Le ferie rappresentano un diritto irrinunciabile del lavoratore. L’art. 36 della Costituzione stabilisce che: “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. La normativa sul lavoro, nello specifico il Decreto legislativo 8 aprile 2003 numero 66, promuove questo diritto riconoscendo a tutti i dipendenti un periodo minimo annuo di ferie (retribuite) da godere entro precise scadenze.
Il lavoratore che intende sfruttare le ferie è tenuto a trasmettere formale richiesta all’azienda non potendo assentarsi in maniera arbitraria dal lavoro senza il consenso aziendale, pena il rischio di incorrere in sanzioni disciplinari. Tuttavia l’ultima parola spetta quasi sempre al datore di lavoro.
Analizziamo in dettaglio come può comportarsi il dipendente se, a fronte o meno della domanda di ferie, il datore di lavoro non concede le ferie.
Chi decide sulla concessione delle ferie?
Le decisioni in merito alla concessione o meno delle ferie, alla loro quantità e collocazione temporale spettano esclusivamente al datore di lavoro, essendo titolare del potere economico – produttivo, in cui si raggruppano tutte quelle scelte e disposizioni atte a garantire l’esecuzione e la disciplina del lavoro.
Altri esempi in tal senso sono le decisioni sulla concessione di superminimi e indennità ad personam, nonché quelle sulla distribuzione dell’orario e le mansioni.
Nel decidere in merito alla fruizione delle ferie, il datore di lavoro deve contemperare le esigenze economico – organizzative, in termini di continuità dell’attività aziendale, con le esigenze personali del dipendente.
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Quattro settimane minime di ferie
La normativa (articolo 10, Decreto legislativo numero 66/2003) riconosce un periodo minimo di ferie retribuite a beneficio di ciascun dipendente, in forza in azienda per almeno un anno.
Il suddetto monte – ferie è pari complessivamente a quattro settimane e dev’essere goduto:
- Per almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione;
- Per le restanti due settimane (o il diverso periodo residuo) entro i diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione (fatte salve le scadenze più ampie stabilite dalla contrattazione collettiva).
Il datore di lavoro che non rispetta le scadenze citate incorre in:
- Pagamento anticipato dei contributi previdenziali e assistenziali, calcolati sulle ferie non godute;
- Sanzione amministrativa pecuniaria.
Il dipendente in forza in azienda dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno corrente maturerà almeno quattro settimane di ferie retribuite, da fruire:
- Per almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione, di conseguenza dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024;
- Per le restanti due settimane (o il diverso periodo residuo) entro i diciotto mesi successivi la fine del periodo di maturazione, corrispondenti al 30 giugno 2026.
Le deroghe della contrattazione collettiva
I singoli contratti collettivi applicati possono:
- Ridurre il limite delle due settimane di ferie da godere nel corso dell’anno di maturazione;
- Estendere il termine di diciotto mesi entro cui completare la fruizione delle quattro settimane minime di ferie legali.
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Cosa fare se il datore di lavoro non concede le ferie?
Come visto il dipendente ha il diritto irrinunciabile di fruire delle ferie nei termini previsti dalla normativa. L’eventuale diniego del datore di lavoro è pertanto da considerarsi illegittimo. Fanno eccezione le ipotesi in cui l’azienda, a fronte della quantità di ferie richieste e della loro collocazione temporale, proponga una soluzione alternativa che preveda:
- Un numero inferiore di giorni di ferie;
- Una diversa collocazione temporale, ad esempio lo slittamento delle ferie al mese successivo;
- Una combinazione tra le due soluzioni precedenti;
il tutto nel rispetto della normativa di legge.
E’ bene precisare che il Ministero del lavoro, con la Circolare del 3 marzo 2005 numero 8 ha individuato tre periodi di ferie:
- Un primo periodo di almeno due settimane, da fruire nel corso dell’anno di maturazione, possibilmente in modo ininterrotto, se richiesto dal lavoratore;
- Un secondo periodo di due settimane, da godere nei diciotto mesi dal termine dell’anno di maturazione;
- Un terzo periodo superiore al minimo di quattro settimane, previsto dalla contrattazione collettiva, che può essere fruito anche in modo frazionato.
Rivolgersi al datore di lavoro
Una prima azione del dipendente di fronte al rifiuto illegittimo del datore di lavoro di concedere le ferie è quella di trasmettere a quest’ultimo una comunicazione scritta in cui:
- Si rinnova la richiesta di fruire delle ferie;
- Si ricordano gli obblighi legali in materia di godimento delle ferie;
- Si afferma che, in assenza di positivo riscontro alla missiva, l’interessato si riserva di valutare ulteriori azioni nei confronti dell’azienda.
Il documento dev’essere trasmesso al datore di lavoro a mezzo raccomandata a mani, raccomandata A / R o posta elettronica certificata.
Rivolgersi a un sindacalista
Nel caso in cui il tentativo con il datore di lavoro non vada a buon fine, il dipendente può rivolgersi a un sindacalista affinché quest’ultimo prenda contatto con l’azienda per risolvere la situazione.
Quella in parola rappresenta l’ultima soluzione per ottenere il godimento delle ferie da parte del datore di lavoro, prima di passare a soluzioni di maggior impatto, come il ricorso all’autorità ispettiva o l’apertura di una controversia giudiziale.
Rivolgersi all’ITL
Il dipendente che non può fruire delle quattro settimane di legge entro le scadenze sopra descritte può rivolgersi all’autorità ispettiva, nello specifico all’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) competente.
L’ITL, grazie ad una prescrizione a adempiere, può obbligare l’azienda a consentire che il lavoratore usufruisca delle ferie residue non godute.
Come sostenuto dalla Corte di cassazione, l’onere della prova circa l’effettiva fruizione delle ferie ricade sul datore di lavoro.
Risarcimento del danno
A fronte dell’illegittimo diniego del datore di lavoro di consentire al dipendente di fruire delle ferie, il lavoratore stesso può attivarsi per chiedere in giudizio un risarcimento del danno non patrimoniale.
In tal caso, a differenza del ricorso all’ITL, spetta al lavoratore dimostrare:
- L’entità e la sussistenza del danno non patrimoniale, in termini di usura psico-fisica causata dal mancato godimento delle ferie;
- Il nesso causale tra danno non patrimoniale e non fruizione delle ferie.
Cosa non si può fare: chiedere la liquidazione delle ferie in busta paga
Le ferie sono un diritto irrinunciabile del dipendente, al fine di garantirgli periodi di effettiva assenza dal lavoro (retribuiti) e permettergli così di dedicarsi alle esigenze di vita familiare e sociale, oltre che per recuperare le energie psico-fisiche spese nel corso della prestazione.
Di conseguenza, opera un divieto di liquidare le ferie residue in busta paga, privando così il dipendente di assentarsi dal lavoro.
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Il dipendente, in alternativa al ricorso all’ITL o alla richiesta di risarcimento danni, non può avanzare al datore di lavoro la richiesta di liquidazione in busta paga delle ferie non godute.