Contributi non versati: cosa succede se l’azienda non versa i contributi INPS? E se li versa in misura inferiore o parziale? Il Codice Civile prevede all’articolo 2115 che imprenditore e lavoratore contribuiscano alle istituzioni di previdenza ed assistenza. Tradotto, significa che nel momento in cui le prestazioni del lavoratore vengono utilizzate dall’azienda sorge, oltre all’obbligo della retribuzione e dell’assicurazione INAIL, anche l’obbligo di contribuzione all’INPS (per previdenza e pensione).
Il pagamento dell’onere contributivo è in parte a capo del dipendente, realizzato attraverso una trattenuta in busta paga, mentre il residuo è dovuto dall’azienda. Il datore di lavoro versa questi contributi a mezzo F24 con codice DM10 (tanto per la quota a suo carico quanto per quella trattenuta al lavoratore).
Dal momento che l’INPS opera come un’assicurazione (malattia, disoccupazione, invalidità, pensioni) l’omesso versamento dei contributi ha effetti importanti sul dipendente:
- nel breve periodo dal momento che, in parallelo al mancato pagamento delle somme all’Istituto, l’azienda potrebbe ritardare anche l’erogazione della retribuzione, in quanto coinvolta in una crisi di liquidità;
- nel lungo periodo posto che i contributi versati all’ente di previdenza hanno effetti sulla misura e sulla maturazione del diritto alla pensione.
Analizziamo in dettaglio le conseguenze per il datore di lavoro in caso di mancato pagamento dei contributi; vediamo inoltre quali sono le soluzioni in mano al dipendente al pari del mancato pagamento dello stipendio.
Contributi non versati: cos’è e come funziona l’estratto contributivo INPS
A garanzia del lavoratore, in quanto soggetto che non si occupa direttamente di versare i contributi all’INPS, opera la cosiddetta “automaticità delle prestazioni”; nel rispetto del termine di prescrizione quinquennale relativo alle somme non pagate all’INPS.
Per evitare di perdere il diritto a vedersi accreditati i contributi, è bene tenere costantemente sotto controllo il proprio “Estratto conto contributivo”; in sostanza il documento che elenca tutte le somme versate all’INPS in favore del lavoratore.
Nel prospetto vengono elencati, suddivisi in base alla gestione cui risulta iscritto il contribuente, i versamenti:
- da lavoro;
- figurativi;
- da riscatto.
L’Estratto può essere consultato da parte degli utenti con credenziali SPID, CIE o CNS; collegandosi al portale “inps.it – Prestazioni e Servizi – Prestazioni – Consultazione Estratto conto contributivo / previdenziale”. In alternativa è possibile:
- Chiamare il Contact center INPS al numero 803.164 (gratuito da rete fissa) o lo 06.164.164 da rete mobile;
- Rivolgersi a enti di patronato o intermediari dell’Istituto.
Contributi INPS: automaticità delle prestazioni
A garanzia del lavoratore dipendente opera il principio della cosiddetta “automaticità delle prestazioni”. Ciò significa che le prestazioni previdenziali sono dovute anche nel caso in cui l’azienda non abbia regolarmente versato i contributi; salvo che la legge non disponga diversamente.
Per quanto riguarda i trattamenti di vecchiaia, invalidità e superstiti l’automaticità delle prestazioni opera:
- Per la sola contribuzione omessa non prescritta;
- A condizione che l’interessato dimostri la sussistenza del rapporto di lavoro, presentando all’INPS idonea documentazione.
Ipotesi prescrizione contributi
Possono pertanto presentarsi tre ipotesi, ovvero se i contributi:
- non sono ancora prescritti quando si verifica l’evento assicurato (ad esempio il compimento dell’età pensionabile) il lavoratore consegue il diritto alla pensione;
- non sono prescritti ma l’evento si verificherà dopo la prescrizione, l’interessato può attivarsi (prima del decorso della prescrizione) presentando idonea denuncia all’INPS affinché provveda alla riscossione dei contributi nei confronti del datore di lavoro, in alternativa chiedendo in giudizio la condanna dell’azienda al pagamento delle somme;
- sono prescritti, il lavoratore ha diritto, nei confronti dell’azienda, al risarcimento generico dei danni ovvero al risarcimento del danno in forma specifica a mezzo costituzione di una rendita vitalizia reversibile.
Quest’ultima ha come scopo quello di compensare la pensione o la quota di essa che sarebbe spettata al lavoratore in relazione ai contributi omessi. In tal senso, gli importi versati all’INPS sono attribuiti al periodo in cui i contributi avrebbero dovuto essere pagati dall’azienda.
Prescrizione dei contributi INPS
I contributi non versati si prescrivono decorsi cinque anni dal giorno di scadenza del pagamento. Tuttavia, in caso di denuncia da parte del lavoratore o dei suoi superstiti, il termine prescrizionale passa, per il solo denunciante, a dieci anni.
In pratica, soltanto previa denuncia dell’interessato all’ente, nel rispetto del termine di prescrizione di cinque anni, lo stesso (ad esempio l’INPS) potrà procedere al recupero dei contributi non versati entro dieci anni dall’omissione.
L’Istituto ha inoltre chiarito (Circolare 2 marzo 2012 numero 31) che la denuncia di omissione contributiva inoltrata dal lavoratore è idonea ad estendere il periodo di prescrizione, indipendentemente dal fatto che l’INPS si attivi o meno, nei confronti del datore di lavoro inadempiente, con le azioni di recupero.
Trascorsi dieci anni, l’ente previdenziale è comunque impossibilitato a pretendere o ricevere le somme.
Un’ultima possibilità per il lavoratore è quella di promuovere un’azione volta ad ottenere dal datore il versamento della quota matematica, corrispondente alla ricostruzione della pensione persa per mancato pagamento della contribuzione.
