Cosa accade al contratto di apprendistato al termine del periodo formativo? Cosa deve fare l’apprendista quando finisce la formazione? E’ bene precisare innanzitutto che l’apprendistato è per legge un contratto a tempo indeterminato, finalizzato all’occupazione dei giovani e al primo inserimento lavorativo. Lo scopo è quindi quello di formare i giovani per inserirli stabilmente nel mondo del lavoro.
L’azienda oltre ad erogare la retribuzione e a permettere all’apprendista di svolgere la prestazione manuale o intellettuale prevista nel contratto deve impartirgli direttamente o tramite soggetti terzi gli insegnamenti necessari a conseguire:
- Un titolo di studio (apprendistato per la qualifica e il diploma professionale);
- Le competenze professionali necessarie per lo svolgimento di una determinata mansione (apprendistato professionalizzante);
- Esperienze funzionali al conseguimento di titoli di studio universitari o di alta formazione.
Vediamo passo per passo tutto quello che c’è da sapere, partendo prima di tutto dalla formazione dell’apprendista.
La formazione obbligatoria nell’apprendistato
La formazione obbligatoria dell’apprendista svolta dev’essere riportata sul piano formativo individuale, che nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale e in quello di alta formazione è predisposto direttamente dall’istituzione formativa in collaborazione con l’azienda.
L’attività formativa dev’essere realizzata nel rispetto dei limiti di durata massima dell’apprendistato:
- 3 anni (4 anni in caso di diploma quadriennale regionale o 2 anni per i contratti per l’acquisizione oltre che del diploma di istruzione secondaria superiore di ulteriori competenze tecnico-professionali rispetto a quelle previste dai regolamenti scolastici) nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale;
- 3 anni (5 anni nell’artigianato) nell’apprendistato professionalizzante;
- Nell’apprendistato di alta formazione e ricerca la durata massima è definita da regioni e province autonome sentite le parti sociali, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca.
Al termine del periodo formativo il datore di lavoro può decidere di interrompere il rapporto in essere oppure confermarlo. Allo stesso tempo l’apprendista può dimettersi al termine della formazione oppure accettare la conferma, ove prevista dal datore di lavoro. Vediamo quindi nel dettaglio cosa accade all’apprendistato quando termina il periodo formativo.
Apprendistato e fine periodo formativo: interruzione alla scadenza della formazione
Anche se il contratto di apprendistato è a norma di legge un contratto a tempo indeterminato, è comunque prevista una scadenza alla fine del periodo formativo.
La normativa (Dlgs. n. 81/2015) stabilisce che al termine dell’apprendistato entrambe le parti (datore e dipendente) possono interrompere liberamente il rapporto. In questo caso, il periodo di preavviso per le dimissioni o il licenziamento decorre dalla data in cui termina l’apprendistato.
Ad esempio, scadenza apprendistato 31 marzo 2019. Il preavviso per le dimissioni o il licenziamento previsto dal CCNL applicato è 15 giorni di calendario. Di conseguenza l’ultimo giorno di lavoro sarà il 15 aprile 2019 perché il preavviso decorre dal 31 marzo.
Se la parte che recede non rispetta il preavviso deve corrispondere all’altra l’indennità sostitutiva prevista dal contratto collettivo applicato.
Per interrompere il rapporto, azienda e dipendente non dovranno portare alcuna motivazione a sostegno della decisione. Il recesso al termine del periodo di apprendistato è uno di quei casi di cosiddetto “recesso ad nutum” (un altro è il licenziamento o le dimissioni in periodo di prova) per la cui legittimità non si richiede la presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.
L’azienda è però tenuta a comunicare la cessazione del rapporto al Centro per l’Impiego con invio del modello Unilav entro 5 giorni dall’ultimo lavorato.
Conferma in servizio fine formazione apprendista
Al termine del periodo formativo l’azienda può decidere di proseguire nel rapporto con l’apprendista. In questo caso l’unico sbocco possibile è la trasformazione in contratto a tempo indeterminato che dev’essere comunicata al Centro per l’Impiego con invio del modello Unilav entro 5 giorni dall’evento.
La conferma a tempo indeterminato interviene anche se la data di scadenza è spirata e le parti non hanno manifestato alcuna intenzione di interrompere il rapporto.
Licenziamento o dimissioni durante la formazione
Dal momento che l’apprendistato è finalizzato al raggiungimento di determinati obiettivi formativi, la sua interruzione in costanza di rapporto dev’essere motivata da giusta causa o giustificato motivo. Questo vale solo per il licenziamento mentre le dimissioni sono libere.
Nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore costituisce giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, se opportunamente attestato dall’istituzione formativa.
Una volta spirato il termine di scadenza dell’apprendistato (e la fine del periodo formativo) si applicheranno le regole dei normali rapporti a tempo indeterminato:
- Il licenziamento dovrà essere sorretto da giusta causa o giustificato motivo;
- Dimissioni libere (valide anche senza giusta causa).
Cosa deve fare l’apprendista per le dimissioni nel periodo formativo
Sia in costanza di apprendistato che al termine dello stesso, il lavoratore che intende rassegnare le dimissioni deve seguire la stessa procedura prevista per i normali rapporti di lavoro. Questo significa che la volontà di risolvere il contratto dev’essere formalizzata a pena di inefficacia mediante compilazione di moduli standard, in autonomia (se il dipendente è in possesso di PIN dispositivo) o tramite patronati.
I moduli vengono poi inviati via pec al datore di lavoro che dovrà procedere a comunicare le dimissioni al Centro per l’impiego con invio del modello Unilav.
Cosa deve fare l’azienda
Oltre al modello Unilav, in tutti i casi di recesso in cui si ha diritto alla NASpI l’azienda deve versare all’INPS il cosiddetto “Ticket Naspi”. Questo va a finanziare l’indennità di disoccupazione NASPI ed è obbligatorio a prescindere dal diritto o meno del licenziato / dimesso di accedere alla prestazione, senza peraltro alcuna distinzione tra rapporto a tempo pieno e part-time.
L’importo per il 2019 è pari a 500,79 euro per ogni anno di lavoro prestato fino ad un massimo di 3. Di conseguenza in caso di rapporti di durata pari o superiore ai 36 mesi il contributo sarà di 1.502,37 euro. I mesi parzialmente lavorati vanno considerati come interi se superiori ai 15 giorni. La quota mensile è pari a 500,79/12 = 41,73 euro.
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Il versamento avviene con modello F24 entro e non oltre il giorno 16 del secondo mese successivo quello di cessazione del rapporto. Ad esempio, rapporto cessato il 20 marzo 2019, il contributo dovrà essere versato con modello F24 entro il 16 maggio 2019.
Dal 24 settembre 2015 è prevista l’esclusione dal versamento all’INPS del ticket licenziamento nell’ambito degli incentivi in favore dei rapporti di:
- apprendistato per la qualifica e il diploma professionale,
- il diploma di istruzione secondaria superiore
- e il certificato di specializzazione tecnica superiore.