Con il messaggio Inps del n. 2999 del 28 luglio 2022 l’INPS aveva fatto il punto sulla possibilità per i datori di lavoro di sospendere l’attività lavorativa e richiedere la cassa integrazione per caldo eccessivo con temperature sopra i 35 gradi. Lo stress termico infatti mette a rischio sia lo stato di salute del lavoratore sia la qualità della performance lavorativa. Basti pensare a quelle attività che, per loro natura, sono svolte all’aperto e al sole (ad es. mansioni dei muratori, degli operai dei cantieri stradali ecc.).
Tutti i lavoratori subordinati conoscono e hanno già sentito parlare di cassa integrazione guadagni (CIG), ovvero uno dei maggiori ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro previsti dalla legge. Essa consiste, in linea generale, nel pagamento da parte dell’Inps di un importo a favore dei lavoratori, che vedono calare la retribuzione a seguito di una riduzione, o anche di una integrale sospensione dell’attività di lavoro. Alla base di questa scelta possono esservi cause molto diverse tra loro ed ora, a quelle più comuni, si può aggiungere quella collegata al clima torrido di queste ultime estati.
Aggiornamento: con il messaggio 20 luglio 2023, n. 2729, l’INPS riassume nuovamente le indicazioni per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa conseguenti alle temperature elevate e il ricorso al trattamento di integrazione salariale con la causale “eventi meteo”, quando le temperature risultino superiori a 35° centigradi.
Il messaggio Inps ad oggetto riporta quindi l’applicabilità della CIGO per eventi avversi come lo stress termico per temperature elevate. Vediamone gli aspetti chiave.
Cassa integrazione per caldo sopra i 35 gradi: il messaggio Inps n. 2999/2022
Il citato messaggio (qui il testo) ha indubbio rilievo per tutti quei lavoratori che rischiano di trovarsi in situazioni ‘estreme’ sul luogo di lavoro. Infatti nel testo della comunicazione l’istituto indica che la CIG per temperature elevate può essere ampiamente riconosciuta ai richiedenti, e ciò dunque nei casi in cui:
- la temperatura effettiva sul luogo di lavoro è almeno pari ai 35° centigradi;
- la temperatura è al di sotto dei 35 gradi centigradi, considerando la temperatura percepita dal corpo umano (che come è noto può essere più alta di quella segnata dai termometri).
Al fine dell’assegnazione della cassa integrazione, Inps nel documento ricorda anche il rilievo che hanno la specifica tipologia dell’attività e le modalità con cui questa è compiuta.
Il messaggio n. 2999 rimarca poi un altro dato degno di nota. Infatti la cassa integrazione ordinaria è riconoscibile in tutte le circostanze nelle quali il datore di lavoro, su impulso e avviso del responsabile della sicurezza dell’azienda, sceglie la strada della sospensione / riduzione delle lavorazioni in corso – per ragioni connesse ai rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Chiaramente l’attestazione del responsabile della sicurezza rafforzerà non poco la richiesta di cassa integrazione da parte del datore di lavoro.
Tuttavia, la stessa comunicazione Inps chiarisce altresì un limite al meccanismo di garanzia. Dette cause, le quali hanno prodotto la sospensione / riduzione in oggetto, non debbono infatti ritenersi imputabili alla condotta del datore di lavoro stesso o dei lavoratori.
Non serve allegare i bollettini meteo, ma conta la relazione tecnica
Le norme in materia ci indicano altresì che, per le richieste di cassa integrazione ordinaria per clima torrido, sussiste l’obbligo di invio di una relazione tecnica e dei bollettini meteo emessi da organi accreditati. In proposito si esprime così l’art. 6, comma 2, del decreto ministeriale n. 95442 del 2016.
Attenzione però: per legge sussiste inoltre il divieto alle Amministrazioni Pubbliche di chiedere ed ottenere dal cittadino dati ed informazioni già in possesso di organi pubblici. Ecco perché Inps ha precisato che acquisirà d’ufficio i bollettini meteo dalle autorità competenti, senza bisogno di allegarli alla richiesta di cassa integrazione.
Mentre la relazione tecnica sulle difficolta legate alle lavorazioni con il grande caldo è sempre obbligatoria.
Stress termico a lavoro, problema non nuovo per le istituzioni
Il percorso di tutela dei lavoratori che si trovano a fronteggiare condizioni meteo ben poco clementi e in grado di costituire una minaccia alla salute sul luogo di lavoro, non è iniziato di certo con il citato messaggio Inps di qualche giorno fa. Infatti Inail e Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) erano già ben consce del problema delle alte temperature e della necessità di intervenire con una soluzione ad hoc, quale appunto la cassa integrazione per il caldo. Senza contare il comunicato stampa Inps-Inail dello scorso 26 luglio, ne abbiamo parlato nella nostra guida Al lavoro fa troppo caldo? Ecco quando il lavoratore può rifiutarsi di lavorare….
L’INL era già intervenuto sul tema nel luglio dello scorso anno, con la nota n. 4639. In sintesi nel documento l’ente aveva affrontato la problematica della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori occupati in contesti ad elevata temperatura – raccomandando l’importanza di intensificare le azioni di prevenzione del pericolo da stress termico. Individuate altresì aree a particolare rischio di eventi lesivi per la propria salute a causa del caldo: tra gli altri, i settori dell’agricoltura, del florovivaismo e dei cantieri stradali e dell’edilizia.
Messaggio Inps, il n. 1856 del 2017
Non solo. Non dobbiamo dimenticare che un precedente messaggio Inps, il n. 1856 del 2017, era intervenuto in tema di cassa integrazione per alte temperature. Lo aveva fatto chiarendo che le elevate temperature, che impediscono lo svolgimento di fasi di lavoro in luoghi non proteggibili dal sole o nell’ambito delle quali sia previsto l’uso di materiali o il compimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore, possono rappresentare evento che dà diritto alla cassa integrazione.
Nello stesso messaggio era poi menzionato il rilievo della temperatura percepita, anche essa presupposto per l’assegnazione della CIG.
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Le raccomandazioni dell’Ispettorato del Lavoro in tema di tutela dei lavoratori
Sul “Rischio Calore” l’ispettorato del lavoro ha emanato la Nota 5056 del 13 luglio 2023 diretta ai datori di lavoro e agli ispettori, con la quale riepiloga le principali indicazioni per la tutela della salute dei lavoratori. La nota in particolate richiama le precedenti prot. INL n. 4639 del 02/07/2021 e n. 3783 del 22/06/2022 e le indicazioni operative della nota prot. INL 4753 del 26/07/2022.
Come accennato poco sopra, l’anno scorso l’Ispettorato era intervenuto su questi argomenti, ricordando che in ipotesi di temperature molto elevate (e sopra i 35°), che rendono difficile e pericoloso lo svolgimento di lavorazioni – specialmente in luoghi esposti al sole – i datori di lavoro hanno titolo per domandare (ed ottenere) la cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO).
Ecco perché non deve stupire che, nella nota in oggetto, l’Ispettorato indicava anche l’opportunità di mettere in atto iniziative ad hoc di sensibilizzazione e comunicazioni da condividersi nel quadro dei Comitati di coordinamento regionali e provinciali. D’altronde si tratta di elementi che ben si combinano con il Testo Unico per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, ovvero il d. lgs n. 81 del 2008.
Di fatto dunque il citato messaggio Inps n. 2999 dello scorso 28 luglio si colloca in un filo logico di tutela del lavoratore, al quale hanno finora partecipato Inail, Ispettorato del Lavoro e appunto l’istituto di previdenza sociale.