Cosa succede nel caso in cui la lavoratrice con contratto a tempo determinato si mette in maternità? In particolare cosa avviene alla scadenza del contratto? La normativa italiana ha nei confronti delle lavoratrici l’obiettivo di garantire una copertura economica nei periodi in cui devono assentarsi a causa della gravidanza. E’ lo Stato a intervenire attraverso l’INPS con apposite indennità, generalmente integrate dal datore di lavoro in base a quanto prevede il CCNL applicato.
In particolare la normativa italiana ben 3 periodi differenti di copertura per le lavoratrici: la maternità obbligatoria, anticipata e facoltativa. Ma come si conciliano questi periodi di maternità con i contratti di lavoro a termine? Ecco i dettagli.
Congedo di maternità obbligatoria, anticipata e facoltativa: cosa sono in breve
Per prima cosa facciamo un breve riepilogo dei suddetti periodi di congedo.
Astensione obbligatoria
In particolare la legge (Dlgs. n. 151/2001) prevede la copertura economica dei periodi di astensione obbligatoria dal lavoro (cosiddetto “congedo di maternità”):
- I 2 mesi precedenti la data presunta del parto;
- I 3 mesi successivi al parto.
I suddetti periodi sono flessibili, potendo la dipendente può assentarsi dal lavoro solo nel nono mese di gravidanza, continuando a lavorare nell’ottavo, o anche al nono mese come stabilito dalla legge di bilancio 2019; a patto che il medico attesti che la scelta di ritardare il congedo non arreca pregiudizio alla salute della madre e del bambino. In questi casi, i periodi di congedo saranno quello precedente la data presunta del parto e i 4 o 5 mesi successivi.
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Maternità anticipata
Peraltro, il congedo può essere anticipato:
- Per gravi complicazioni della gravidanza o malattie che possono essere aggravate dalla gravidanza;
- Quando le condizioni di lavoro o ambientali possono arrecare pregiudizio alla salute della lavoratrice o del nascituro;
- Quando la dipendente svolge un’attività faticosa o insalubre o che può comportare un rischio per la salute e la sicurezza e non può essere spostata ad altre mansioni.
In questi casi l’ASL o l’Ispettorato territoriale del lavoro possono disporre l’interdizione anticipata dal lavoro fino all’inizio del congedo di maternità.
Maternità facoltativa (o congedo parentale)
Allo stesso modo, l’astensione dal lavoro può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto quando:
- Le condizioni ambientali o di lavoro sono pregiudizievoli alla salute della dipendente;
- La lavoratrice è addetta a lavori pericolosi, insalubri o faticosi e non può essere spostata ad altre mansioni.
Il provvedimento di proroga è di competenza dell’Ispettorato territoriale del lavoro.
Durante il congedo di maternità obbligatoria e anticipata spetta un’indennità a carico dell’INPS pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera moltiplicata per le giornate di congedo ad eccezione di:
- Festività e domeniche se trattasi di operai;
- Festività cadenti di domenica per gli impiegati.
Mentre nella maternità facoltativa spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione media. Hanno diritto all’indennità i lavoratori dipendenti che hanno in corso un valido rapporto di lavoro, senza che siano richiesti requisiti di tipo contributivo o anzianità assicurativa.
Vediamo ora nel dettaglio cosa succede per chi ha un rapporto di lavoro a tempo determinato.
Maternità e contratto a termine: cosa spetta e per quanto tempo
I dipendenti con contratto a termine hanno gli stessi diritti dei colleghi a tempo indeterminato per quanto riguarda i congedi di maternità. Questo significa che durante i periodi di assenza spetta l’indennità a carico dell’INPS e l’eventuale integrazione aziendale (se prevista dal CCNL applicato) fino a raggiungere una quota o il 100% della normale retribuzione.
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Come anticipato, l’indennità INPS è pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera, calcolata prendendo a riferimento la retribuzione riconosciuta nel periodo di paga immediatamente precedente quello in cui ha avuto inizio il congedo.
I dipendenti a termine hanno diritto all’indennità INPS per gli stessi periodi spettanti ai lavoratori a tempo indeterminato, ivi compresi i giorni di interdizione anticipata o posticipata fino a 7 mesi dopo il parto. Ma cosa accade se durante la maternità il contratto a tempo determinato arriva a scadenza? Il datore di lavoro può decidere di prorogare il rapporto di lavoro, oppure trasformarlo a tempo indeterminato; quindi in questo caso nulla cambia.