Interruzione della prescrizione dei contributi
Come ha ricordato l’INPS in più circolari (Circolare 22 gennaio 1996 numero 18 e Circolare 25 maggio 2005 numero 69) gli atti di interruzione della prescrizione devono provenire necessariamente dall’ente creditore, a seguito di una denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. Di conseguenza, non hanno alcuna efficacia i verbali dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL).
L’atto che interrompe la prescrizione dovrà riportare:
- L’ammontare dei contributi omessi (o comunque l’indicazione degli elementi in grado di portare alla quantificazione dell’importo) ed il periodo cui si riferisce l’omissione;
- Il nominativo e i dati anagrafici del denunciante;
- Il regime sanzionatorio applicabile;
- Gli estremi della denuncia, in particolare la data di presentazione.
Omesso versamento dei contributi: sanzioni civili e penali per omissione e evasione contributiva
Il datore di lavoro che omette di versare (in tutto o in parte) i contributi previdenziali incorre in possibili sanzioni civili e penali.
Sul punto è opportuno distinguere tra:
- Omissione, inquadrabile come la condotta del datore di lavoro che non versa o versa in ritardo i contributi, il cui ammontare è comunque rilevabile dalle denunce e / o dalle registrazioni obbligatorie;
- Evasione, che ricorre in presenza di denunce obbligatorie o registrazioni omesse o non conformi al vero (le retribuzioni erogate e i rapporti di lavoro sono occultati con la precisa intenzione di non versare i contributi).
Sanzioni civili
Coloro che non provvedono entro le scadenze stabilite al pagamento dei contributi (con ammontare rilevabile dalle denunce e / o registrazioni obbligatorie) ovvero vi provvedono in misura inferiore, sono tenuti a versare un importo pari al tasso BCE aumentato del 5,5% entro la misura massima del 40% dei contributi dovuti.
Al contrario, per le ipotesi di evasione:
- Connessa a registrazioni o denunce obbligatorie non conformi al vero o omesse, è prevista una sanzione civile corrispondente ad un tasso di interesse pari al 30% (in ragione d’anno) entro la misura massima del 60% dei contributi dovuti;
- Denunciata spontaneamente prima di richieste o contestazioni da parte degli organi di controllo e, comunque, entro 12 mesi dal termine ordinario di pagamento ed altresì con pagamento dei contributi entro 30 giorni dalla denuncia stessa, è applicata una sanzione civile pari al tasso BCE aumentato del 5,5% entro la misura massima del 40% dei contributi dovuti;
- Con mancato o ritardato pagamento dei contributi, derivante da incertezze oggettive connesse ad orientamenti giurisprudenziali contrastanti circa l’obbligo contributivo (successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa) si applica la sanzione civile pari al tasso BCE aumentato del 5,5% entro il limite massimo del 40% dei contributi dovuti.
Riduzione delle sanzioni civili
L’ammontare delle sanzioni civili può essere ridotto, sino alla misura degli interessi legali, in caso di:
- Oggettive incertezze sull’obbligo contributivo (ad esempio in virtù di un consolidato orientamento giurisprudenziale diverso e contrastante con quello precedente);
- Fatto doloso del terzo;
- Crisi, riorganizzazione, riconversione o ristrutturazione aziendale;
- Omissioni o evasioni nell’ambito delle procedure concorsuali;
- Omissioni nell’ambito di enti non economici, enti / fondazioni / associazioni non aventi fini di lucro.
Nel caso in cui l’INPS conceda la riduzione, la sanzione potrà essere ricondotta a:
- Interessi legali vigenti alla data di presentazione della domanda, se il comportamento del richiedente è complessivamente valutato come corretto;
- A fronte di una condotta non costantemente corretta, la sanzione potrà essere ridotta agli interessi legali vigenti alla data di presentazione della domanda, maggiorati del 50%.
Sanzioni penali
Le sanzioni penali per il datore di lavoro sono rappresentate dal reato di omesso versamento, ravvisato in presenza di un dolo generico (il quale si realizza quando si pone in essere la condotta tipica incriminata dalla norma).
Il mancato versamento realizzato da un terzo, cui l’azienda ha demandato il pagamento dei contributi, non esonera la stessa da responsabilità in sede penale. Spetta infatti al datore di lavoro, quale soggetto titolare del rapporto, vigilare sul fatto che il professionista / terzo provveda a versare le somme.
L’omesso pagamento di ritenute previdenziali, per la quota a carico del lavoratore ed operate sulla retribuzione riconosciuta a quest’ultimo (comprese le trattenute ai pensionati che lavorano):
- Se di importo superiore a 10 mila euro annui è punito con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro;
- Se di importo pari o inferiore a 10 mila euro annui comporta la sanzione amministrativa da 10 mila a 50 mila euro non diffidabile.
L’azienda non è comunque punibile se provvede al versamento entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica del provvedimento di accertamento della violazione. La denuncia di reato dev’essere infatti trasmessa dopo il versamento tardivo o decorsi inutilmente i tre mesi.
Le ritenute previdenziali possono comunque essere compensate con eventuali somme anticipate in busta paga per conto dell’INPS nel caso in cui i contributi carico ditta (A) siano inferiori alle prestazioni anticipate (B). In tal caso la compensazione potrà essere effettuata ma limitatamente all’eccedenza (B – A = C).
L’arco temporale di riferimento per determinare il superamento o meno della soglia dei 10 mila euro interessa i contributi di competenza del mese di dicembre (da versare entro il 16 gennaio dell’anno successivo) sino a quelli relativi al mese di novembre (scadenza di versamento 16 dicembre).
Segui gli aggiornamenti su Google News!
Segui Lavoro e Diritti su WhatsApp, Facebook, YouTube o via email