Fra le tante domande che ci pongono i nostri lettori sui vari social, una spicca in modo più ricorrente rispetto alle altre. Ovvero quante proroghe e rinnovi si possono fare nel contratto a tempo determinato e che differenza c’è tra i due eventi?
La normativa di riferimento è contenuta nel Decreto legislativo 15 giugno 2015 numero 81 e s.m.i. Questa considera il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato come la forma comune di contratto tra datore di lavoro e dipendente. Tuttavia in deroga al tempo indeterminato, le parti possono stipulare un contratto a termine, soggetto quindi a una data di scadenza che, raggiunta, determina la cessazione naturale del contratto.
Considerato il carattere “precario” del contratto, essendo legato a un termine di durata, la legge ne limita l’utilizzo, in termini di: motivazioni che consentono al datore di lavoro di farvi ricorso; numero massimo di proroghe concesse; durata massima del contratto (o dei contratti) a termine tra le parti.
Qual è la durata massima dei contratti a tempo determinato?
Prima di affrontare l’argomento di quante proroghe e rinnovi si possono fare in un contratto a termine, è bene chiarire che, eccezion fatta per le attività stagionali, tutti i rapporti a tempo determinato tra lo stesso lavoratore e datore di lavoro non possono eccedere i 24 mesi di durata.
Nel conteggio si considerano i contratti a termine conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale (operaio, impiegato, quadro, dirigente) a prescindere dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro.
Se le parti non rispettano il tetto dei 24 mesi, il lavoratore può chiedere in giudizio che il contratto venga trasformato a tempo indeterminato dalla data del superamento del limite.
Qual è la differenza tra proroga e rinnovo nel contratto a termine?
La differenza tra proroga e rinnovo nel contratto a termine riguarda principalmente il modo in cui viene esteso il contratto e le implicazioni legali associate.
Cos’è la proroga del contratto a termine
La proroga rappresenta un’estensione temporale del contratto a termine, senza soluzione di continuità. Questo significa che il rapporto di lavoro prosegue, senza alcuna interruzione, con uno slittamento in avanti della data di fine rapporto.
Cos’è il rinnovo
Al contrario nel rinnovo il rapporto di lavoro a termine si interrompe e, in una data successiva, le parti stipulano un secondo contratto, sempre a tempo determinato.
Di conseguenza, perché si possa parlare di rinnovo, tra i due contratti dev’esserci uno stacco temporale, anche solo di un giorno.
In sostanza, mentre la proroga estende semplicemente il contratto esistente, il rinnovo comporta la creazione di un nuovo contratto a termine, che potrebbe comportare modifiche rispetto al contratto precedente. Entrambi i processi possono essere utilizzati per continuare il rapporto di lavoro oltre la scadenza originale, ma le modalità possono variare a seconda delle esigenze delle parti coinvolte e delle normative locali.
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Cosa implica l’interruzione del rapporto di lavoro?
In condizioni simili, a seguito dell’interruzione del primo contratto di lavoro e previo rinnovo, il datore di lavoro è tenuto, al pari degli altri eventi di cessazione del rapporto, a:
- Liquidare ferie e permessi maturati e non goduti;
- Liquidare gli importi a titolo di mensilità aggiuntive maturate (tredicesima ed eventuale quattordicesima);
- Liquidare il Trattamento di fine rapporto (Tfr).
Successivamente si potrà invocare la conversione del secondo rapporto a tempo indeterminato, nelle ipotesi di riassunzione a termine in cui lo stacco temporale tra il contratto cessato e quello successivo è inferiore a:
- 20 giorni di calendario, se il contratto scaduto aveva una durata superiore a 6 mesi;
- 10 giorni di calendario, se il rapporto scaduto aveva una durata pari o inferiore a 6 mesi.
Chiarita la differenza tra proroghe e rinnovi, passiamo ad affrontare il tema oggetto della domanda.
Quante proroghe si possono fare nel contratto a tempo determinato?
Il contratto a tempo determinato può essere prorogato, senza soluzione di continuità, per un massimo di quattro volte, sempre nel rispetto dei 24 mesi complessivi di durata.
Il rispetto del numero delle proroghe merita attenzione, dal momento che, oltrepassato il limite citato, il contratto, previo ricorso in giudizio del lavoratore o a seguito di ispezione degli Enti preposti ai controlli, si trasforma a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.
Quanti rinnovi si possono fare?
A differenza delle proroghe, i rinnovi sono soggetti esclusivamente al limite dei 24 mesi complessivi di durata.
Di conseguenza, datore di lavoro e dipendente possono rinnovare il contratto anche più e più volte, a condizione però che la totalità dei rapporti a termine intercorsi tra le stesse parti non ecceda i 24 mesi di durata.
Le causali di legge: un limite comune a proroghe e rinnovi
Sempre nell’ottica di limitare l’utilizzo dei contratti a termine, il Decreto legislativo 15 giugno 2015 numero 81, riconosce al datore di lavoro e al dipendente la possibilità di ricorrere liberamente al contratto a termine per qualsiasi motivazione e lo svolgimento di ogni tipo di mansione, solo per contratti di durata fino a 12 mesi.
I contratti a termine tra le parti (sempre nel rispetto della durata complessiva di 24 mesi) devono essere motivati dalle seguenti causali, nel caso in cui si oltrepassino i 12 mesi:
- Casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati da RSA / RSU;
- In assenza di previsioni dei contratti collettivi, si fa riferimento alle causali previste dai contratti collettivi applicati in azienda;
- In mancanza di previsioni degli accordi collettivi, le casistiche di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano il ricorso al contratto a termine oltre i 12 mesi, devono essere individuate dalle parti (quest’ultima fattispecie è limitata ai soli contratti stipulati entro il 31 dicembre 2024).
Se il Suo contratto (anche a seguito di proroghe o rinnovi successivi) eccede i 12 mesi e nella lettera del datore di lavoro non vengono contemplate le causali sopra descritte, potrà chiedere in giudizio la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato a partire dalla data di superamento dei citati 12 mesi.
Una quarta e ultima causale attiene alle esigenze di sostituzione di altri lavoratori.
Attenzione ai contratti stipulati prima del 5 maggio 2023
Prima di ricorrere in giudizio per la trasformazione a tempo indeterminato del contratto è opportuno che consideri un ulteriore aspetto.
Per il conteggio dei 12 mesi, superati i quali scatta l’obbligo delle causali, non si computano i contratti stipulati fino al 4 maggio 2023.
In definitiva, sempre nel rispetto del limite massimo di durata di 24 mesi, ai soli fini dell’obbligatorietà o meno delle causali, non rilevano:
- I contratti stipulati (vale a dire la data di firma del contratto) prima del 5 maggio 2023;
- I rinnovi stipulati (vale la data di firma del contratto) prima del 5 maggio 2023;
- Le proroghe stipulate (vale la data di firma della scrittura di proroga) prima del 5 maggio 2023.