Il diritto del lavoro prevede che le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice nel lasso di tempo intercorrente tra la richiesta delle pubblicazioni del matrimonio e l’anno successivo alla celebrazione delle nozze debbano essere effettuate tramite una procedura tutelata. In particolare prevede che sono nulle le dimissioni presentate dalla dipendente nel suddetto periodo, salvo che l’interessata non le confermi presso l’Ispettorato territoriale del lavoro (ITL).
La procedura ha il chiaro intento di accertare che la volontà della lavoratrice di risolvere il rapporto, in un momento particolare della propria vita personale quale può essere quello del matrimonio, sia effettivo e genuino e non frutto di pressioni o minacce da parte del datore di lavoro. La tutela del legislatore va di pari passo con il divieto di licenziamento per matrimonio ed è rivolta esclusivamente alla lavoratrice. Infatti il lavoratore licenziato in costanza di matrimonio non può impugnare il licenziamento neanche invocando il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (vedi sentenza della Corte di Cassazione numero 28926 del 12 novembre 2018).
Analizziamo in dettaglio la disciplina e la procedura da seguire.
Dimissioni in caso di matrimonio: ambito oggettivo
Sono soggette all’obbligo di conferma le dimissioni presentate tra la richiesta delle pubblicazioni del matrimonio e l’anno successivo la celebrazione delle nozze.
La disciplina si ritiene estesa anche alle unioni civili, pur in assenza di un esplicito richiamo normativo e con i dubbi rappresentati dalla mancata applicazione della norma del codice civile riguardante le pubblicazioni.
In tal caso si può con tutta probabilità ritenere che l’obbligo di conferma delle dimissioni interessi l’anno a partire dalla conclusione dell’unione civile. Sul punto sono comunque auspicabili chiarimenti normativi o indicazioni da parte degli enti competenti (INL e / o Ministero del lavoro).
Come procedere alle dimissioni
Vediamo ora qual è la procedura che la lavoratrice deve seguire per rassegnare le dimissioni in caso di matrimonio, ovvero nel periodo tutelato (nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio sino ad un anno dopo la celebrazione).
1. Dimissioni telematiche
Dal 12 marzo 2016 i lavoratori che intendono risolvere il rapporto sono tenuti a formalizzare tale volontà, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematica (cd. dimissioni online o telematiche), inviando appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e trasmessi al datore di lavoro (via PEC) ed all’ITL.
La procedura ha lo scopo di evitare le cosiddette “dimissioni in bianco”, fenomeno in cui il dipendente (sovente in sede di firma del contratto di lavoro) sottoscrive un documento dove, a sua insaputa e a discrezione del datore di lavoro, potrà essere dichiarata per iscritto la volontà di interrompere il rapporto.
Di conseguenza, la lavoratrice che intende rassegnare le dimissioni nel periodo protetto “per matrimonio” è tenuta innanzitutto a:
- Collegarsi al sito “gov.it” sezione “Dimissioni telematiche” ed accreditarsi con le utenze SPID o CIE;
- Compilare il modulo dimissioni indicando i propri dati anagrafici ed i riferimenti (ragione sociale, codice fiscale, sede legale) e PEC dell’azienda;
- Riportare nel modulo la data di inizio rapporto, il tipo di rapporto e la data di decorrenza delle dimissioni (corrispondente al primo giorno di non vigenza del contratto).
Come anticipato, una volta compilato e trasmesso il modulo, le dimissioni vengono notificate all’ITL ed all’azienda via PEC.
In alternativa alla compilazione ed alla trasmissione in autonomia, la lavoratrice può affidarsi ad intermediari abilitati quali:
- Patronati;
- Sindacati;
- Ispettorato territoriale del lavoro;
- Consulenti del lavoro;
- Enti bilaterali;
- Commissioni di certificazione.
Nel riportare la data di decorrenza delle dimissioni, la lavoratrice dovrà prestare attenzione a rispettare il cosiddetto “periodo di preavviso”, da intendersi come l’arco di tempo tra la data in cui il datore di lavoro riceve il modulo dimissioni e l’ultimo giorno di vigenza del contratto.
