione italiana l’interesse a favorire la flessibilità avendo superato ormai l’esigenza di miglioramento delle condizioni di lavoro.
All’art.13 della legge citata viene fissato il limite normale dell’orario di lavoro in 40 ore settimanali, lasciando alla contrattazione collettiva nazionale la possibilità di determinare una durata inferiore modulando le 40 ore settimanali come media riferita ad un periodo non superiore a 12 mesi.
Viene abrogato il limite massimo dell’orario di lavoro contenuto nel R.D.L. n.692/1923 di 48 ore settimanali. Di fatto la contrattazione collettiva dagli anni ’70 , nel gestire la materia degli orari di lavoro , aveva fissato l’orario nel limite delle 40 ore settimanali.
Inoltre, nella disciplina della legge n.196/1997 non viene definito il limite della durata dell’orario giornaliero, prima fissato nel massimo di 8 ore. L’interpretazione maggiormente accreditata ritiene che la legge abbia determinato l’orario normale di lavoro in 40 ore settimanali, con la soppressione implicita del limite delle 8 ore giornaliere.
La Direttiva comunitaria n.104/1993, infatti definisce la prestazione lavorativa nei limiti dell’orario settimanale , con un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive, (salvo deroghe).
Nell’Avviso comune tra CGIL , CISL , UIL e Confindustria , 12/11/1997, si propone al Parlamento un ridisegno della materia orario di lavoro . Si prevede l’orario normale di ore 40 a settimana con la possibilità per la contrattazione collettiva di riduzione e con riferimento alla media pluri-settimanale su 12 mesi. Il lavoro straordinario deve essere contenuto e rimesso alla previsione dei contratti collettivi , in difetto non può superare le 250 ore annuali e le 80 ore trimestrali. Il riposo minimo giornaliero è di 11 ore e quello settimanale di 24 ore e 4 settimane di ferie all’anno.
Nel 1998 il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge delle 35 ore con riduzione dell’orario legale di lavoro, riprendendo l’accordo tra Prodi e Bertinotti dell’ottobre 1997.
Il 15/12/1997 Il Fondo Monetario Internazionale raccomanda che l’orario di lavoro deve rimanere nell’ambito della contrattazione delle parti sociali. La Commissione della Comunità europea il 26/10/1998 presenta ricorso contro l’Italia per infrazione degli obblighi comunitari.
Legge 27/11/1998 n.409 introduce norme sulle prestazioni straordinarie nell’industria fissando i limiti legali che in assenza di disciplina collettiva non potrà superare le 250 ore annuali e le 80 ore trimestrali.
D.Lgls. 26/12/1999 n.532 in materia di lavoro notturno disciplina in maniera transitoria e introduce la figura del “lavoratore notturno” e la nozione di “lavoro notturno”.
Due direttive europee vengono emanate in materie non ancora disciplinate: la direttiva per la gente di mare e la direttiva per la gente di mare a bordo di navi nei porti dell’Unione europea. Nel 2000 la Corte di Giustizia Europea condanna l’Italia per l’inattuazione della Direttiva n.104/1993, ma vengono sospese le sanzioni e prorogato il termine fino ad aprile 2003 quale scadenza per il recepimento completo.
La Direttiva comunitaria n. 34/2000 modifica la n.104 comprendendo anche attività rimaste escluse. Nella legge 1/03/2002 n. 39 (legge comunitaria 2001) il Governo indica i criteri per la predisposizione di un decreto legislativo sull’orario di lavoro , che sono:
- recepimento dei criteri dell’avviso comune tra le parti sociali del 12/11/1997;
- riconoscimento degli effetti dei contratti collettivi vigenti alla data del provvedimento di attuazione della direttiva comunitaria.
Il Decreto Legislativo n.66/2003 entra in vigore il 29/04/2003 e stabilisce la durata dell’orario di lavoro.
Il Decreto correttivo n.213/2004 apporta modifiche e adotta un regime sanzionatorio .
In questo modo, finalmente, in tutto il territorio nazionale vengono dettate disposizioni che regolamentano la disciplina dell’orario di lavoro rispettando l’autonomia negoziale dei contratti collettivi; salvo alcune eccezioni, la disciplina si applica a tutti i settori di attività sia pubblici che privati.
I limiti settimanali dell’orario di lavoro: l’orario normale è di 40 ore settimanali e i contratti collettivi possono stabilirne un’inferiore durata e riferire la durata media ad un periodo non superiore all’anno; il limite della settimana lavorativa è affidato alla determinazione dei contratti collettivi ; la durata media dell’orario di lavoro non può superare , per un periodo di gg.7 , le 48 ore , compreso lo straordinario ; inoltre, questo valore medio è calcolato con riferimento ad un periodo non superiore a 4 mesi, con possibilità di estensione da parte dei contratti collettivi fino ad un massimo di 12 mesi.
