Uno dei dubbi più frequenti che riguardano il rapporto di lavoro dipendente, riguarda la malattia del lavoratore e cosa si può e cosa non si può fare durante questo periodo di riposo forzato del dipendente.
Il lavoratore in mattia è tenuto a rispettare determinati obblighi che, se non osservati, lo espongono a conseguenze economiche e all’applicazione di sanzioni disciplinari. Queste ultime possono concretizzarsi, nei casi di maggiore gravità, nell’interruzione del contratto con licenziamento per giusta causa, senza alcun periodo di preavviso.
Analizziamo ora in dettaglio i comportamenti vietati e quelli, al contrario, concessi al lavoratore in malattia. Ma partiamo dal dubbio più frequente, si può uscire di casa durante la malattia? Per rispondere a questo dubbio vediamo prima in breve cosa sono le visite fiscali e quali sono gli orari da rispettare.
Cosa sono le visite fiscali e quali sono gli orari di controllo
Il datore di lavoro e l’Inps possono controllare lo stato di malattia del dipendente esclusivamente attraverso apposite strutture sanitarie pubbliche, ovvero il polo unico delle visite fiscali.
Per consentire le verifiche, i lavoratori hanno l’obbligo di essere reperibili presso l’indirizzo comunicato nel certificato di malattia, nelle seguenti fasce orarie giornaliere (denominate orari visite fiscali):
- Dalle 10 alle 12;
- Dalle 17 alle 19;
comprese domeniche e giorni festivi.
L’assenza ingiustificata del dipendente alle visite fiscali ha innanzitutto delle conseguenze economiche:
- Assenza alla prima visita, perdita totale di qualsiasi trattamento economico per i primi dieci giorni di malattia;
- Assenza alla seconda visita, oltre alla sanzione di cui al primo punto riduzione del 50% del trattamento economico per il periodo residuo;
- Assenza alla terza visita, l’indennità Inps viene interrotta dal momento della terza assenza sino al termine del periodo di malattia.
Alla perdita economica derivante dall’assenza ingiustificata si sommano le possibili conseguenze disciplinari, in base a quanto previsto dal regolamento interno dell’azienda.
Per le condotte di maggior gravità, il dipendente rischia perfino il licenziamento per giusta causa, senza alcun periodo di preavviso.
E’ possibile uscire di casa fuori dagli orari di reperibilità?
Ma il lavoratore malato può uscire di casa dopo l’orario in cui potrebbe arrivare il medico fiscale? La risposta è sì, ma con una condizione: tale comportamento non deve compromettere una pronta guarigione.
Pertanto, il datore di lavoro può far pedinare il dipendente che esce di casa fuori dagli orari di reperibilità tramite un investigatore privato o raccogliere testimonianze contro di lui.
Tuttavia, non si può licenziare il dipendente se la mancata permanenza in casa non è necessaria per la guarigione, anche se il medico dell’Inps consiglia di rimanere a letto. Questo, però, solo se il giudice, in caso di licenziamento e successiva causa di lavoro, è convinto che tale comportamento (uscire di casa) non abbia ritardato la guarigione e il conseguente ritorno al lavoro.
Cosa è vietato fare durante la malattia? Svolgere altre attività incompatibili con la malattia
La giurisprudenza di Cassazione ha avuto modo di esprimersi sullo svolgimento di altre attività lavorative o extra-lavorative (ad esempio sportive) da parte dei dipendenti in malattia.
Sotto questo aspetto è vietato e può esporre il dipendente a sanzioni disciplinari l’espletamento di altra attività se:
- Indice di scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute e ai doveri di cura;
- Idonea a ritardare o complicare la guarigione.
In concreto, la Cassazione ha giudicato idoneo a pregiudicare o ritardare la guarigione:
- Lo svolgimento di pratica sportiva, in quanto idonea ad aggravare le condizioni fisiche del lavoratore;
- Guida di una moto di grossa cilindrata, recarsi in spiaggia e rendere una seconda attività lavorativa;
- Lavoro continuativo e gravoso presso la panetteria della figlia, in quanto attività non occasionale ma continuativa, con impegno più gravoso di quello che caratterizza le mansioni svolte presso il proprio datore di lavoro.
Simulare lo stato di malattia
Il dipendente non può assumere nel corso della malattia comportamenti tali da rendere evidente la simulazione dello stato morboso. Pena il rischio di incorrere in sanzioni disciplinari. Ad affermarlo sempre le sentenze della Cassazione.
Un caso all’esame della Suprema corte è stato quello di un dipendente che, nel corso dell’assenza, ha diretto operazioni di parcheggio, con coordinamento del personale e riscossione dei pagamenti da parte dei clienti, senza l’adozione delle prescrizioni mediche (collare cervicale) e per numerose ore consecutive. La condotta è stata ritenuta dagli ermellini come poco compatibile con l’effettiva esistenza della malattia.
Cosa si può fare: uscire di casa per cause di forza maggiore o motivi sanitari
Le conseguenze descritte in caso di assenza del lavoratore alla visita fiscale non operano se l’interessato non è in casa per giustificati motivi. Tali si intendono le ipotesi di:
- Forza maggiore;
- Situazioni che abbiano reso imprescindibile e indifferibile la presenza del lavoratore altrove;
- Concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici se risulta che le stesse non potevano essere effettuate in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità.
La giurisprudenza di Cassazione ha ritenuto giustificata l’assenza dall’abitazione per:
- Ritiro di radiografie collegate alla malattia in atto;
- Effettuazione di un’iniezione, a condizione che siano rigorosamente accertate l’indifferibilità del trattamento terapeutico e l’indispensabilità delle modalità scelte dal lavoratore per realizzare tale esigenza;
- Esigenza indifferibile di recarsi in farmacia;
- Visita alla madre ricoverata in ospedale, quando l’orario di visita ai degenti coincide con le fasce di reperibilità.
Cosa si può fare: dedicarsi ad attività compatibili con lo stato di malattia
Il dipendente può dedicarsi nel corso dell’assenza per malattia ad attività lavorative o extra-lavorative a patto che non pregiudichino il recupero della piena idoneità fisica.
La Cassazione ha affermato che non è in contrasto con la malattia il comportamento del lavoratore che, nella serata dell’ultimo giorno di assenza, ha prestato attività (per due ore) presso il ristorante – pizzeria della moglie.
L’attività è stata ritenuta compatibile con lo stato morboso e non idonea a comportare un aggravamento della patologia né tantomeno alcun ritardo nella ripresa del lavoro.
Da ultimo è opportuno precisare che il dipendente in malattia, intenzionato a prestare attività lavorativa presso terzi, svolgendo mansioni che non pregiudicano il recupero dell’idoneità fisica è tenuto, secondo la Cassazione, ad offrire innanzitutto la prestazione al proprio datore di lavoro.
Rientro in anticipo al lavoro dalla malattia
Il dipendente che si sente meglio e idoneo a rientrare in anticipo al lavoro può farlo, a patto che si sottoponga ad una nuova visita medica, all’esito della quale dovrà essere prodotto dal medico un certificato che rettifica la data di fine prognosi inizialmente comunicata all’Inps e, per il suo tramite, al datore di lavoro.
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