Come ben noto, il lavoratore ha il diritto irrinunciabile a ferie annuali retribuite. Ciò è garantito dalla Costituzione, giacchè il diritto alle ferie soddisfa le esigenze essenziali del dipendente; permettendogli di avere più tempo libero per i rapporti di relazione, a livello familiare e sociale. Soprattutto, il diritto alle ferie assicura tutela alla salute del lavoratore, il quale – durante il periodo di assenza retribuita dal lavoro – può recuperare energie psico-fisiche e ‘ricaricare le batterie’.
In più occasioni, su queste pagine, ci siamo occupati del diritto alle ferie, rilevando che la sua durata minima è pari a quattro settimane; e che i contratti collettivi possono allungare tale periodo, ma non comprimerlo. In linea generale, ricordiamo che le ferie maturano nel corso del rapporto di lavoro, anche se questo dura meno di 12 mesi o è in prova. Ancora, le ferie sono sfruttate in un ambito temporale deciso dal datore di lavoro, sulla scorta delle proprie esigenze organizzative; tuttavia, il dipendente deve essere preventivamente informato. E’ chiaro comunque che il datore di lavoro, in tema di ferie, deve compiere un equilibrato contemperamento tra le esigenze aziendali e gli interessi del lavoratore occupato.
Qui di seguito vogliamo affrontare una questione pratica, collegata all’esercizio del diritto alle ferie: può un datore di lavoro richiedere un rientro anticipato? E se sì, il lavoratore come può comportarsi?
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Ferie del lavoratore: sì al richiamo ma soltanto ad alcune condizioni
La questione accennata è tra quelle che tipicamente un lavoratore può porsi. E ciò specialmente quando si trova in ferie, magari in qualche assolata località di mare o montagna. Le norme vigenti, relative ai contratti e rapporti di lavoro, ci dicono che i lavoratori possono chiedere le ferie, ma appunto spetta di fatto all’azienda concederle, oppure no. Perciò deve essere ben chiaro che il datore di lavoro può decidere quando assegnarle; e, sempre nell’esercizio di quelle che sono le prerogative datoriali, può richiedere un rientro anticipato dalle ferie stesse. Ciò nonostante il diritto alle ferie annuali e retribuite sia garantito in Costituzione.
Attenzione però, detto rientro anticipato dalle ferie può essere legittimo, soltanto se ricorrono al contempo le seguenti due condizioni:
- vi sono esigenze aziendali specifiche, che giustificano il ritorno immediato del lavoratore in ferie;
- la possibilità è ammessa (a determinate condizioni) dal contratto collettivo di categoria o da un accordo ad hoc tra datore e lavoratore.
Pertanto, si può pacificamente affermare che le norme vigenti includono questo diritto del datore di lavoro, però limitato dalle condizioni appena delineate.
In linea generale, il lavoratore non può rifiutare il richiamo in azienda. Infatti, esclusivamente in mancanza di un obbligo legato ad accordi individuali e collettivi, o delle condizioni fissate per la legittimità del richiamo in ufficio, il rifiuto del dipendente di abbandonare le ferie per tornare a lavoro, può essere ritenuto compatibile con le norme di diritto del lavoro.
Ritorno anticipato sul luogo di lavoro: le garanzie per il lavoratore
Vero è che il lavoratore costretto al ritorno anticipato può comunque contare sul diritto a conseguire i trattamenti previsti dal contratto collettivo di riferimento. Facendo un rapido esempio pratico, in ipotesi di rientro anticipato – in base al contratto collettivo nazionale del settore sanità – sono da riconoscersi il rimborso dei costi documentati per il viaggio di rientro in sede; per quello, eventuale, di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie. Non solo: va anche riconosciuta l’indennità di missione per la durata dei citati viaggi; e il rimborso dei costi documentati per il lasso di tempo di ferie non goduto dal lavoratore.
In buona sostanza, nonostante non possa ritenersi contento per essere stato richiamato in anticipo, il lavoratore può contare su alcune garanzie anche in situazioni come queste.
Vi è da aggiungere che, seppur in ferie magari in qualche amena località di villeggiatura, il dipendente deve garantire la cd. reperibilità durante il periodo di assenza retribuita; ma soltanto se detto obbligo è disposto in regole ad hoc, individuali o nel CCNL di riferimento. Aprendo una brevissima parentesi, ricordiamo che la reperibilità consiste nel dovere del lavoratore di porsi in condizione di essere rapidamente rintracciato – fuori dal proprio orario di lavoro – in prospettiva di una possibile prestazione lavorativa. Ciò al fine di raggiungere, in poco tempo, il luogo di lavoro per svolgere la prestazione richiesta.
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La reperibilità vale solo in presenza di accordi o patti ad hoc
L’obbligo di reperibilità con gli appena accennati vincoli, appare del tutto compatibile con quanto previsto dalle regole generali in materia e e con l’interpretazione giurisprudenziale. Ne consegue che, in mancanza di detti patti ad hoc, il lavoratore dipendente è assolutamente libero di non rendersi reperibile, organizzando le proprie ferie in libertà; ossia senza il pericolo di imbattersi poi in provvedimenti disciplinari lesivi.
Concludendo, vero è che il lavoratore non può comunque rinunciare alle ferie, così come stabilito in Costituzione. Perciò, se questi non è riuscito a sfruttare il periodo di recupero delle energie, può domandare la cd. indennità sostitutiva, per vedersi così monetizzare le ferie non godute. Insomma, le giornate di ferie maturate non sono comunque perse e i giorni di ferie sono pagati così come lo sono le giornate lavorate.