In un momento particolare, come quello attuale, di aumento dei prezzi di generi alimentari ed altri beni di prima necessità assume particolare importanza il riconoscimento dei cosiddetti buoni spesa per dipendenti. I buoni, cartacei o elettronici, rientrano fra i fringe benefit permettono al beneficiario di acquistare prodotti o di usufruire di servizi in strutture convenzionate. Per questo motivo vengono interpretati come una misura di fidelizzazione all’azienda o comunque diretta a garantire un aiuto concreto ai lavoratori e alle loro famiglie.
A seconda delle scelte fatte dal datore di lavoro, i buoni possono consentire l’accesso ad un unico marchio (monobrand) o ad una serie di strutture e negozi (multi-brand), non necessariamente limitati al solo settore alimentare. Il controvalore dei buoni acquistati dall’azienda può essere variabile. Tuttavia, soltanto entro una determinata soglia è prevista l’esenzione totale da contributi Inps e tassazione Irpef. Ulteriori vantaggi sono previsti per la stessa azienda – datore di lavoro oltre alla possibilità per il lavoratore, concessa dalla normativa, di convertire i premi di risultato in misure di welfare aziendale, tra cui appunto gli stessi voucher spesa.
Ecco una guida completa e aggiornata ai buoni spesa (da non confondere con la carta risparmio spesa al via da luglio 2023).
Buoni spesa aziendali: detassati fino a 258,23 euro (3000 euro per il 2023)
Ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del Tuir non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, anche con l’utilizzo di voucher e buoni spesa, complessivamente non superiore, nel periodo d’imposta, a 258,23 euro. Come previsto dal decreto lavoro 2023, per quest’anno il limite è innalzato a 3000 euro, ma solo per alcuni lavoratori.
Al contrario, se i beni – servizi hanno un valore superiore, questo concorre per intero a formare il reddito imponibile ai fini fiscali. Da sottolineare infatti che la soglia non è una franchigia, pertanto se si supera detto limite (258,23 euro o 3000 euro per il 2023) si perde completamente il beneficio fiscale e tutta la somma è tassata e soggetta a contribuzione normalmente.
Il citato limite inoltre:
- Opera per intero a fronte di contratti di lavoro di durata inferiore al periodo (anno) d’imposta;
- Considera tutti i beni e servizi ricevuti dal singolo dipendente, anche in caso di rapporti di lavoro intrattenuti con datori di lavoro diversi.
L’unica beneficio che non si somma e quindi rimane escluso dal limite, in quanto escluso espressamente dalla norma, è il bonus benzina dipendenti di 200 euro, misura anch’essa prorogata al 2023.
Come funziona per i contributi previdenziali
Al pari di quanto avviene a livello fiscale, anche dal punto di vista contributivo il valore dei beni ceduti o dei servizi prestati, nell’anno, complessivamente inferiore a 258,23 euro è escluso dalla retribuzione imponibile ai fini Inps.
Se il limite citato viene superato, l’intero valore è soggetto ai contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro (e non solo la parte eccedente la soglia di 258,23 euro).
Deducibilità dal reddito d’impresa
I buoni spesa sono deducibili dal reddito d’impresa, anche nell’ipotesi in cui non rispettino la soglia di esenzione di 258,23 euro, dal momento che rientrano nelle spese e compensi ai lavoratori dipendenti (articolo 95 del Tuir).
Come si usano i buoni spesa aziendali
L’erogazione di beni e servizi da parte dell’azienda può avvenire, a norma dell’articolo 51, comma 3-bis sempre del Tuir, mediante “documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”.
I “documenti di legittimazione” citati o voucher, sono nominativi e:
- Non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare;
- Non possono essere monetizzati o ceduti a terzi;
- Devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare.
In deroga a quest’ultimo principio generale, la Circolare dell’Agenzia entrate 28/E/2016 ha precisato che i beni e servizi possono essere cumulativamente indicati in un documento di legittimazione purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di 258,23 euro.
In questo modo si è sdoganato l’utilizzo dei voucher cumulativi, rappresentativi di una pluralità di beni, determinabili anche grazie al rinvio ad un’elencazione contenuta su una piattaforma elettronica, che il dipendente può combinare a sua scelta nel “carrello della spesa”, per un valore non eccedente i 258,23 euro.
Quando si considera percepito il buono spesa aziendale?
Come chiarito dall’Agenzia entrate (Circolare 5/E/2008) il benefit erogato mediante voucher si considera percepito dal lavoratore (e può assumere quindi rilevanza ai fini della formazione del reddito) nel momento in cui tale utilità entra nella disponibilità del lavoratore, a prescindere che il servizio venga fruito in un momento successivo.
In ragione del principio appena citato è importante che l’azienda faccia sottoscrivere al dipendente un apposito documento che attesti la data di consegna dei buoni spesa. In modo da avere ben chiaro il momento esatto in cui i voucher sono stati percepiti dal beneficiario.
Che formato può avere il buono spesa?
A seconda di quelle che sono le scelte aziendali (e le opportunità offerte dalla società emittente) i buoni spesa possono essere riconosciuti:
- In formato cartaceo;
- Sotto forma di voucher elettronico, inviato via mail come link o pdf;
- Tramite applicazione mobile, per smartphone e tablet.
I buoni possono essere inoltre utilizzati per acquisti online o per ottenere una gift card.
Dove può essere utilizzato il buono spesa?
A seconda delle scelte aziendali e della società che emette i buoni spesa (con cui il datore ha stipulato un apposito contratto) il buono spesa può essere:
- Monobrand vincolando il dipendente ad acquistare beni o servizi appartenenti ad un unico marchio;
- Multi-brand con la possibilità di sfruttare il buono in una serie di negozi fisici e siti di eCommerce.
Sostituzione dei premi di risultato con buoni spesa
Nel caso in cui sia espressamente previsto negli accordi aziendali o territoriali, il dipendente beneficiario dei premi di risultato può optare per la sostituzione degli stessi con somme e valori rientranti nel welfare aziendale.
Ad essere interessati dalla sostituzione figurano, tra gli altri, anche i compensi in natura non tassati, ai sensi del citato articolo 51, comma 3 del Tuir, eventualmente erogati mediante i voucher – buoni spesa.
In quest’ipotesi al premio convertito non si applica l’imposta sostitutiva del 5% (sino al 31 dicembre 2022 pari invece al 10%). Inoltre, le somme sono esenti da tasse e contributi sino all’importo ordinario di 258,23 euro.
Il dipendente può altresì optare per la sostituzione parziale del premio. In tal caso la parte non convertita in benefit sarò assoggettata all’imposta sostitutiva del 5% o, a scelta del dipendente, a tassazione ordinaria.
E’ importante precisare che la disciplina di dettaglio, riguardante le modalità di esercizio della conversione o la possibilità di revoca, è demandata alle negoziazioni tra le parti stipulati il contratto collettivo (territoriale o aziendale) che disciplina il riconoscimento del premio di risultato.
Da ultimo si ricorda che la disciplina di favore appena citata, riguardante i premi di produttività, opera in favore dei soli dipendenti del settore privato, titolari nell’anno precedente di un reddito di lavoro dipendente non eccedente gli 80 mila euro.