Quando il lavoratore non si sente bene e di conseguenza non può recarsi al lavoro, come deve comportarsi? La malattia è per definizione uno stato patologico che comporta un’incapacità, nonché un’impossibilità, temporanea della prestazione lavorativa.
In questa situazione il lavoratore deve necessariamente assentarsi dal luogo di lavoro: ma quali ripercussioni ha la malattia sul rapporto di lavoro? Durante la malattia il lavoratore mantiene due tipi di tutele: normativa ed economica.
La prima si esplica nella conservazione del posto di lavoro per un periodo predeterminato e disciplinato dalla normativa; mentre la seconda, la tutela economica, prevede l’erogazione della retribuzione nonostante il lavoratore non presti effettivamente attività lavorativa, in virtù del principio della retribuzione differita.
Cosa deve fare il lavoratore in caso di malattia
Come analizzato in premessa è evidente che l’evento della malattia influisce in molti ambiti della sfera lavorativa. In questa prima guida analizzeremo tutti gli adempimenti da compiere in caso di assenza per malattia. In primis il lavoratore che non può recarsi al lavoro deve comunicare la sua assenza in azienda avvisando; il datore di lavoro può essere avvisato con una telefonata o con i mezzi concordati dalla consuetudine aziendale.
Di norma è buona abitudine avvisare prima, o contestualmente, l’inizio della propria attività lavorativa in modo che l’azienda possa organizzarsi al meglio per sopperire l’assenza. Durante questa prima comunicazione il lavoratore non può fare altro che avvisare che sarà assente per quella stessa giornata, anche perché non essendosi ancora recato dal proprio medico non ha idea di quale sia la prognosi.
Malattia del lavoratore: il certificato medico telematico
È evidente che a questo punto il lavoratore deve recarsi dal proprio medico per farsi visitare e allo stesso tempo farsi rilasciare il certificato che ha il duplice scopo di giustificare l’assenza lavorativa e comunicare ufficialmente tale situazione al datore di lavoro e all’Inps tanto in termini di evento morboso quanto di durata dell’assenza. Infatti una volta che il medico rilascia al lavoratore il numero di protocollo riferito al certificato questo deve essere comunicato in azienda.
In origine il certificato rilasciato dal medico era cartaceo e il lavoratore doveva consegnarne copia, entro due giorni, sia al datore di lavoro sia all’INPS competente. A seguito della procedura di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione questa modalità è stata modificata, portando questo procedimento ad essere del tutto telematico: attraverso una piattaforma il medico compila il certificato il quale viene inviato immediatamente all’INPS competente e allo stesso tempo il medico rilascia al lavoratore il numero identificativo di protocollo affinché il datore di lavoro, o l’intermediario abilitato, possa scaricarlo dal portale INPS in completa autonomia.
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Certificato medico telematico: come è fatto
Innanzitutto, la certificazione di malattia è composta da due sezioni:
- il certificato vero e proprio, che indica anche la diagnosi;
- l’attestato, ossia la copia per il datore, privo della suddetta diagnosi, in quanto ricordiamo che il datore di lavoro non può conoscere il motivo per il quale il lavoratore si assenta.
All’interno del certificato, gli ulteriori dati che vengono riportati sono:
- dati identificativi del medico che redige il certificato;
- durata di prognosi (inizio e fine previsto della malattia);
- se si tratti di inizio, continuazione o ricaduta;
- se si tratti di visita ambulatoriale o domiciliare;
- dati anagrafici del lavoratore;
- residenza o domicilio abituale del lavoratore, completo di città, indirizzo, e cap.; in caso di reperibilità durante la malattia a un indirizzo diverso da quello abituale, va indicato espressamente il nominativo indicato presso l’abitazione, se diverso dal proprio, la città, l’indirizzo e il cap.
Essendo una procedura telematica può succedere che il sistemi non funzioni, cosa bisogna fare in questo caso? I medici, nel caso di mal funzionamento del sistema hanno la possibilità di utilizzare il servizio telefonico sostituivo della procedura telematica; oppure di redigere il certificato cartaceo se anche il servizio telefonico non dovesse funzionare tempestivamente.
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Il certificato medico è quindi il documento ufficiale che autorizza l’assenza del lavoratore per il periodo determinato dalla prognosi. Al termine del periodo indicato sul certificato il lavoratore ha sostanzialmente due possibilità:
- se è guarito riprendere l’attività lavorativa il giorno successivo alla data riportata sul certificato di malattia indicante la scadenza della prognosi;
- se invece dopo nuova visita medica non è possibile la ripresa dovrà ripetere l’iter di cui sopra; dovrà quindi farsi rilasciare un nuovo certificato medico che questa volta sarà una continuazione del primo certificato medico rilasciato.
Ricaduta e continuazione malattia
Nel certificato medico, però, il medico ha la possibilità di segnare anche l’evento “ricaduta”, ma quando si verifica? La ricaduta della malattia si verifica quando in un arco temporale di trenta giorni dalla conclusione della precedente malattia si verifichi un evento morboso che possa essere considerato una conseguenza del primo.
Dato che continuazione e ricaduta possono sembrare sinonimi è meglio dettagliare la differenza tra i due eventi.
- La continuazione della malattia si ha quando il lavoratore al termine della prognosi riportata sul certificato di malattia, perdurando lo stato di morbosità, non può riprendere l’attività lavorativa; entro il primo giorno successivo alla scadenza della prognosi si fa rilasciare un nuovo certificato medico che giustifica la continuazione dell’assenza dal luogo di lavoro.
- La ricaduta della malattia come da definizione di cui sopra prevede, invece, un arco temporale durante il quale il lavoratore riprende l’attività lavorativa in quanto alla scadenza della prognosi ritiene di essere guarito; ma entro i trenta giorni successivi alla fine della prognosi si ripresentano gli stessi sintomi del precedente evento morboso.
Rientro anticipato dalla malattia
L’ultimo evento che può verificarsi in relazione alla data di prognosi riportata sul certificato medico è la volontà del lavoratore di rientrare al lavoro prima della data indicata sul certificato medico. In questo caso il lavoratore deve rettificare il certificato medico emesso come specifica l’INPS nella circolare 79/2017, altrimenti si può incorrere in sanzioni.
“La rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps, considerato che, mediante la presentazione del certificato di malattia, viene avviata l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale senza necessità di presentare alcuna specifica domanda.”
Va da sé che è necessario recarsi dal medico, il quale autorizzerà o meno il rientro anticipato del lavoratore se effettivamente guarito.
Visite fiscali INPS
L’ultimo dato che bisogna aver cura che sia corretto riguarda la residenza, se durante la malattia si soggiorna presso quell’indirizzo, oppure è necessario comunicare il domicilio presso il quale si sta abitando.
L’importanza di questo dato è strettamente legato alla reperibilità del lavoratore nelle fasce orarie adibite alla possibilità di visita fiscale: il domicilio non corretto comporta la “non reperibilità” all’atto della visita fiscale con la conseguenza di ripercussioni economiche sull’indennità di malattia.
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