E’ possibile procedere al licenziamento dell’apprendista? Se si quali sono le tutele e le conseguenze del licenziamento? L’ultima riforma dell’apprendistato in ordine di tempo (D. lgs. n. 81/15) definisce questo rapporto di lavoro come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato all’occupazione e alla formazione dei giovani.
A differenza degli altri rapporti subordinati, nell’apprendistato l’azienda si impegna ad erogare non solo la retribuzione, ma (direttamente o per il tramite di altri soggetti) la formazione necessaria per ottenere, a seconda dei casi:
- un titolo di studio (apprendistato per la qualifica e il diploma professionale);
- le competenze necessarie per lo svolgimento di una determinata mansione (apprendistato professionalizzante);
- esperienze utili per il conseguimento di titoli di studio universitari o di alta formazione (apprendistato di alta formazione e ricerca).
Apprendistato: contratto di lavoro a tempo indeterminato
Definire l’apprendistato come un contratto a tempo indeterminato può essere fuorviante. Perché lo stesso ha una durata massima che, a seconda dei casi, è pari a:
- Nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale 3 anni o 4 in caso di diploma professionale quadriennale (se l’apprendistato è finalizzato all’acquisizione oltre che del diploma di ulteriori competenze tecnico – professionali rispetto a quelle previste dai regolamenti scolastici la durata massima è 4 anni o 2 per coloro che frequentano il corso annuale integrativo che si conclude con l’esame di Stato);
- Nell’apprendistato professionalizzante durata massima 3 anni o 5 per i profili caratterizzanti la figura dell’artigiano;
- Per l’apprendistato di alta formazione e ricerca la durata massima è definita dalle regioni e province autonome sentite le parti sociali, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca.
Licenziamento dell’apprendista: tutele
Al contrario, in tema di interruzione del rapporto di lavoro, l’apprendistato è correttamente definito come un contratto a tempo indeterminato perché, durante il suo svolgimento, il datore può recedere solo per giusta causa o giustificato motivo (come accade appunto per i rapporti a tempo indeterminato).
Al termine del periodo di apprendistato, invece, azienda e dipendente possono recedere liberamente senza alcuna motivazione. In caso contrario, il rapporto prosegue come un normale contratto di lavoro a tempo indeterminato (cosiddetta “conferma in servizio”).
In ogni caso è bene sapere che sia in caso di licenziamento che in caso di recesso dell’apprendista al termine del periodo formativo il datore di lavoro è tenuto a pagare il ticket licenziamento.
Vediamo nel dettaglio regole e istruzioni per il licenziamento nei rapporti di apprendistato.
Licenziamento dell’apprendista durante la formazione
Come per i rapporti a tempo indeterminato, mentre l’apprendistato è in corso di svolgimento il datore può licenziare solo per giusta causa o giustificato motivo. Contro i licenziamenti illegittimi si applicano le stesse tutele previste per i lavoratori a tempo indeterminato.
In ragione di quanto detto poc’anzi, mentre l’apprendistato è in essere, l’azienda che intende licenziare per giusta causa o giustificato motivo soggettivo deve comunque seguire la normale procedura di contestazione disciplinare:
- Lettera con cui si contesta una determinata condotta del dipendente contraria al codice disciplinare o al contratto collettivo;
- Concessione del termine di cinque giorni al dipendente per presentare eventuali giustificazioni o elementi probatori a sua difesa;
- Spirati i cinque giorni l’azienda può decidere per il provvedimento disciplinare consistente nel licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (a seconda della gravità e delle caratteristiche della condotta dell’apprendista).
Durante l’apprendistato si applicano anche le norme sul licenziamento:
- Per superamento del periodo di comporto (per cui non è richiesta alcuna motivazione se non l’indicazione dei singoli periodi di malattia);
- Per mancato superamento del periodo di prova (anche in questo caso non è richiesta la motivazione e il licenziamento può avvenire perfino in forma orale sebbene sia opportuna e consigliabile una lettera scritta).