Vediamo invece cosa accade se l’azienda non proroga il rapporto di lavoro e non procede alla trasformazione.
Maternità oltre la scadenza del contratto a tempo determinato
L’indennità INPS per i periodi di congedo spetta anche se il rapporto di lavoro è cessato. La prestazione è infatti garantita alle lavoratrici disoccupate all’inizio del congedo, a patto che tra la data di inizio della disoccupazione e l’avvio del congedo non siano trascorsi più di 60 giorni.
Nel conteggio dei 60 giorni non si considerano le assenze per:
- Malattia o infortunio sul lavoro;
- Congedo parentale o permesso per malattia del bambino dovuti a precedente maternità;
- Assenze per assistere un minore in affidamento;
- Periodi di non lavoro nell’ambito di un rapporto part-time verticale;
- Congedo straordinario per assistere il coniuge o un figlio portatore di handicap in situazione di gravità.
L’indennità spetta anche se l’intervallo è superiore ai 60 giorni se all’inizio del congedo la dipendente:
- Percepisce la NASPI;
- Non ha diritto alla NASPI per essere stata occupata nell’ultimo biennio in lavorazioni non soggette all’obbligo di assicurazione contro la disoccupazione, purché all’inizio del congedo non siano trascorsi più di 180 giorni dalla data di risoluzione del rapporto e nel biennio precedente siano stati versati o comunque dovuti almeno 26 contributi settimanali nell’assicurazione per la maternità.
La prestazione INPS viene altresì riconosciuta quando durante il congedo il rapporto cessa per scadenza del termine.
Chi eroga l’indennità di maternità
In costanza di rapporto di lavoro è il datore ad anticipare per conto dell’INPS l’indennità di maternità, fatti salvi i casi di pagamento diretto. L’importo erogato viene poi recuperato sui contributi dovuti all’Istituto da versare con modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo quello di competenza.
Quando invece il rapporto cessa, l’INPS provvede ad erogare direttamente alla madre l’indennità spettante. Il pagamento diretto viene effettuato dalla sede INPS territorialmente competente in base alla residenza della lavoratrice, a mezzo bonifico postale o su conto corrente bancario.
La domanda di pagamento diretto dev’essere presentata all’INPS:
- Collegandosi al sito INPS se dotati di PIN dispositivo;
- Chiamando il Contact center all’803164 (rete fissa) o allo 06164164 da rete mobile;
- Avvalendosi dei patronati.
La domanda dev’essere inoltrata prima dell’inizio del congedo e comunque entro un anno dalla fine del periodo, pena la prescrizione del diritto.
Sia nei casi di anticipo da parte dell’azienda che di pagamento diretto, la lavoratrice deve presentare all’INPS entro i due mesi precedenti la data presunta del parto la domanda di maternità.
Prima dell’inizio del congedo, inoltre, il medico del Servizio sanitario nazionale deve inoltrare all’INPS in via telematica il certificato di gravidanza.
Entro 30 giorni dal parto la lavoratrice presenta al datore il certificato di nascita e comunica all’INPS la data di nascita del figlio e le sue generalità.
Contratto a termine e congedo parentale
Alle lavoratrici a termine spetta il congedo parentale (a carico INPS) al pari dei tempi indeterminati. Con la differenza che mentre nell’astensione obbligatoria si ha diritto all’indennità anche se il rapporto è cessato, per il congedo parentale si richiede che sia in corso un regolare rapporto di lavoro alla data di inizio assenza.
Il congedo parentale si caratterizza per essere un periodo di assenza facoltativo, per questo meritevole di un’indennità INPS di importo inferiore rispetto alla maternità obbligatoria. Questa infatti è pari al 30% della retribuzione media giornaliera, peraltro escludendo dal computo i ratei delle mensilità aggiuntive.
La retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo della retribuzione media giornaliera è sempre quella del periodo mensile o quadrisettimanale precedente quello in cui ha avuto inizio il congedo.
Altre prestazioni
Per le altre prestazioni nulla cambia se il dipendente è a tempo indeterminato o a termine. Spettano alle stesse condizioni i congedi obbligatori e facoltativi per il padre lavoratore, i riposi per allattamento, i permessi per malattia del bambino.
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