Il periodo di preavviso dimissioni è di norma disciplinato dal contratto collettivo applicato in azienda.
2. Conferma delle dimissioni
Le dimissioni devono essere confermate presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente, entro un mese dalla comunicazione al datore di lavoro della volontà di risolvere il rapporto, attraverso l’invio del modulo telematico standardizzato del Ministero del lavoro.
La conferma è resa dalla lavoratrice che si reca personalmente in ITL. In alternativa:
- L’azienda, ricevute le dimissioni, chiede all’Ispettorato di contattare l’interessata, la quale, una volta confermate per iscritto le dimissioni, può essere convocata anche da remoto;
- La lavoratrice una volta inviate le dimissioni, comunica all’ITL la volontà di confermare la risoluzione del rapporto (in questo caso specifico la conferma può avvenire anche oralmente).
A seguito dell’emergenza COVID-19 e dell’esigenza di limitare gli assembramenti e i contatti tra le persone l’INL ha comunicato, con la Circolare numero 4 del 25 settembre 2020, che le istruttorie finalizzate alla convalida delle dimissioni, per le quali si presuppone la “presenza fisica dell’istante” possono essere effettuate “attraverso strumenti di comunicazione da remoto che consentano in ogni caso l’identificazione degli interessati o dei soggetti dagli stessi delegati e l’acquisizione della volontà espressa”.
In queste ipotesi “il provvedimento finale o il verbale si perfeziona con la sola sottoscrizione del funzionario incaricato”.
Sempre la Circolare INL precisa che, ai fini dell’organizzazione da remoto dell’attività, l’ufficio competente “dovrà preliminarmente inviare – mediante email e secondo le disponibilità eventualmente concordate in precedenza – uno specifico invito” alle parti coinvolte in modo da permettergli di partecipare alla riunione attraverso l’applicativo Microsoft Teams.
Cosa succede in caso di omessa conferma
In assenza di conferma, le dimissioni presentate dalla lavoratrice sono nulle con la conseguenza che:
- Il contratto di lavoro resta valido;
- L’interessata potrà riprendere l’attività lavorativa.
La Cassazione ha affermato (sentenze n. 22913 del 29 settembre 2017 e n. 10817 del 17 maggio 2011) che dal momento della richiesta di rientrare in servizio la dipendente matura il diritto alla retribuzione.
Al contrario, nulla spetta se l’interessata non ha manifestato l’intenzione di rientrare al lavoro.
Conseguenze particolari sono previste se:
- L’azienda invita la lavoratrice a riprendere l’attività;
- L’interessata dichiara, entro 10 giorni dall’invito, la volontà di interrompere il rapporto;
in tal caso si applica il medesimo trattamento riconosciuto alle dimissioni per giusta causa (diritto all’indennità sostitutiva del preavviso ed interruzione immediata del rapporto), con esclusione del potenziale accesso all’indennità di disoccupazione NASpI.
Comunicazione al Centro per l’impiego e liquidazione delle spettanze
La volontà confermata dalla lavoratrice di interrompere il rapporto comporta, in capo al datore di lavoro, l’obbligo di comunicare la cessazione del contratto a mezzo modello UNILAV da trasmettere in via telematica al Ministero del lavoro.
La scadenza per l’invio del flusso è 5 giorni dalla data di risoluzione del contratto.
Sempre l’azienda è tenuta a liquidare nel cedolino di competenza dell’ultimo mese di contratto, gli importi a titolo di:
- Ferie e permessi non goduti;
- Mensilità aggiuntive (tredicesima ed eventuale quattordicesima).
Nella busta paga successiva dovrà inoltre essere riconosciuto il Trattamento di fine rapporto (TFR) maturato in azienda.
Dimissioni del marito in caso di matrimonio
Come detto in premessa non sono tutelate le dimissioni del marito in caso di matrimonio e pertanto non bisogna seguire la procedura della conferma in questo caso.
Questo perchè non è considerato protetto per il marito il periodo che va dalla data di pubblicazione fino ad un anno dalle celebrazioni delle nozze.
Pertanto il licenziamento e le dimissioni del marito in questo periodo non sono sottoposte a tutele o iter particolari, come confermato dalla Cassazione.