Al di là dei casi menzionati, l’azienda deve comunicare il licenziamento all’apprendista in forma scritta, indicandone i motivi e specificando l’ultimo giorno di lavoro, nel rispetto del periodo di preavviso richiesto dal contratto collettivo applicato.
Il datore che non rispetti il preavviso deve corrisponderne l’indennità sostitutiva, come avviene per i dipendenti a tempo indeterminato. Questa è pari alla retribuzione cui il licenziato avrebbe avuto se avesse lavorato durante il periodo di preavviso disciplinato dal contratto collettivo.
Invio della comunicazione Unilav
Il licenziamento dell’apprendista dev’essere comunicato in via telematica al Centro per l’impiego con modello Unilav, entro i cinque giorni successivi all’ultimo lavorato.
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In tutti i casi di recesso del datore, questi è tenuto a corrispondere all’INPS un contributo (cosiddetto “contributo NASPI”) fissato per il 2018 in euro 495,34 per ogni anno di permanenza in azienda fino ad un massimo di tre (contributo massimo pari a 495,34 * 3 = 1.486,02 euro).
Ipotizziamo che un’azienda artigiana licenzi l’apprendista assunto quattro anni prima. In questo caso è dovuto all’INPS (mediante F24) il contributo NASPI più elevato pari ad euro 1.486,02. La somma versata ha la funzione di finanziare l’erogazione dei trattamenti di disoccupazione a coloro che abbiano perso involontariamente il lavoro, compresi gli apprendisti licenziati nel corso del rapporto qualora siano altresì in possesso dei requisiti contributivi richiesti:
- 30 giorni di effettivo lavoro nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione;
- Almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
Licenziamento dell’apprendista al termine della formazione
Al termine del periodo di apprendistato, il datore può recedere dal rapporto senza alcuna motivazione (cosiddetto “recesso ad nutum”). La decisione dev’essere comunicata al dipendente in forma scritta; specificando altresì l’ultimo giorno di lavoro nel rispetto del periodo di preavviso che decorre dal termine dell’apprendistato.
Ipotizziamo che il rapporto iniziato il 1° gennaio 2016 abbia una durata di 36 mesi (apprendistato professionalizzante) con scadenza il 31/12/2018 e il periodo di preavviso previsto dal contratto collettivo applicato sia pari, per il livello e l’anzianità del soggetto, a 20 giorni.
L’azienda decide di non confermare a tempo indeterminato l’apprendista e gli comunica l’interruzione del rapporto al termine dell’apprendistato. Tuttavia, l’ultimo giorno di lavoro non coincide con il 31/12/2018 bensì con il 20/01/2019; dal momento che il periodo di preavviso di 20 giorni decorre dal termine del periodo di apprendistato (il 31/12/2018 appunto).
Come nel licenziamento durante l’apprendistato, il datore che recede al termine del periodo è tenuto a:
- Comunicare in via telematica la cessazione al Centro per l’impiego, con invio del modello Unilav;
- Corrispondere il contributo NASPI all’INPS con modello F24;
- Qualora non intenda concedere il preavviso, riconoscerne in busta paga l’indennità sostitutiva.
La disciplina del recesso ad nutum non si applica per i rapporti di apprendistato professionalizzante attivati con soggetti beneficiari del trattamento di disoccupazione o dell’indennità di mobilità. Per questi, anche se il licenziamento è intimato al termine del periodo di apprendistato, deve comunque sussistere una giusta causa o giustificato motivo.
Diritto alla disoccupazione NASpI
La nuova indennità di disoccupazione denominata NASpI, introdotta a partire dal 2015, può essere richiesta anche dagli apprendisti.
Quindi se sono rispettati i requisiti previsti dalla normativa (contributi e periodo di lavoro svolto) l’apprendista licenziato per qualsiasi ragione (o dimessosi per giusta causa), può fare domanda di NASPI e prendere l’indennità di disoccupazione.