Nella seduta di lunedì 19 febbraio 2024 la Camera dei deputati ha approvato con 140 voti favorevoli e 69 contrari, il disegno di legge di conversione del D.L. 30 dicembre 2023 numero 215 recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi, detto anche Decreto Milleproroghe.
Un emendamento al D.D.L., ora all’esame del Senato, estende sino al 31 dicembre 2024 (rispetto alla precedente scadenza del prossimo 30 aprile) la possibilità per datori di lavoro e dipendenti di individuare le causali che giustificano il ricorso al contratto a tempo determinato oltre la soglia dei 12 mesi. Si profila quindi un ulteriore ritocco alla disciplina del contratto a termine, dopo l’ultima riforma introdotta con il Decreto Lavoro (Dl numero 48/2023).
Facciamo una analisi delle novità, ma prima partiamo da una panoramica della normativa in vigore ad oggi dopo il decreto lavoro 2023.
Contratto e tempo determinato, come funziona dal Decreto Lavoro in poi
Il Decreto Lavoro 48/2023 recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” convertito con modificazioni dalla Legge 3 luglio 2023 numero 85 ha ritoccato la disciplina del ricorso al contratto a tempo determinato, contenuta al Capo III del Decreto legislativo 15 giugno 2015 numero 81.
Ricordiamo che, a norma dell’articolo 19 del citato D.Lgs. numero 81/2015, al contratto di lavoro subordinato “può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi” per qualsiasi esigenza / mansione e senza alcuna specifica motivazione.
Il discorso cambia se il rapporto supera i 12 mesi (comunque nel rispetto dei 24 mesi complessivi).
Modificate le causali
Tra gli istituti oggetto di modifica ad opera del D.L. numero 48/2023 figura il regime delle causali. Trattasi in particolare di una serie di condizioni al ricorrere delle quali il rapporto a termine può oltrepassare i 12 mesi complessivi di durata.
Nello specifico, sono state del tutto soppresse le condizioni in precedenza riferite:
- Ad esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività;
- Ad esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Le nuove causali intendono valorizzare “il ruolo della contrattazione collettiva nella individuazione dei casi che consentono di apporre al contratto di lavoro un termine superiore ai dodici mesi” (Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 9 ottobre 2023 numero 9).
Le nuove causali del contratto a termine
Ai sensi dell’articolo 19 del D. Lgs. numero 81/2015, come modificato dal D.L. in parola, il contratto a termine può avere una durata superiore a 12 mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
- Casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA / RSU;
- In assenza di previsioni dei contratti collettivi (come sopra definiti) valgono le causali previste dai contratti collettivi applicati in azienda;
- In assenza di disposizioni dei contratti collettivi applicati in azienda e comunque entro il 30 aprile 2024, rilevano le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti nel contratto individuale.
Alle tre ipotesi citate si aggiungono le esigenze di sostituzione di altri lavoratori.
Ulteriori causali, ma solo entro il 30 aprile 2024
Il punto c) sopra citato consente alle parti stipulanti il contratto individuale di lavoro “in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi” di “individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi” (Circolare ministeriale).
Le parti individuali, tuttavia, possono avvalersi di tale possibilità soltanto entro la data del 30 aprile 2024, consentendo “in tal modo alle Parti sociali di adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi” le cui previsioni “costituiscono fonte privilegiata in questa materia” (circolare).
La data del 30 aprile 2024, peraltro, è da intendersi riferita alla stipula del contratto, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile.
Cosa cambia per il contratto a tempo determinato con il Decreto Milleproroghe?
Il testo del Milleproroghe in sede di conversione in legge prevede nel nuovo comma 4-bis dell’articolo 18 che, in materia di durata del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, le parole “30 aprile 2024” all’interno dell’articolo 19, comma 1, lettera b), D.Lgs. numero 81/2015 sono sostituite da “31 dicembre 2024”.
Di conseguenza, in mancanza di disposizioni dei contratti collettivi applicati in azienda, datore di lavoro e dipendente hanno la possibilità, entro il 31 dicembre 2024 (anziché entro il prossimo 30 aprile) di individuare le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai 12 mesi.
Pur in virtù del nuovo termine del 31 dicembre 2024 si ritengono ancora validi i chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro con la Circolare del 9 ottobre 2023 numero 9, secondo cui la data è da intendersi riferita alla stipula del contratto che, pertanto, potrà anche oltrepassare (come durata) il 31 dicembre.
Contratti a termine, resta il limite dei 24 mesi
A prescindere dalla normativa in materia di causali, resta fermo il limite massimo di durata dei rapporti a termine che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, pari a 24 mesi, fatte salve:
- Le diverse previsioni dei contratti collettivi, ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del Decreto legislativo numero 81/2015;
- La possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a termine, della durata massima di 12 mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Proroghe nel contratto a termine
Un altro aspetto non interessato dalla riforma introdotta con Decreto – legge numero 48/2023 è il numero massimo di proroghe consentite, corrispondenti a quattro nell’arco temporale di ventiquattro mesi.
Stop and go
Alla scadenza del contratto a tempo determinato, lo stesso può essere prorogato (senza soluzione di continuità) o, al contrario, interrompersi.
In quest’ultima situazione non è necessaria alcuna comunicazione da parte del datore di lavoro, né tantomeno l’invio del modello “UnificatoLav” di cessazione ai Centri per l’impiego, dal momento che il rapporto si interrompe in automatico, salvo decisioni diverse, alla scadenza del termine.
Il datore di lavoro ha tuttavia la possibilità di riassumere il dipendente con cui ha già stipulato uno o più precedenti contratti a tempo determinato a patto che si rispetti uno stacco temporale, detto anche “stop and go”, la cui regolamentazione normativa non è stata modificata dal Decreto numero 48/2023.
In sostanza, tra la fine del contratto e l’inizio di quello successivo deve trascorrere un intervallo minimo di:
- 20 giorni, se il contratto scaduto aveva una durata superiore a 6 mesi;
- 10 giorni, per i contratti di durata pari o inferiore.
Se l’intervallo non viene rispettato, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.