E’ possibile dare le dimissioni nel contratto a tempo determinato? Questa è una delle domande più diffuse insieme al licenziamento anticipato relativamente al contratto di lavoro a termine.
Il contratto a termine è per sua stessa definizione un rapporto di lavoro che prosegue fino ad una data prefissata, pertanto una volta raggiunta si risolve automaticamente, a meno che l’azienda non decida di spostare in avanti la scadenza (proroga) ovvero trasformare il contratto a tempo indeterminato (stabilizzazione), sempre di reciproco accordo con il lavoratore.
Ma cosa succede se il lavoratore vuole recedere prima della scadenza naturale del contratto a termine, ovvero vuole dimettersi prima del termine? Vediamo quindi in questa guida cosa devono sapere il datore di lavoro e il lavoratore dipendente che vuole “licenziarsi”.
Dimissioni nel contratto a tempo determinato: cosa sapere
Cosa succede se si va via prima della fine del contratto di lavoro? Prima di ogni cosa è bene sapere nel contratto a tempo determinato una volta trascorso il periodo di prova e prima della scadenza naturale del contratto, le parti possono legittimamente recedere solo in presenza di motivi di particolare gravità:
- L’azienda può licenziare solo per giusta causa o impossibilità sopravvenuta della prestazione qualora l’evento, pur se prevedibile, non era evitabile;
- Il lavoratore può dimettersi solo in presenza di una giusta causa.
Terza via sarebbe la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro a termine, cioè entrambe le parti si accordano per risolvere il contratto anticipatamente.
Per quanto concerne il dipendente, le dimissioni per giusta causa devono essere formalizzate esclusivamente in modalità telematica per poi essere trasmesse al datore di lavoro, alla stregua di quelle riguardanti i contratti a tempo indeterminato.
Al di là delle modalità di comunicazione, le dimissioni da un rapporto a termine hanno una serie di particolarità che vanno dal periodo di preavviso alle somme spettanti al lavoratore, oltre alle conseguenze legate alla mancanza di una giusta causa.
Vediamo ora nel dettaglio tutto ciò che c’è da sapere sulle dimissioni nel contratto a termine.
Dimissioni contratto a tempo determinato per giusta causa
Come anticipato sopra, il lavoratore può legittimamente “licenziarsi” prima della scadenza del termine solo in presenza di una giusta causa. A dare la definizione di giusta causa è la disciplina sul periodo di preavviso, che si applica solo ai rapporti a tempo indeterminato.
Con quest’espressione si intendono tutti quei comportamenti del datore di lavoro talmente gravi da costringere il dipendente a dimettersi immediatamente, senza concedere alla controparte un periodo di tempo (il preavviso) per riorganizzare l’attività produttiva o individuare un sostituto.
Di conseguenza, il dipendente a tempo determinato che si dimette per giusta causa non deve rispettare il periodo di preavviso per due motivi:
- Il preavviso è applicato solo ai rapporti a tempo indeterminato;
- Il preavviso non si estende alle dimissioni per giusta causa.
Quali sono i comportamenti talmente gravi da integrare la giusta causa? La casistica è individuata dalla giurisprudenza di Cassazione:
- Mancato o ritardato pagamento della retribuzione;
- Omesso versamento dei contributi previdenziali;
- Mobbing;
- Consistente svuotamento delle mansioni, tali da pregiudicare il bagaglio professionale del dipendente;
- Molestie sessuali del datore;
- Comportamento ingiurioso del superiore gerarchico;
- Datore che pretende prestazioni illecite dal dipendente.
Leggi anche: Dimissioni per giusta causa: istruzioni per l’uso
Cosa fare
Il dipendente che intende interrompere il rapporto per giusta causa deve innanzitutto formalizzare le dimissioni in modalità telematica, con l’invio di appositi moduli al datore di lavoro (via pec) e all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Nel modulo il dipendente, oltre a verificare la correttezza dei dati precaricati e ad inserire le informazioni richieste, deve selezionare l’opzione “dimissioni per giusta causa” e indicare il giorno di decorrenza delle stesse (ad esempio decorrenza 8 gennaio 2019, ultimo giorno di lavoro in azienda il 7 gennaio). Le dimissioni comunicate in altre forme sono inefficaci.
L’invio del modulo può avvenire in autonomia collegandosi al sito www.cliclavoro.gov.it (è necessario possedere il PIN dispositivo INPS o SPID) o tramite intermediari abilitati come patronati, consulenti del lavoro, sindacati, enti bilaterali, commissioni di certificazione e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (in questi casi non è richiesto il PIN dispositivo INPS o SPID).
Le dimissioni possono essere revocate entro 7 giorni dalla trasmissione con le stesse modalità previste per l’invio.
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Conseguenze economiche
A livello economico, il lavoratore che si dimette per giusta causa da un rapporto a tempo determinato ha diritto al risarcimento del danno da parte del datore (da liquidarsi in busta paga) calcolato sulla base della retribuzione cui avrebbe avuto diritto se il contratto fosse arrivato a scadenza (a meno che nel frattempo non abbia trovato un’altra occupazione), comprese le somme maturate a titolo di mensilità aggiuntive (tredicesima o eventuale quattordicesima a seconda del contratto collettivo applicato). Non è dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso (come invece avviene nelle dimissioni per giusta causa da un rapporto a tempo indeterminato).
Dimissioni nel periodo di prova
Durante il periodo di prova il dipendente può legittimamente recedere dal contratto a termine. In questo caso non è necessaria alcuna motivazione e le dimissioni possono essere presentate anche oralmente. Tuttavia, per un’esigenza di certezza dei dati, è bene che il dipendente consegni al datore una comunicazione scritta in cui rassegna le proprie irrevocabili dimissioni in periodo di prova indicando altresì l’ultimo giorno di lavoro.
Per conoscere la durata del periodo di prova è necessario fare riferimento a quanto scritto nel contratto di lavoro o, qualora si rinvii al CCNL, individuare quanti giorni prevede quest’ultimo.
Dimissioni dal contratto a termine senza giusta causa
Le dimissioni prive di giusta causa e presentate al di fuori del periodo di prova costituiscono un’inosservanza del contratto di lavoro. In questi casi il datore può chiedere al lavoratore un risarcimento del danno, che si concretizza in una trattenuta in busta paga.
La quantificazione del pregiudizio subito è a discrezione dell’azienda. Questa può anche discostarsi dall’ammontare delle retribuzioni cui il dipendente avrebbe avuto diritto se non si fosse dimesso; infatti possono venire in considerazione elementi che riguardano l’attività produttiva e la sua programmazione a medio-lungo periodo.
Si pensi al danno occorso all’azienda che, facendo affidamento su un dipendente a tempo determinato con scadenza 30 giugno 2019 per lo svolgimento di una mansione altamente specializzata e difficilmente sostituibile in tempi brevi cui peraltro è legato l’assolvimento di un certo numero di commesse, deve subire le sue dimissioni senza giusta causa con ultimo giorno di lavoro il 31 marzo 2019.
Leggi anche: Dimissioni senza preavviso: come fare e cosa rischia il dipendente
Cosa deve fare l’azienda nel caso di dimissioni nel contratto di lavoro a tempo determinato
Al di là delle conseguenze economiche, l’azienda che riceve via pec le dimissioni del dipendente a tempo determinato è tenuta a comunicarle entro cinque giorni dall’evento (da individuarsi nell’ultimo giorno di lavoro) al Centro per l’Impiego mediante invio del modello Unilav.
Il modello dovrà riportare anche la tipologia di dimissioni (se ordinarie o per giusta causa) e l’ultimo giorno di lavoro.
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