I limiti giornalieri: il decreto stabilisce il diritto del lavoratore a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore ; a contrario si ricava che il limite legale della giornata è di 13 ore.
Se l’orario di lavoro eccede le ore 6 giornaliere, le modalità, la consumazione del pasto e la determinazione dell’intervallo è lasciata alla contrattazione collettiva, ad eccezione della previsione legislativa di un pausa di 10 minuti ogni 6 ore di lavoro.
Ogni 7 gg. il lavoratore ha diritto ad un riposo di ore 24 ininterrotte , oltre le 11 giornaliere; il riposo settimanale è di 35 ore individuandolo di norma con il giorno della domenica. Con il D.L.n.188/2008 il riposo settimanale può esser calcolato anche su un periodo non superiore a 14 gg. consentendo l’organizzazione di più turni di lavoro, ma il lavoratore avrà diritto a 48 ore di riposo.
Numerose sono le ipotesi di deroga a queste regole; in particolare anche per dirigenti, personale direttivo; manodopera familiare; settore liturgico; ambito del lavoro a domicilio e telelavoro.
Le definizioni del decreto legislativo:
- Orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione e nell’esercizio della sua attività
- Periodo di riposo: periodo che non rientra nell’orario di lavoro;
- Lavoro straordinario: lavoro prestato oltre le ore 40 settimanali ovvero oltre i limiti fissati nei c.c.n.l.;
- Periodo notturno: almeno 7 ore consecutive tra la 24,00 e le 5,00 del mattino;
- Lavoratore notturno: soggetto che durante il periodo notturno, per almeno 3 ore , ovvero colui che almeno per una parte del suo lavoro svolge lavoro notturno secondo le regole del c.c.n.l.;
- Lavoro a turni: ritmo di lavoro continuo o discontinuo in ore differenti su un periodo determinato;
- Lavoratore mobile: personale viaggiante o di volo presso una ditta di trasporto di merci o persone su strada o via aerea o navigabile;
- Lavoro offshore: lavoro svolto prevalentemente su impianti offshore compresa la perforazione e attività di immersione;
- Riposo adeguato: periodo di riposo espresso in tempi sufficientemente lunghi e tali da garantire la sicurezza personale e degli altri lavoratori.
28/06/2011 accordo interconfederale tra CISL, CGIL, UIL, Confindustria sulla rappresentanza sindacale :
- efficacia dei contratti collettivi aziendali
- esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva
- deroghe alla contrattazione nazionale
- certificazione della rappresentatività
- funzione dei contratti aziendali
- efficacia dei contratti collettivi aziendali
- sollecitazioni al Governo
Legge 13/08/2011 n.138, art.8
Misure a sostegno della contrattazione collettiva di prossimità; sono tali i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale , da associazioni di lavoratori ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali.
Tali contratti possono contenere specifiche intese inerenti l’organizzazione del lavoro ; a titolo esemplificativo: impianti audiovisivi e nuove tecnologie; mansioni del lavoratore , classificazione e inquadramento ; contratti a termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile; disciplina dell’orario di lavoro ; modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro.
Schema della legislazione speciale del lavoro dopo la Costituzione
- dopo la costituzione il legislatore predispone i principi generali minimi di tutela non derogabile del lavoro , come la legge di limitazione del licenziamento 15/07/1966 n.604;
- in seguito si apre una fase di sostegno all’attività sindacale in azienda dove si creano norme di origine contrattuale per l’autotutela, che sfocia nello Statuto dei lavoratori del 20/05/1970;
- tra gli anni ’70 e gli anni ’80, in grave crisi economica, nascono le legislazioni volte a governare le crisi in aziende , come la nuova normativa della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà;
- negli anni ’90 si apre la fase della tutela dell’occupazione e del sostegno alla produzione con la “flessibilità” che rimuove le tutele in favore dell’incontro tra domanda e offerta favorendo l’autonomia negoziale individuale e collettiva;
- nel 1997 la legge Bassanini abolisce il monopolio pubblico del collocamento;
- infine, prevale l’aspetto del diritto del lavoro nell’intervento delle norme comunitarie e della attuazione delle stesse.
In tutta questa specialità emerge la “prassi”, mediante le Circolari del Ministero del lavoro e le risposte agli Interpelli che sono di fatto il punto di riferimento degli operatori per chiarire la numerosa normativa.
Note bibliografiche
Guida al lavoro, Tiraboschi, Russo, 2003
Min.lav.attività ispettiva 2009
Diritto e pratica del lavoro, Gennaro B.,2009
L’orario di lavoro, Darioli P. , 2010
I Corsi, n.1, n.7, 2010
Dir.Prov.le lavoro Modena, 2011