Indennità di malattia con contratto a termine: cosa accade al dipendente a tempo determinato se si assenta dal lavoro perché colpito da malattia? In linea di principio, l’assenza per malattia determina il venir meno della retribuzione per i giorni non lavorati. Il datore è obbligato infatti a corrispondere la paga a fronte della prestazione lavorativa intellettuale o manuale del dipendente.
A copertura dei periodi non lavoratori e non retribuiti interviene, per determinate categorie di soggetti, l’INPS con l’erogazione di un’apposita indennità di malattia. Dove non arriva l’Istituto, è il datore di lavoro a farsi carico della retribuzione. Sia i trattamenti retributivi a carico dell’INPS che quelli in capo all’azienda sono soggetti a limiti di importo e di durata. Se per i primi non ci sono differenze a seconda della tipologia contrattuale (rapporto a tempo indeterminato o a termine), sulla durata si segnalano notevoli differenze.
Per i dipendenti a tempo indeterminato l’indennità di malattia INPS spetta nel limite di 180 giorni in un anno solare (periodo 1° gennaio – 31 dicembre). Lo stesso non può dirsi per i contratti a termine. Vediamo nel dettaglio come funziona l’indennità di malattia per i lavoratori con contratto a tempo determinato.
Indennità di malattia con contratto a termine: limite massimo indennizzabile
Per i dipendenti a tempo determinato il limite massimo indennizzabile è pari al numero di giorni di attività lavorativa svolta nei 12 mesi precedenti l’evento morboso, fermo restando comunque il limite massimo di 180 giorni per anno solare.
Se il lavoratore a termine nei 12 mesi precedenti non può far valere periodi lavorativi superiori ai 30 giorni, l’indennità di malattia è corrisposta comunque, ma per non più di 30 giorni nell’anno solare.
Malattia oltre la scadenza del termine del contratto
Cessato il rapporto di lavoro, ai dipendenti a termine non spetta più alcuna indennità, a differenza di quelli a tempo indeterminato che hanno comunque diritto alla prestazione se la malattia insorge entro i 2 mesi successivi alla cessazione o alla sospensione del rapporto di lavoro.
Inoltre il lavoratore non è tenuto a tenere in forza il lavoratore, anche se può decidere di prorogare o trasformare il rapporto a tempo indeterminato. In quest’ultimo caso dovrà continuare a pagare l’indennità di malattia fino al termine.
Indennità di malattia con contratto a tempo determinato: a chi spetta l’indennità INPS
Eccezion fatta per il limite massimo indennizzabile non si registrano altre differenze tra dipendenti a tempo indeterminato e contratti a termine.
La prestazione spetta a:
- Operai dei settore industria;
- Operai e impiegati del settore terziario;
- Salariati del settore credito, assicurazioni e servizi tributari appaltati;
- Operai del settore agricoltura;
- Apprendisti di tutti i settori;
- Lavoratori dello spettacolo.
In tutti gli altri casi il trattamento economico per i periodi di malattia è a carico del datore di lavoro.
Per quali giornate spetta l’indennità di malattia INPS
L’indennità INPS spetta per i giorni ricadenti nel periodo di malattia, esclusi i primi 3 (cosiddetta “carenza”) che sono totalmente a carico del datore di lavoro.
Oltre al periodo di carenza, non sono indennizzabili:
- Per gli operai, i giorni festivi e le domeniche;
- Per gli impiegati, le festività cadenti di domenica.
Indennità di malattia INPS: quanto spetta
L’importo dell’indennità INPS per i lavoratori con contratto a tempo determinato varia a seconda della durata della malattia:
- Per i giorni di malattia dal 4° al 20° l’indennità è pari al 50% della RMG (acronimo di Retribuzione Media Giornaliera);
- Per i giorni di malattia dal 21° al 180° l’indennità è pari al 66,66% della RMG.
Ai fini della percentuale si considerano tutti i giorni di calendario compresi nel periodo di malattia, anche se non indennizzati. L’indennità cambia comunque in base al CCNL di appartenenza, ad esempio per i dipendenti di pubblici esercizi e laboratori di pasticceria non iscritti all’albo delle imprese artigiane la prestazione si alza all’80% della RMG per tutte le giornate indennizzabili.
Leggi anche: Periodo di comporto per malattia: significato e regole
Indennità di malattia: chi paga?
Nella generalità dei casi l’indennità di malattia viene anticipata dal datore in busta paga per conto dell’INPS. Questi poi recupera quanto erogato scontandolo dai contributi dovuti all’Istituto e da versare con modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo quello di competenza.
Fanno eccezione le ipotesi di pagamento diretto da parte dell’INPS, senza che alcun importo venga anticipato dall’azienda in busta paga.
Parliamo di:
- Lavoratori agricoli;
- Dipendenti di aziende sottoposte a procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria).
Integrazione del datore di lavoro
I contratti collettivi generalmente prevedono a carico dell’azienda un’integrazione dell’indennità INPS. A seconda delle disposizioni contrattuali, il datore deve erogare per i periodi di malattia le somme che permettono al dipendente di ricevere la stessa retribuzione cui avrebbe avuto diritto in caso di normale attività lavorativa. Questo accade se il CCNL prevede un’integrazione al 100%. Ma non è sempre così.
Ad esempio il contratto collettivo Chimici farmaceutici – Industria prevede per i dipendenti assunti da meno di 3 anni un’integrazione al 100% per i primi 3 mesi di malattia, che scende al 50% per i successivi 5. Per chi ha invece un’anzianità compresa tra i 3 e i 6 anni l’integrazione è al 100% per i primi 4 mesi e al 50% per i successivi 6. Gli assunti da oltre 6 anni godono di un’integrazione al 100% per i primi 5 mesi e al 50% per i successivi 7.
Cosa deve fare il dipendente in caso di malattia
Affinché il dipendente possa ricevere l’indennità INPS è necessario che al verificarsi della malattia, questi:
- Informi tempestivamente il datore della propria assenza;
- Accertarsi che il medico curante abbia provveduto all’invio telematico del certificato.
In questo modo l’azienda potrà visionare direttamente sul sito dell’INPS (o ricevere via pec) il certificato di malattia ove è indicato il periodo di prognosi, le generalità del dipendente e l’indirizzo di reperibilità per eventuali visite di controllo.
In caso di impossibilità nell’invio telematico il dipendente dovrà attivarsi per inviare entro 2 giorni dal rilascio il certificato medico cartaceo all’INPS e al datore di lavoro.
Leggi anche: certificato medico di malattia
Visite fiscali INPS dipendente con contratto a termine
Durante la malattia, il dipendente dovrà rendersi reperibile ad eventuali visite di controllo richieste dall’INPS o dal datore di lavoro. Le verifiche, svolte esclusivamente dall’INPS, avvengono presso l’indirizzo abituale del dipendente o il domicilio occasionale indicato nel certificato di malattia.
Le fasce orarie delle visite sono (comprese domeniche e giorni festivi):
- Dalle 10 alle 12;
- Dalle 17 alle 19.
Che succede se in caso di alla assenza alla visita fiscale senza una giustificazione valida?
- l’assenza alla prima visita di controllo, comporta la perdita dell’indennità per i primi 10 giorni di malattia;
- se risulta assente anche alla seconda visita di controllo, alla prima sanzione si aggiunge la riduzione del 50% dell’indennità per il periodo residuo;
- dalla terza assenza alla visita fiscale si ha la perdita totale dell’indennità dal momento dell’assenza fino al termine della malattia.
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