Può l’azienda procedere ad un licenziamento per malattia di un lavoratore dipendente? Sì, se è stato superato il periodo di comporto. Con questo termine si intende il diritto del dipendente a conservare il posto di lavoro durante i periodi di malattia.
Tuttavia, anche il comporto ha una scadenza, oltrepassata la quale l’azienda può decidere di mantenere il dipendente in forza o al contrario licenziarlo per giustificato motivo oggettivo per superamento del periodo di comporto. Esiste poi un’altro caso di licenziamento a causa della malattia, ma questo ha fondamento solo giurisprudenziale: stiamo parlando del licenziamento per scarso rendimento.
Vediamo nel dettaglio come funziona il licenziamento dovuto alla malattia del lavoratore, ma prima vediamo in breve cos’è e come funziona il comporto.
Periodo di comporto: cos’è e come funziona
Il Codice civile (art. 2110) stabilisce che il dipendente in malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un determinato periodo, cosiddetto “comporto”, stabilito dalla legge o dal CCNL applicato.
Per gli impiegati il comporto è fissato direttamente dalla legge in:
- 3 mesi se l’anzianità di servizio in azienda non eccede i 10 anni;
- 6 mesi se l’anzianità è superiore ai 10 anni.
Se il CCNL prevede un comporto superiore si applica quest’ultimo, dal momento che è una condizione di miglior favore per il dipendente.
Al contrario, per gli operai il comporto è previsto esclusivamente dal contratto collettivo.
Durata del comporto
La durata del comporto può essere prevista dai contratti collettivi in:
- “Anno di calendario”, da intendersi come il periodo compreso tra il 1º gennaio e il 31 dicembre;
- “Anno solare” il periodo di 365 giorni decorrenti dal primo evento morboso o dall’inizio della malattia.
I contratti collettivi possono definire il comporto con riferimento a un unico e ininterrotto evento morboso (in questo caso si parla di “comporto secco”) o con riguardo alla sommatoria di più malattie in un determinato arco temporale (“comporto per sommatoria o frazionato”).
Nel conteggio dei giorni si considerano anche quelli domenicali, festivi o comunque non lavorativi che cadono nel periodo di malattia. Esclusi invece dal computo i giorni di malattia se l’evento è stato causato da comportamenti del datore di lavoro, come mobbing o demansionamento.
Se il CCNL prevede solo il comporto secco, la giurisprudenza di Cassazione ha ammesso l’uso di un doppio termine di riferimento, per far fronte al comportamento del dipendente che si ammala in più occasioni, ognuna per una durata inferiore al comporto:
- Limite “interno” pari alla durata del comporto secco;
- Limite “esterno” rappresentato dal periodo di vigenza del contratto collettivo.
Ipotizziamo che il CCNL preveda un comporto secco di 4 mesi. Il dipendente durante il periodo di vigenza del contratto (3 anni) totalizza più eventi di malattia per complessivi 5 mesi. Il comporto si considera superato nonostante ogni malattia non eccede i 4 mesi.
Interruzione del comporto
La decorrenza del comporto può essere interrotta previa richiesta scritta del dipendente di godere delle ferie maturate.
Nel documento dovranno essere indicato il momento a partire dal quale la malattia dev’essere convertita in ferie.
Da parte sua l’azienda non ha alcun obbligo di modificare l’assenza, dal momento che la concessione delle ferie è una prerogativa datoriale.
Scadenza del periodo di comporto
Alla scadenza del comporto l’azienda ha due opzioni:
- Licenziare il dipendente, comunicandogli la decisione in forma scritta, specificando i singoli giorni di assenza per malattia;
- Mantenere il dipendente in forza.
In quest’ultimo caso l’azienda non è tenuta ad alcun adempimento formale e nemmeno burocratico, dal momento che il rapporto di lavoro continua automaticamente a meno che non si decida per il licenziamento.
Licenziamento per malattia
Il licenziamento dev’essere comunicato in forma scritta, individuando l’ultimo giorno di lavoro nel rispetto di quanto prevede il contratto collettivo applicato sul periodo di preavviso, trattandosi di un’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
I dipendenti a tempo indeterminato hanno infatti diritto ad un determinato arco temporale tra la data di comunicazione del licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro, così da permettergli di cercare un’altra occupazione pur continuando a percepire la retribuzione e a lavorare.
Il preavviso non è identico per tutti i dipendenti. Varia in base all’anzianità di servizio e al livello di inquadramento.
Se l’azienda non osserva il preavviso è tenuta ad erogare con la busta paga relativa all’ultimo mese lavorato, un’apposita indennità sostitutiva pari alla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente se fosse stato rispettato il preavviso, comprensiva di tredicesima ed eventuale quattordicesima se prevista.
Una volta superato il comporto, la comunicazione di licenziamento dev’essere tempestiva. La Cassazione ha avuto modo di sottolineare (sentenza n. 23920/2010) che l’inerzia prolungata dell’azienda unita a comportamenti incoerenti con la volontà di interrompere il rapporto, quali l’attribuzione di nuovi compiti o direttive, equivale a una rinuncia al licenziamento.
All’azienda è comunque concesso un periodo di tempo tale da permetterle di valutare attentamente (con gli opportuni conteggi) se il comporto è stato effettivamente superato.
Licenziamento per malattia durante il comporto
Il licenziamento motivato dal solo perdurare della malattia e intimato prima che sia scaduto il comporto è da considerarsi nullo (art. 2110 c.c.).
Licenziamento per scarso rendimento
Tuttavia in taluni casi può essere comminato anche per scarso rendimento. In questo caso non ci sono riferimenti di legge, ma il licenziamento è di origine giurisprudenziale.
Il licenziamento pertanto è possibile se l’assenza del lavoratore immobilizza il lavoro dell’impresa provocando gravi danni alla stessa. In questo caso il licenziamento prima del superamento del periodo di comporto è legittimo. E’ legittimo inoltre nei casi di malati cronici, quei lavoratori che si assentano spesso anche se per brevi periodi: in questo caso però il lavoratore deve svolgere un’attività lavorativa scarsa sia per quantità che per qualità. Il lavoratore quindi oltre a ledere l’attività d’impresa del datore viene meno anche al dovere di collaborazione e diligenza (art. 2104 c.c.).
In questi casi il fatto scatenante il licenziamento non trovando fondamento nella legge dovrà essere provato davanti ad un giudice nel caso in cui il lavoratore lo impugni.
Altri casi di licenziamento durante il comporto
Altri casi di licenziamento durante la malattia e nel periodo di comporto sono:
- licenziamento per giusta causa;
- licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione;
- cessazione totale dell’attività d’impresa;
- termine del contratto a tempo determinato (Indennità di malattia con contratto a termine: come funziona);
- mancato superamento del periodo di prova
- e la mancata conferma al termine del periodo di formazione nell’apprendistato.
Leggi anche: Licenziamento durante la malattia: quando è possibile?
Comunicazione di licenziamento
La lettera di licenziamento dovrà essere consegnata a mani del lavoratore e da questi firmata per ricevuta o inviata con raccomandata A/R al più recente indirizzo noto, così da avere prova certa della data di ricezione della missiva.
Sul contenuto della lettera la Cassazione è divisa. Secondo un primo orientamento è doveroso indicare i singoli giorni di assenza, per altro verso è sufficiente riportare il totale dei giorni di malattia.
Nella comunicazione si dovrà far riferimento all’articolo del CCNL applicato che disciplina la durata del periodo di comporto.
E’ opportuno tener presente che il licenziamento è illegittimo se la malattia è stata provocata o aggravata dalle condizioni nocive delle mansioni svolte o dell’ambiente di lavoro. In questo senso, il datore dev’essere ritenuto responsabile per non aver posto in essere le opportune misure di sicurezza o tutela dei dipendenti. Si ritiene illegittimo ad esempio (Cassazione sentenza n. 5053/2016) il licenziamento quando causa della malattia sono stati i comportamenti mobbizzanti del datore.
Unilav e altri adempimenti
L’azienda è tenuta a comunicare al Centro per l’impiego l’ultimo giorno di lavoro, a mezzo invio telematico del modello Unilav.
Nella comunicazione dovranno essere indicate le generalità dell’azienda, del dipendente, nonché i dati contrattuali di quest’ultimo e il tipo di comunicazione, specificando che trattasi di cessazione motivata da un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Quando il licenziamento per superamento del comporto coinvolge un dipendente a tempo indeterminato l’azienda deve versare all’INPS il cosiddetto “ticket licenziamento”, somma destinata a finanziare l’indennità di disoccupazione NASPI e dovuta a prescindere dall’effettivo diritto del licenziato alla prestazione.
Il contributo è fissato (per il 2019) in misura pari ad euro 500,79 per ogni anno di servizio in azienda fino ad un massimo di 3 anni. Se ad esempio il dipendente ha 6 anni di anzianità aziendale l’azienda deve versare euro 1.502,37 equivalenti a 500,79 * 3.
La somma dev’essere versata con modello F24 entro il giorno 16 del secondo mese successivo l’ultimo lavorato.